La camicia di forza che mi mette fuori uso gli arti superiori, ma le cinghie che scricchiolano.

Stanotte, o meglio stamattina verso le sei, mi sono messo a rompere i grandi lacci della restrizione con un pezzo di metallo che sporge dal letto.

Le ho consumate come se fossero state mangiate dai topi, odo la melodia dei fili sottili che si spezzano, ma non strattono le braccia.

Sento che oggi mi servirà liberarmi, la sensazione mi è venuta a far visita prima di dormire.

Mi riscuoto, smettendo di fissare la crepa che stavo minuziosamente analizzando e incrocio lo sguardo con quello del sotto capo e della guardia al suo fianco.

Sorrido malefico e rilasso i muscoli del collo, lasciando ciondolare la testa, ciuffi corvini che mi carezzano gli zigomi.

"Forza, Gonzalez, hai il primo incontro con la dottoressa." Mi richiamano alla realtà con voce colma di disprezzo, si guardano intorno come a volersi assicurare che non ho spaccato la parete a calci per scappare.

Intanto continuano ad avanzare verso di me, che rimango stoico poggiato al muro.

Che idioti patentati. Muoviti tu, che andiamo da lei che c'è lo fa trovare. Lei ce l'ha.

Sbuffo spazientito al sentire tante voci tutte insieme, le mie membra chiedono pietà, per non parlare delle orecchie.

Eppure non mi muovo, non ne ho voglia.

Muovi quelle gambe di merda e vai dalla ragazza. Qui lui non c'è, lo capisci o no?!

Lo so, lo so.

"Sempre la stessa storia, due coglioni per portarti fuori." Sputa la guardia acida.

Il mio ghigno si allarga, più crudele di quel che desideravo.

Storie, favole, ninne nanne. Te le ricordi?

Come scordarle.

"Mia mamma mi raccontava sempre storie. Quelle della buonanotte. Io amavo Tarzan e voi?" Chiedo, curiosità fanciullesca e malinconia infinita si fondono, dando vita ad una combo micidiale.

Tempo di scrutare le espressioni accigliate che gli si formano sui volti confusi e di udire qualche parola prima di vederlo, finalmente.

"Ma che...? Altro che bipolare." Il rosso si abbatte prepotentemente sul mio campo visivo, appropriandosi della mia ragione e della mia volontà.

Scatto nella sua direzione, un ringhio che nel frattempo rimbomba dal mio petto, blocco l'uomo spalle al muro con i nostri sguardi che non si lasciano.

"Bada bene, sotto capo, so essere molto cattivo se istigato."  Gli sussurro all'orecchio, inchiodandolo col busto pressato sul suo.

"Levamelo di dosso!" Esclama incazzato alla guardia che non se lo fa ripetere due volte.

Mi afferra per le spalle e mi allontana, oppongo poca resistenza sentendo i fili delle cinghie cedere sotto la mia irruenza.

Non ora, sta buono. Ancora no, dopo, aspetta.

Con questa cantilena inculcata nel cervello rilasso i muscoli dorsali che si stavano tendendo troppo, rischiando di strapparmi via la camicia di forza.

Perfetto, ora vai da lei. Lei ce l'ha.

Vengo spintonato verso la porta della mia stanza, esco da quel buco accompagnato da quei due rincoglioniti che mi bloccano le vie d'uscita.

Serio? Sei il doppio di loro, li spazzi via con un non nulla.

Lo so, ma non ora.

Passo dopo passo, attraversiamo i corridoi.

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