36. Il filo rosso di Arianna

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Sorrisi, abbracciandolo, sentendo tutta la sua pelle aderire sopra la mia. «Hai seguito il filo rosso...», dissi, chiudendo gli occhi, nascondendomi e arricciandomi sotto il suo corpo forte.

La risata di Elia venne attutita dalla mia pelle, «Quello di Arianna e il Minotauro?»

«Sì, l'hai seguito alla fine. Sei ritornato da me

«Ho imparato la strada a memoria, non c'è pericolo che me la dimentichi.»

Sospirai, restammo sigillati in quell'abbraccio per non so quanto tempo, sentivo solo il suo respiro a un centimetro dal mio orecchio e il riverbero dei miei pensieri.

«Elia...»

«Dimmi.» 

«Mi hai salvata.» Ed Elia non disse niente, si limitò solo ad alzare il volto dal mio collo, «Se non fossi rientrato nella mia vita, io non so che cosa avrei fatto. Probabilmente sarei morta infelice.»

Lui ammiccò un sorriso, «Non ti permetterei mai di morire infelice, Isabella», mormorò, «Io non voglio essere il tuo primo amore, voglio essere l'ultimo con cui fai l'amore, voglio essere l'unico che ti merita, voglio che tu sia tutto ciò che mi resta a fine giornata», mi prese per mano, baciandomi un dito, l'anulare, «Sposa me, Isabella, per favore.»

Lo guardai senza capire niente per un attimo. «Elia, non puoi dire queste cose per scherzare—»

Mi baciò, zittendomi. «Non sto scherzando. Sposa me. Isabella, sposami.»

Portai una mano sulla bocca, «Me lo stai chiedendo adesso?»

«Sì», rise, baciandomi in maniera confusionaria, «Sposami. Sii mia moglie. Ti voglio per tutta la vita, sarai felice ogni giorno della tua esistenza finché resterai al mio fianco.»

Gli tenni le guance, stringendolo a me, premendo le labbra sulle sue, cercando il suo respiro. «Sei totalmente impazzito», risi, tra i suoi baci.

«Quindi? Sí? È un sì?»

«Ovvio che è un sì!», risi ancora, abbracciandolo, «Ovvio che è un sì», sussurrai, affondando il viso sul suo collo.

Alla tivù guardavo un film che Elia aveva scaricato nel decoder, stravaccata sul divano con le gambe nude, una sua felpa addosso e con un paio di mutande nere

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Alla tivù guardavo un film che Elia aveva scaricato nel decoder, stravaccata sul divano con le gambe nude, una sua felpa addosso e con un paio di mutande nere. Avevo assunto un'espressione accigliata, guardai lo schermo mentre mangiucchiavo della cioccolata fondente.

Elia, alle mie spalle, faceva qualcosa in cucina, sulla penisola, probabilmente lavorava. «Ma non ha alcun senso!», sbottai, rassegnata.

Lo sentii ridere. Mi sollevai, inginocchiandomi e girandomi verso di lui. «Vuoi farmi sentire stupida, non è così?»

«Io? Non riuscirei mai a farti sentire stupida.» Mormorò, chino per scrivere qualcosa su un taccuino, col portatile aperto davanti a sé, con indosso solo una t-shirt bianca e un boxer, una leggerissima barba gli decorava il perimetro della mandibola e un paio di occhiali gli ricadevano sul naso. «Sei troppo intelligente persino per me.»

Alla ricerca dell'albaWhere stories live. Discover now