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Diletta aveva richiesto espressamente di stare in stanza con Giorgia, che a sua volta era con Maria Giulia e Vanessa, raccontando loro a varie riprese il perchè Vic ed i suoi amici fossero molto meglio di quello che loro credevano. 

La sera tra sabato e domenica sentirono trambusto nel corridoio e poi un bussare forsennato, era Leoni che chiedeva di entrare, per mettersi in salvo dai peti mefitici di Cremona e Bosco.

Aveva proprio usato la definizione “Peti mefitici”.

Era una scusa, lo sapevano tutti, comprese le quattro ragazze. Leoni aveva sempre avuto come pallino Chiara, ma non poteva resistere ai seni di Diletta, glieli guardava in continuazione, di nascosto, ed ora che Chiara era diventata l’ombra di sé stessa e la gang dei latinos era a quattrocento chilometri di distanza, aveva pensato bene di provarci.

Piombò in stanza con la miglior maglietta che aveva e un paio di pantaloni della tuta grigi che sperava inducessero sogni erotici alle ospiti della stanza. Invece le quattro lo guardarono con ribrezzo, si ritirarono sugli ultimi due letti ed aspettarono che si togliesse dal mezzo.

Ma lui, felice di essere entrato finalmente in una camera femminile, ci si installò.

«Salve, signorine, come vi va?».

«Di merda, ora che ci sei te» lo apostrofò Diletta, che già ce lo aveva di fianco a scuola, ed in quel momento se lo doveva pure sorbire in stanza.

«Dai, Chica del Barrio, non fare la malvagia con me, io ti tratto sempre bene a scuola, e lo sai!».

«Tu mi guardi le tette. E poco altro. E lo sai» ribatté lei, facendo ridere le altre.

«Sono un povero cucciolo abbandonato, volevo solo un po’ di calore e morbidezza!».

«Falla finita che ci provavi con Chiara un giorno sì e l’altro pure fino a un mese fa!».

«Sì, col cazzo, Chiara è inaffrontabile. Di lei non me ne frega nulla, il mio cuore è per te Dile. Guarda» aggiunse, girando verso le ragazze la bottiglia che si era portato dietro «ti ho portato della Kalhua, caffè per stare svegli e liquore per stare bollenti».

«Te sei tutto scemo» rise Diletta. In fondo Leoni era abbastanza simpatico, un po’ idiota ma nulla di troppo ingestibile, a parte lo sguardo fisso sul suo petto. 

Brindarono con un paio di giri di liquore, Maria Giulia si schifò per il sapore al caffè e corse in bagno a sputacchiarlo.

«Senti, giuro che smetto di guardarti le tette se mi fai vedere come twerki, non sei una vera chica del barrio se non sai twerkare» se ne venne fuori Leoni al terzo bicchierino.

«Diletta! Dice così perché vorrebbe imparare anche lui ma non ha il coraggio» aggiunse Magy ridendo a crepapelle al ritorno dal bagno.

«Dai, Diletta, fammi da twerking coach!» si mise a miagolare Leoni. Due ore dopo il ragazzo infilato in paio di pantaloncini corti di Diletta, sculettava al ritmo di qualche motivo caraibico affianco alla sua coach, con le altre due che tenevano il tempo con le mani.

In fondo se la stavano spassando, e non era poco. Finché Maria Giulia disse la frase sbagliata al momento sbagliato.

«Se ti vedeva Chiara, si innamorava!».

Scese un silenzio imbarazzato. Leoni, con una mezza scusa tornò verso la sua camera, lanciando uno sguardo mesto a Giorgia. Fu in quel momento che Diletta collegò i punti della storia e capì che doveva essere successo qualcosa a Chiara o a Kevin durante il compleanno di Giorgia, e quest’ultima lo doveva sapere. 

Più tardi prese una sigaretta e si diresse in balcone chiedendo a Giorgia se le faceva compagnia. Una volta fuori la guardò dritta negli occhi, soffiando il fumo lateralmente.

«Cosa è successo a Chiara durante il tuo compleanno?».

«Niente, ti ho già detto che non è successo niente».

«Invece è successo qualcosa. Perché Chiara ha iniziato a non essere presente a sé stessa dal tuo compleanno, è successo qualcosa con la coca? Dai Giorgia a me non la fai, quella sera è successo un casino. E tu stai facendo finta di niente». 

Giorgia si sentì profondamente colpevole, non aveva mai pensato al fatto che il povero Leoni avesse risentito in maniera negativa di quello che era successo quella sera: la Chiara con cui cercava di flirtare dall’inizio dell’anno era sparita di colpo.

Sospirò rumorosamente e si mise a raccontare quello che era accaduto. Rivisse ogni momento di quella sera e quello che era successo il giorno dopo, quando aveva chiamato Chiara e ne era uscita una cosa imbarazzante e Luca si era infastidito all’inverosimile per quella quisquilia.

«Tu non hai più parlato con Chiara?» le chiese Diletta.

«No, non le ho più parlato. Sai, non è quella che frequentavo di più».

«Gio, tu non frequentavi nessuna, sii onesta, la prima cosa sociale che hai fatto è stata quel cazzo di compleanno. E tuo fratello ha fatto il resto dei danni».

«Non dire così, è stato un errore. E poi chi se lo immaginava che… finisse così».

«Poveraccia. Mi stava sul cazzo ma non se lo meritava. Comunque oh, Giorgia, tuo fratello, lasciatelo dire, è un gran testa di cazzo puttaniere. Sbronzare una di terza liceo e poi scoparsela al compleanno di tua sorella è da puttaniere».

«Chi s’è scopato Luca al tuo compleanno?» chiese Vanessa, sgranando gli occhi mentre usciva sul terrazzo rabbrividendo.

Le due la guardarono e Giorgia, perfettamente consapevole che anche Vanessa aveva ricevuto la sua parte, le fece sapere cosa era successo la sera del trenta novembre.

«Ma che schifo, cazzo, che schifo! E io che ci sono pure stata».

«Ci sei stata?» sbottò Diletta, che in pochi minuti aveva scoperto che ben due sue compagne avevano fatto sesso con il fratello di Giorgia.

Vanessa raccontò in breve mestamente la storia iniziata con Luca, condita soprattutto da coca e serate in discoteca, e sospesa dalla sua partenza per un viaggio di lavoro.

E Giorgia, improvvisamente, si sentì in dovere di completare il quadro «E c’è andata anche Angelica, ma era lei che era ubriaca fradicia».

«Oh, uau! Un vero lord, tuo fratello! Ah, giusto, era colpa sua che era ubriaca, non era colpa di tuo fratello che se l’è scopata da ubriaca. Beh, sarò ripetitiva, mi dispiace il legame di sangue, ma tuo fratello è un puttaniere fatto e finito» replicò Diletta, che sentiva prudere le mani. Aveva una gran voglia di vedere in azione i suoi amici mentre pestavano a sangue Luca, trascinandolo fuori dalla macchina lucida.

«Oh basta! Dici sempre le stesse cose!» replicò Giorgia, insofferente alle battute sul fratello.

«Giorgia, sì, io pesto sempre sullo stesso tasto, ma tu non hai mai detto “Sì, mio fratello è uno stronzo” o “Sì, mio fratello mi usa a suo piacimento”, cazzo, lo vede anche un cieco! Sei succube di tuo fratello! Devi uscire da questo loop di merda, ti ha portato solo guai, e non solo a te, a quanto pare».

Vanessa sentì correre un brivido lungo la schiena. Tutta quella coca, quell’alcol che aveva bevuto a shottini dall’effetto tremendo. Chissà se veramente si ricordava tutto quello che aveva fatto con lui.

«Quando torniamo, giuro che vado da Chiara, lo giuro» sospirò Giorgia, guardando il profilo di Firenze, illuminato dalle luci anche a quell’ora, «sono stata una stronza, una compagna di merda, e lei non se lo meritava».

«E intanto che ci sei, riga la macchina di tuo fratello» aggiunse Diletta, ma dentro di sé pensò che avrebbe potuto sospendere lo sprezzo che aveva per le sue compagne, e accompagnare Giorgia.

«Ci verrò anche io» disse Vanessa, «forse potremo darci una mano a vicenda».

«Dovreste fare ben altro» smozzicò Diletta, sputando al pensiero di Luca e di quello che aveva fatto.

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