17.🌺

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Non vi era attimo in cui Alain non pensasse alla sua Sophie. Ogni qualvolta vestiva i panni del duca e ogni qualvolta ingaggiava una battaglia nelle vesti della Primula Scarlatta, il suo pensiero era sempre e solo uno: Vivi e torna da lei.  


La immaginava mentre leggiadra faceva una giravolta su un campo fiorito, il vestito rosso da contadina che le si alzava leggermente rivelando le caviglie snelle, i lunghi capelli profumati di lavanda che danzavano con il movimento. Puntualmente, poi, passava a pensare alle morbide curve del suo corpo e lì, con tutto il suo autocontrollo, poneva fine ai pensieri. Presto, presto vivremo la vita insieme che ora non possiamo avere.

Quella mattina, Alain, era seduto nel suo studio ad esaminare, senza riuscirci, alcuni documenti dell'Assemblea Nazionale. Era il periodo delle trattative e come membro del Secondo Stato adoperava la diplomazia per raggiungere i fini comuni a quanti si ispiravano alla libertà, fraternità ed uguaglianza del popolo francese.  

Era inutile non riusciva proprio a concentrarsi. Era inquieto. Troppo tempo era passato da quando, quella mattina prima di lasciare il cottage, l'aveva guardata dormire. Candida come un angelo, le labbra semi schiuse. La tentazione di mandare tutto al diavolo e raggiungerla a letto era stata forte, ma ancora una volta il senso del dovere l'ebbe vinta e dunque parti. Sì, le avrebbe scritto. L'avrebbe rassicurata. Prima, però, decise di far entrare un poco d'aria fresca dalla finestra. Palais Clermont, stranamente, era una delle poche dimore nobiliari non ancora prese d'assalto dal popolo. Probabilmente tra i rivoltosi girava voce che, sotto sotto, il duca era dalla loro parte.  

Un cavaliere solitario, nascosto da un pesante mantello, in sella ad un roano, attirò la sua attenzione.  

Lo sconosciuto smontò, si guardò intorno con discrezione ed infine portò lo sguardo verso l'imponente dimora. Gli occhi fissi proprio sulla finestra dalla quale Alain lo stava scrutando seminascosto dai pesanti tendaggi.  

Quando volse lo sguardo nella sua direzione, non ebbe dubbi sull'identità del cavaliere. Il cuore gli perse un battito. Scese le scale due alla volta, mentre le ipotesi di quella visita inaspettata si susseguivano nella sua mente, una più agghiacciante dell'altra.  

Trovò nell'atrio il suo maggiordomo intento a prendere il mantello ad un impolverato Francoise. «Francoise!», lo salutò Alain andandogli incontro per dargli una pacca di benvenuto. «Marcel, portateci in biblioteca un rinfresco e del buon Porto!».  

Congedando il maggiordomo, restio ad aprire la porta a chi non conosceva, Alain fece accomodare il giovane amico in biblioteca e richiuse le porte intarsiate dietro di sé.

«Se sei qui è perché è successo qualcosa al cottage. Parla, non tenermi sulle spine!». Il giovane si sfregò nervosamente le mani sulle ginocchia, detestava essere latore di cattive notizie: «Ebbene, de Brienne è molto malato, ha chiesto di voi». Alain, che era rimasto in piedi con un braccio appoggiato al camino, non osava chiedere di Sophie, ma la parola uscì ancor prima che la domanda si fosse formata del tutto nella sua mente: «Sophie…». Il ragazzo sorrise: «Lei sta bene, nel limite delle circostanze ovviamente. È molto preoccupata per il padre, è comprensibile». Lo sguardo di Alain si addolcì. Marcel, seguito da Robert e Jerold, fece irruzione nella stanza. Robert chiese al fratello notizie della famiglia, mentre Jerold gli diede un messaggio da recapitare a Lisette.  

«Dovete tornare al cottage Vostra Grazia, ci penserò io a tenere d'occhio tutto qui», si propose Jerold. Alain annuì: «Ti ringrazio amico mio, sono in debito con te e... con Lisette». I due uomini scoppiarono in una risata.  

Alain e Francoise aspettarono il favore delle tenebre per partire senza dare nell'occhio.  

Solo quando arrivarono in aperta campagna rallentarono appena il passo.  

La Primula ScarlattaWhere stories live. Discover now