Dopo un paio di volte, inizio, con molta calma, a capire come muovermi senza inciampare o finirgli addosso. Mi rilasso tra le sue braccia e lascio che il suo buon profumo mi trascini in una sorta di trans.

«Ho ascoltato la conversazione che hai avuto con Ingrid e Arthur dalle telecamere.»

Mi gelo sul posto. Alzo di poco il capo, Amos mi stringe il fianco per spronarmi a muovermi, così riprendo piano, ma molto più tesa di prima. Non mi aspettavo dicesse una cosa simile, mi ha presa in contropiede. Voglio dire, sono a conoscenza delle telecamere in sala, non è un mistero, è solo che non mi aspettavo avrebbe ascoltato la conversazione con quei due.

«Te la sei presa per questo in macchina, l'ho capito» aggiunge, calmo.

Bene. Visto che ci siamo, tanto vale parlarne e togliersi un peso dalla coscienza. Del resto, sono piuttosto sicura che, anche se gli dicessi di lasciar perdere, non lo farebbe, quindi meglio affrontare la discussione una volta per tutte. «Non voglio mancare di rispetto a nessuno, però non sono stati educati. Erano e continuano a essere dei perfetti sconosciuti che si sono permessi di rivolgersi in quel modo maleducato nei miei confronti e che hanno iniziato a fare assunzioni sulla mia persona senza nemmeno conoscermi.»

Amos non apre bocca, si limita a farmi ondeggiare piano per il soggiorno. Suppongo possa continuare a parlare allora. Tanto vale togliersi tutti i sassolini dalle scarpe. «Non ho mai chiesto nulla a proposito della mamma di Colin perché non è affar mio e semmai saprò qualcosa, sarà solo perché tu hai deciso di parlarmene, ma non possono rivolgersi in quel modo, Amos, non lo permetto» scuoto il capo, decisa.

Non mi è sfuggito il modo in cui si è irrigidito alla menzione della madre di Colin, tuttavia, non posso pesare ogni parola che esce dalle mie labbra, ho bisogno di buttare fuori quello che penso. Con educazione, certo.

«Sebbene non siano affari che ti riguardano, posso assicurarti che dal punto di vista finanziario sto bene così e che non mi preoccupa non avere ancora un lavoro. Le illazioni che hanno formulato non mi sono piaciute, per tanto, ti chiedo di far sì che non accada più, altrimenti risponderò e non sarò educata come la prima volta.» Non volevo essere così professionale, lo ammetto, è solo che quando mi arrabbio a volte capita che il mio registro cambi. Il perché? Mi è sconosciuto.

«Ho già parlato con loro e ti assicuro che non ricapiterà. Hanno sbagliato e non si sarebbero dovuti permettere di parlarti in quel modo. Amano Colin e tengono a me, mi stavano solo proteggendo. A modo loro» rilascia un respiro profondo.

Resto in silenzio per un paio di secondi. Le mie teorie erano corrette allora. O così credo.

«Lo immaginavo, solo... non far sì che accada di nuovo» mormoro, abbassando lo sguardo, adesso troppo stanca. E magari anche un bel po' ferita.

Risucchio un respiro quando Amos mi solleva il mento con le dita, riportando gli occhi sui miei. «Cosa ho detto?»

«Che... che non succederà» balbetto.

«Appunto. Smettila di pensarci.»

Mordicchio il labbro inferiore, un gesto che cattura la sua attenzione. «Lo hai pensato anche tu? Non in quel preciso momento, ma da quando mi conosci. Credi che possa essere un'arrampicatrice sociale?» Lo ammetto, temo la sua risposta perché se dovesse essere positiva ci resterei male, nonostante ne abbia avuto tutto il diritto, non conoscendomi.

«Sto iniziando a fidarmi di te, Iris, e se l'avessi creduto non sarebbe successo. Fin quando tratti bene il mio bambino, continui a renderlo felice e a non causare problemi, per me sei a posto.»

La sua non è una risposta completa, ma mi basta. Credo che questa sia la conversazione più lunga che abbiamo mai fatto. Stanno aumentando, però, e la cosa mi piace.

So che è assurdo dirlo, eppure... mi piace parlare con lui, per questo tento di instaurare conversazioni che durino più di trenta secondi. Non so cosa mi porti a cercarlo, forse l'attrazione che nutro nei suoi confronti e che diventa ogni giorno più forte, ma è così.

«La mano ti fa male? Devo cambiare la benda prima di andare a dormire» dico, cambiando argomento. Meglio tornare con i piedi per terra.

«No, tutto a posto. Puoi farlo domani.»

Un respiro tremolante abbandona le mie labbra al solo sentire la sua voce adesso più bassa e profonda così vicina al mio viso.

Sbatto le palpebre più volte e, con immensa fatica, mi scosto dalla sua presa. «D'accordo, ma domani te la cambio. Adesso... vado a letto, i dolori mi stanno uccidendo e voglio solo riposare. Grazie per avermi aiutata.»

Amos aggrotta la fronte. «Che dolori?»

Arrossisco. «Ho il ciclo.»

«Ah,» annuisce, «ti serve una borsa d'acqua calda? Le trovi in bagno.»

«Io... grazie» mormoro, sorpresa dalle sue parole. «Ne prenderò una, mi farebbe comodo.»

«Bene. Buonanotte, allora» si scosta anche lui.

«Buonanotte.»

Osservo Amos Wright scomparire nel corridoio. Realizzo solo ora di essere tornata a respirare normalmente.

Sono nei guai. Guai belli grossi.


𝐒𝐞𝐰𝐞𝐝 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora