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Dentro è tutto bianco. Di quel bianco accecante, che ti fa socchiudere gli occhi per quanto è aggressivo.
Ci spronano a camminare lungo un corridoio bianco, in silenzio, a passi coordinati, come soldati. Continuo a guardarmi intorno, ho un disperato bisogno di vedere un volto familiare, sono spaventata e confusa, vorrei tornarmene a casa. Chissà cosa staranno pensando i miei genitori, se si sono già accorti della mia assenza o meno.
-La prossima volta che ti giri farò in modo che sia anche l'ultima. -mi sussurra all'orecchio una voce gelida e priva di emozioni, spingendomi la canna del fucile nella schiena.
Trattengo il fiato per il terrore e mi costringo ad avanzare, un passo dopo l'altro. Testa dritta. Destra. Sinistra.
Dopo seicentotrentacinque passi, che ho contato per aggrapparmi ad un minimo di realtà, entriamo in un'ampia stanza circolare, rigorosamente bianca, con file e file di scrivanie disposte ad anfiteatro attorno ad uno spazio altrettanto circolare. Ogni postazione è occupata da una persona, vestita di bianco, i capelli argentati e lo sguardo inespressivo intenta a lavorare su quelle che sembrano scrivanie con computer incorporati. Saranno sulla trentina, tutti loro, ma tutti hanno questi capelli dello stesso identico colore e lo sguardo paurosamente vuoto. E tutti che si muovono in sincronia. Nessuno che mostra segno di averci notati.
-Non mi piace per niente questa situazione. - sussurra con un fil di voce una ragazza al mio fianco, così umanamente terrorizzata a confronto con quelle sorte di automi.
Con movimenti lentissimi, quasi impercettibili, allungo la mano verso la sua, stringendogliela piano per dirle che ci sono, ho paura anch'io, non è sola.
-Scendete le scale e quando arrivate giù posizionatevi in cerchio. -comanda una guardia e noi ci avviamo in fretta, nessuno ha intenzione di morire per aver tentennato ad eseguire.
Ci mettiamo in cerchio, seguendo la disposizione delle scrivanie, sembra un'aula di lezione del nostro college, anche se nient'altro risulta simile. La differenza tra noi e loro è immensa, quasi violenta. Da una parte loro, il bianco inespressivo di scienziati dai capelli argentati che continuano a lavorare senza degnarci di uno sguardo e dall'altra noi, con capelli e vestiti di colori diversi, con sguardi diversi. Tra noi e loro, quasi a tracciare una netta linea di confine, le guardie vestite interamente di nero, con i fucili neri costantemente puntati su di noi.
Mi guardo intorno, stando in cerchio dovrebbe essere più facile riuscire a vedere i miei amici, ma niente, continuo a scorgere solo sguardi estranei che mi ricambiano la stessa espressione frustata e confusa.
E finalmente, dopo aver passato in rassegna decine di facce, vedo quella di Koa, i suoi occhi verdi che incontrano i miei, ed ho quasi un mancamento per l'ondata di sollievo che mi travolge.
Siamo tutti vivi, da qualche parte qui intorno. Mi comunica con un quasi impercettibile movimento del capo. Sbatto le ciglia per mostrare di aver capito, ringraziando il profondo livello di amicizia che abbiamo che ci permette di comunicare anche senza l'uso delle parole.
Ad un tratto gli scienziati smettono di lavorare ed alzano lo sguardo, all'unisono, guardando un punto fisso davanti a loro. Proprio in quel momento, nel loro campo visivo ed alla mia sinistra, con un forte rumore di porte che si aprono, compare un uomo di media statura vestito di un bianco ancora più brillante ed aggressivo di quello degli scienziati. Cammina piano, con passo sicuro, misurato, le mani immobili lungo i fianchi, schiena dritta. Ha i capelli candidi, folti, pettinati con cura, non un singolo capello fuori posto. Il viso levigato, pallido, gli occhi grigi, freddi e calcolatori. È impossibile dargli un'età.
Ci passa in rassegna tutti, mentre cammina silenziosamente, le porte alle sue spalle che si rinchiudono con un tonfo sordo.
Quando arriva al centro del nostro cerchio si ferma, sporgendo il mento ed allargando le braccia come chi si appresta a fare un discorso alla comunità:
-Allievi, sono il professor Lee, congratulazioni per essere stati scelti dal team N.O.R.A. Ognuno di voi è stato osservato e studiato a lungo prima di essere scelto, ed ognuno di voi ha delle qualità importantissime per il nostro team. È un onore per noi, per voi, avervi qui.
-Se siamo così importanti come mai siamo stati già decimati per cause futili in meno di mezz'ora?
Mi si gela il sangue. Quello ad aver parlato è stato Riven, da sempre il portavoce del gruppo, da sempre un leader nato per tutti noi. Ed il fatto che sia stato proprio lui a parlare non mi è di conforto affatto visto che già tre guardie stanno caricando il proprio fucile.
Ti prego, Riven no, lasciatelo stare.
L'uomo al centro si gira piano verso di lui, senza alcun problema ad individuarlo tra la folla.
-Vedi, signor Kai, siete tutti importantissimi ma non insostituibili. Imparerete a vostre spese che la N.O.R.A. è un privilegio e al tempo stesso un luogo non adatto a tutti. Siete stati scelti, ma la vostra posizione dovrete guadagnarvela.
-E se non volessimo farne parte?
Riven ti prego, sta zitto! Cerco di dirgli ma lui non mi guarda, fissa con fierezza l'uomo che ha di fronte.
-Riven Kai, 23 anni, brillante studente di medicina al penultimo anno, con un QI elevatissimo, uno dei migliori del corso, una grande carta vincente. Vedi, signor Kai, un cervello come il tuo sarebbe un nostro grande asso nella manica, sono certo che rimarresti affascinato dal materiale che siamo in grado di offrirti, sappiamo quanto desideri aver accesso alle informazioni più avanzate del pianeta, alle tecnologie migliori, che ti permetteranno di diventare un medico di un livello che nemmeno riesci ad immaginare. Potresti avere tutto questo, sei stato scelto per avere tutto questo, perché rifiutare? - la pausa che fa il professore è una pausa studiata, giusto il tempo necessario perché le sue parole vengano elaborate, che facciano effetto.
-Ma nel caso tu decida di non collaborare, temo che non ci sia una via di ritorno convenevole. Il progetto N.O.R.A. è altamente prezioso e segreto. E come tale deve rimanere.
-In pratica o collaboriamo o moriamo.
L'uomo dai capelli bianchi sorride inclinando il capo, nella scarsa imitazione di un insegnante che si complimenta silenziosamente con lo studente che ha appena dato la risposta corretta. Poi da' le spalle a Riven girandosi verso l'altra metà del gruppo, sempre sorridendo apaticamente.
-Credo che avrete tutti le idee più chiare dopo che vi avrò illustrato il progetto, lasciate che ve lo mostri.
E con queste parole si fa da parte, entrando nella schiera di guardie che lo proteggono da noi. Le luci nella stanza si abbassano di colpo e, nello spazio in cui lui stava prima, compare un ologramma con il nostro pianeta.
"L'uomo è nato per progredire. La sua natura lo spinge a cercare di sopravvivere, adattandosi ai costanti cambiamenti esterni, riequilibrandosi di volta in volta. L'uomo senza progresso non è uomo, il progresso senza uomo non è progresso. Il sapere, nelle mani adatte può progredire verso una vita ed un mondo giusti, corretti, felici, in cui sofferenza e dolore non esistono" compaiono paesaggi mozzafiato abitati da persone che vivono la loro vita serene, godendosi ogni momento, assaporando quella che è una vita bella. "Quando il sapere però finisce nelle mani sbagliate, sofferenza e dolore sono le uniche ad esistere" altre immagini riempiono la stanza, di catastrofi, bombe atomiche, campi di terra arsi, raccolti distrutti, enormi aree deserte, l'umanità che soffre, che sanguina, che si estingue. "L'umanità ha peccato di grossi errori, crudeli, imperdonabili. E ha peccato ancor di più ripetendo gli stessi errori. Abbiamo imparato che il forte uccide il debole e siamo destinati a morire. La memoria che abbiamo ci impedisce di progredire, ci appesantisce per gli errori commessi e ci induce a ripercorrere gli stessi passi. Ci stiamo estinguendo, deboli e forti. Occorre trovare una nuova soluzione, per sopravvivere, per vivere una vita degna di essere tale, occorre liberarsi degli errori passati, tracciare nuovi sentieri. Occorre creare una nuova MEMORIA.
Questa è N.O.R.A. , Nuova Organizzazione di Ricercatori per la memoria Avanzati".
L'ologramma scompare, lasciandomi uno strano senso di svuotamento, come se i miei pensieri si fossero alleggeriti, un lieve senso di vertigine.
- Ognuno di voi è stato assegnato ad un'area, ognuno con un compito differente. Vi accompagneremo a ritirare le vostre divise, vi mostreremo i dormitori e vi consegneremo i programmi settimanali. Rendeteci orgogliosi. - e con queste parole l'uomo ci indica due porte laterali da cui proseguire il nostro percorso e, con un breve inchino, si avvia verso la porta da cui è entrato.
-Signor Kai, mi segua cortesemente. - dice il professor Lee senza voltarsi.
Guardo Riven impaurita ma lui non riesce a vedermi, si dirige senza opporre resistenza verso il professore, sul volto nessuna emozione.

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