1.Pietà (Michelangelo)

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Mille pensieri invasero la mia mente in quel momento storico della mia vita.
Guardai con occhi sgranati il telefono per ore e ore, senza mai riuscire a capire realmente cosa dicesse quella mail.
- La aspettiamo a Parigi la prossima settimana per il nostro convegno.._
Presi un respiro profondo dando la possibilità al mio corpo di bruciare di aria fredda, lasciando che i miei polmoni si congelassero in pochissimi secondi e poi, continuai a leggere per la centesima volta quella mail.
- avrà l'accesso al museo dalle ore 16:00 per un tour delle meraviglie da esso contenuto-
Dopo l'ennesima volta che lo rilessi sentì come se finalmente avessi realizzato ciò che per ore non avevo ancora capitò.
Quel Martedì sarei dovuta partire per Parigi, da sola, per un lavoro che sognavo da quando ne ho memoria..
Scoppiai a piangere dopo le lunghe ore che ci vollero per realizzare dove la mia carriera era arrivata.
Mi lascai cadere con la schiena sul materasso dietro di me coprendomi il viso con le mani cercando di trattenere quel vortice di emozioni che era il mio corpo in quel momento.
Eppure dentro di me, mi sembravano passate solo alcune settimane da quando pubblicai il mio primo articolo sul giornale di paese, dove raccontavo ai miei compaesani di come fu stata scoperta una statua nel bel mezzo del lago che accarezzava le porte del nostro paesello.
Quella statua (ora esposta nel museo del paese) fu la svolta della mia vita.
La mia prima foto, il mio primo articolo.. e ora convocata dallo staff del Louvre a Parigi per raccontare il convegno che si sarebbe tenuto la settimana seguente.
Un convegno che trattava principalmente di ciò che è la scultura per la società e la storia, partendo proprio da una delle mie opere d'arte preferite.. Amore e Psiche.
Scultura di Canova risalente al '700 che trasmette tutto ciò che accompagna la leggenda che racconta.
Ricollegai il cervello stracolmo di emozioni dopo essermi resa conto di non aver ancora risposto alla mail che chiedeva conferma della mia presenza.
Con le mani che ancora tremavano risposi, ricontrollai più volte di non aver commesso errori di battitura e nel giro di pochi minuti ricevetti un'altra risposta che mi dava la conferma da parte del museo e della rivista che avrebbe accolto il mio articolo.
Una collaborazione che in quel momento così confuso della mia vita mai mi sarei aspettata di ricevere.
Chiusi il computer per poi appoggiarlo accanto a me sul mio letto..
Il mio letto.. No, non era proprio il mio letto.
In quel momento mi trovavo in una lurida stanza di uno squallido motel inglese che mi stava ospitando ormai da qualche settimana.
Mi ritrovai nel nord dell'Inghilterra per un articolo riguardante un'avvistamento di strane incisioni in una grotta tra le montagne inglesi..
Nulla di strano, l'articolo andò alla grande, ma in quel momento il problema ero io.
Quel lavoro lo conclusi ancora prima della scadenza, ma non tornai a casa.
Ero in un punto della mia vita in cui non mi sentivo a casa da nessuna parte e quindi, cercavo riparo da ogni mia domanda o pensiero ovunque mi mandassero per cercare arte e per raccontarne la storia.
Sospirai, cercai di smettere di piangere e mi alzai dal letto.
Per qualche minuto rimasi a fissare il mio riflesso nello specchio posizionato davanti al letto della piccola mia stanza..
Alzai gli angoli della bocca per cercare di simulare quello che poteva essere un sorriso.
<<Hai un gran lavoro da fare.. è una rivista importante, devi fare un lavoro perfetto.>>
Sussurrai tra me e me continuando a fissare il mio riflesso e cercando ancora di fermare le lacrime che continuavano a scappare dai miei occhi scuri.
Strinsi i pugni, ero felice, ma non ci credevo ancora.
Quando mi risvegliai da quel momento di auto-sicurezza cercai subito il mio telefono per chiamare l'unica persona che in quel momento mi avrebbe riportata con i piedi per terra.
Composi il numero ormai  a memoria, troppo pigra per cercare il nome in rubrica ma troppo ansiosa di  farsi rassicurare di non star sognando.
Aspettai minuti interminabili che mia sorella rispondesse..
<<Isa?..>> Dissi con voce ancora tremante dal pianto e dalla stanchezza.
<<Mia!>> La voce della mia sorellina minore mi riportò con i piedi per terra facendomi riprendere da ciò che pensavo un sogno.
<<Isa che bello sentirti..>> non mentivo.
Io e mia sorella da piccole non avevamo mai avuto chissà quale rapporto, ma da quando nostra madre morì tutto ciò cambiò drasticamente.
Io non riuscivo a fare a meno di lei e lei non riusciva a vivere senza di me.
<<oddio, mia sorella che dice delle cose carine nei miei confronti-ma  che sta succ-->>
Scoppio in una rumorosissima risata fino a quando non si rese conto che io ero ancora mangiata dai singhiozzi.
<<Amelia che succede.. devo preoccuparmi?>> la senti catapultarsi giù dal divano, probabilmente per correre a dire a mio padre che stavo morendo o cose del genere.
Sorrisi. <<Isabel non svegliare papà per niente, torna a sederti.>>
Come se l'avessi colta sul fatto la sentì tornare a sedersi.
<<o ridi o piangi.. che sta succedendo? Finalmente dopo due anni sei tornata a trombare?>>
Sentì il suo sorriso malizioso da oltre al telefono e io non mi trattenni più, scoppiai a ridere.
<<<ti piacerebbe eh.. Comunque no.>> cercavo di smettere di ridere, inutilmente.
Mia sorella non è mai stata la persona più seria della terra, anche al funerale di nostra nonna anni prima fummo cacciate per colpa sua e delle sue battute fuori luogo sulla quantità allucinante di blush che era statta messa sulla nostra povera nonnina.
<< Sono stata chiamata per un lavoro.>>
Mi morsi il labbro inferiore cercando di trattenermi nel sputarle la notizia immediatamente.
<<oddio, ma è una notizia meravigliosa, dopo settimane che eri rinchiusa in quel motel, finalmente ti sposti.. e dove? Galles? Londra? Birmingham?>>
Sentì la televisione di mia sorella spegnersi, avevo attirato al cento per cento la sua attenzione.
Lei più di chiunque altro aveva supportato la mia idea di diventare (all'inizio) una sorta dì blogger d'arte.
Andavo forte in quel campo, poi delle aziende iniziarono a notare i miei articoli, poi le mie foto e iniziarono ad interessarsi al mio lavoro.
Ora non sono una delle più grandi giornaliste al mondo, ma me la cavo e sto crescendo giorno dopo giorno.
E questo invito ne era la prova.
<<Parigi.>> dissi tutto d'un fiato coprendomi poi la bocca con una mano, come se avessi rivelato un segreto di stato a colei che la bocca non la tiene mai chiusa.
<<mi hanno chiamata al Louvre.>> trattenne il fiato, e io con lei.
Secondi interminabili di silenzio riempirono entrambe le nostre stanze.
<<oh..>> era tristezza quella che percepì nella sua voce.. e questa cosa mi lasciò senza parole.
In un decimo di secondo la solita parlantina di mia sorella si trasformò in un mutismo selettivo che mi pugnalò il cuore più o meno duecento volte in una sola volta.
<< E' fantastico Lia..>> ci misi un po' a capire cosa fosse successo, tra "sono contenta" quasi urlati e mugolii di finta approvazione.
<< A che pensi?>> la mia felicità svanì immediatamente, nulla era più importante di lei nella mia vita, ogni mio stato d'animo era specchiato su di lei e viceversa.
Tranne quella volta..
<< Quanto rimarrai a Parigi?>> chiese con la voce ovattata, si stava mangiando le unghie, era nervosa.
<< tre giorni..>> non ci credevo neanche io quando pronunciai quelle parole.
<< E io sono un drago a tre teste con lunghi capelli biondi e squame arcobaleno.>>
Eccola la mia Isa.
Tornai a ridere assecondando la sua battuta per cercare di alleggerire quella pesantissima situazione.
<< In realtà questa descrizione ti rispecchia particolarmente.>> sorrisi.
<<Lia seriamente.. riuscirò a rivedere mia sorella prima che l'America diventi uno stato monarchico? cioè assolutamente mai nella storia?>>
Misi il vivavoce per poter lasciar cadere il telefono sul letto per cominciare a fare la valigia mentre la mia super ironica sorellina faceva i conti con la mia mancanza a casa.
<< sei sempre così esagerata e tragica Isabel. Un po' di positività dai!>>
Appoggiai la mia valigia di un color giallo canarino per terra per aprirla e intanto rischiando di morire per asfissia per colpa dell'infinità di polvere che si era posizionata sopra durante quelle settimane.
<< non sono esagerata, sei tu che continui a farmi promesse scritte su un intero ghiacciaio, che con il caldo che fa ultimamente si scioglierà molto, molto, moooolto in fretta.>> Sbuffò.
<< in realtà sei fortunata Isa.>> Misi entrambe le mani sui fianchi contemplando ciò che c'era in quell'armadio mezzo vuoto della mia stanza, cioè lo stretto e indispensabile per "una settimana" nel freddo nord dell'Inghilterra.
<<mi sa che dovrò fare un salto a casa già domani, non ho niente da portarmi in Francia qui.>>
<< io ormai non ti credo più Lia, pur di non tornare a casa saresti disposta a farti mandare un pacco di vestiti tutti scelti da me.>> Non aveva poi tutti i torti a dir la verità.
Sospirai lasciando cadere a peso morto le braccia lungo il mio corpo facendo cadere lo sguardo sui miei sobriosissimi calzini rubati proprio a mia sorella.
<< non lo farei mai, non sai vestirti decentemente neanche da ubriaca.>> sorrisi al nulla, ma dentro di me sentii come se lei percepisse ogni mio movimento.
<<dopo questa non ti voglio più vedere Amelia Evans. Vado a cambiare cognome domani.>>
<<Ti conosco troppo bene. Non lo faresti mai.>> Sorrisi puntando gli occhi sul telefono ancora sul letto cercando di prevedere le parole che mia sorella potesse pronunciare da un momento all'altro.
<<Non usare questa cosa contro di me.>>
Ci furono un paio di secondi di completo silenzio, un silenzio che in un primo momento non riuscì a spiegarmi, mia sorella non stava spesso zitta da quando era riuscita a superare quel terribile momento che le segnò per sempre l'adolescenza.
Un'adolescenza lunga e tortuosa, che in parte mi vanto ancora di averla aiutata a superare.
<< Senti Lia.. hai intenzione veramente di tornare a casa?..>>
<< Che domanda è- non posso atterrare a Parigi con le mie bellissime ed elegantissime galoshe gialle e il mio impermeabile super sobrio con il cappuccio a forma di rana.>> ammetto che in realtà quel impermeabile era un mio grandissimo vanto, ma questo è un altro particolare da sorvolare.
Forzai una risata, giusto per nascondere il fatto che quella ragazza; nonostante i miei venticinque anni, una laurea, la conoscenza (più o meno) di due lingue (più meno che più) e un lavoro per nulla stabile ma che comunque mi fa sentire realizzata, continuasse a mettermi quasi angoscia quando utilizzava un certo tono di voce con me oppure mi guardasse con un determinato sguardo (che temo come la morte).
<<no non intendo questo Amelia..>> ecco. Ha usato il mio nome per intero, sono fottuta.
<<e cosa?>>
<<Jonathan è tornato in città.>> mi si creo un groppone in gola che neanche con tutto lo sforzo del mondo riuscì a levare fino al giorno dopo.
<< con sua moglie e sua figlia Adele.>> lo ammetto, smisi di respirare quasi per un minuto abbondante.
E mi scordai di rispondere, non riuscì più a risondere.
<< Penso che tornerò si..>> più che una frase con un senso compiuto dall'altra parte venne percepita come un sussurro quasi inudibile, che lei comprese pienamente.
<<Senti Lia, non volevo dirtelo. Questa confessione probabilmente mi ha giocato l'unica possibilità che avevo di vederti prima di regalarti un infattibile nipote.. Ma volevo avvertirti. Mi sembrava corretto.>>
Presi un respiro profondo, più di quanto i miei polmoni me lo consentissero, ma sentivo il bisogno di rilassarmi in qualche modo.
Sorrisi. Lei non poteva vedermi, ma i muscoli del mio viso di mossero spontaneamente sentendo l'obbligo di rassicurarla con quel piccolo gesto.
<< Le stai provando tutte per liberarti di me eh.>> Sbuffai cercando di mantenere un tono scherzoso e autoironico.
<< Per tua informazione, non ci stai riuscendo rattina mia.>> scoppiai in una sonora e beffarda risata mentre prendevo di nuovo in mano il telefono.
<<ah bene bene, allora ho qualche giorno per bruciarti tutti i vestiti di merda che hai nello zaino, comprese quelle converse gialle che mi accecano ogni volta che le hai ai piedi.>>
<<Non osare Isabel!>> urlai noncurante dell'ora e dei vicini di stanza.
<<Perché ogni volta che mi allontano da quella casa qualcosa di mio deve sparire.>> dissi in un lamento sperando che le mie converse preferite non venissero torturate brutalmente da quella che ancora per poco, se avesse toccato il mio armadio, era mia sorella.
Sentì una risata dall'altra parte, bella, gioiosa ma per nulla squillante e fastidiosa.
<< senti Isa.. ora guardo qualche treno o qualche volo che last minute è dir poco, ma entro domenica sono a casa per il weekend.>> le promisi a denti stretti ancora con le sue parole che mi trotterellavano tra le mie cellule celebrali già abbastanza corrotte di suo.
"Jonathan è tornato a casa"
E poi ancora.. "con la moglie e la figlia"
Cercai di cacciare come mosche quelle fastidiosissime parole dalla mia mente per poter prestare attenzione alle ultime parole di mia sorella.
"Ti aspetto Lia. Cerca di mantenere le parola. Ti voglio bene"
Ricambiai la dolcezza con un semplicissimo "anche io Rattina" e poi chiusi la chiamata.
Da una parte mi ero tolta un peso raccontando quella meravigliosa notizia a mia sorella..
Ma d'altronde un altro peso mi si era incollato al cuore.
Jonathan.. riuscirò mai a liberarmi di te?

Lo scultore delle nostre viteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora