Perderla equivaleva a perdere una parte di sè.

La ragazza rimase in coma per un mese intero e Chishiya in quel periodo si dedicava quasi completamente a lei: le parlava ogni volta che poteva, la accarezzava, la chiamava... sperava che i suoi occhioni tornassero a guardarlo come prima.

-Ti aspetterò, anche per sempre, se necessario.- le ripeteva ogni volta e quella divenne una promessa.

Ed ovviamente studiava, perché ora più che mai sentiva il bisogno di informarsi il più possibile sul mondo della medicina.

Quando finalmente la ragazza si svegliò, arrivò la sentenza: Yuzuki aveva perso parzialmente la memoria.

Ricordava perfettamente i suoi genitori, il suo nome,la scuola che frequentava, la sua materia preferita.

Ma dimenticò quasi tutti i suoi ricordi d'infanzia più preziosi, fra cui, anche Chishiya.

Anche di lui.

Quando lo venne a sapere, sentì il petto comprimersi, fino a non farlo respirare.

I genitori di Yuzuki gli raccontarono tutto ciò che il dottore aveva detto loro: che la memoria sarebbe potuta ritornare completamente ma a tempo debito, che la ragazza non poteva essere sottoposta a nessun tipo di sforzo psichico per ricordare gli avvenimenti passati ormai dimenticati...tutto sarebbe ritornato da sé.

Non gli rimaneva che aspettare.

E lo fece, per ben cinque anni.

Chiamava i suoi genitori per chiedere come stesse, dei suoi progressi fisici, che miglioravano giorno per giorno. Poi, una volta recuperate le forze, riuscì a finire gli studi ed arrivò per lei il momento di iscriversi all'università.

-Shuntaro...perchè non vieni a trovarla? Ormai conosce la sua situazione e l'ha accettata. I suoi ricordi vanno e vengono: un giorno si sveglia con qualche ricordo sfuocato ed il giorno dopo ancora lo dimentica di nuovo. Sta imparando a conviverci.- spiegò la mamma di Yuzuki un pomeriggio, per telefono.

Chishiya si stropicciò gli occhi e fece un lungo sospiro silenzioso, per evitare che dall'altra parte del telefono si potesse sentire qualcosa.

-Sono sicura che rivederti non le farà male...anzi quando si ricorderà di tutti i bei momenti passati insieme, ti ringrazierà di esserle stata accanto anche in una situazione così difficile.-

Ma non riusciva a incontrarla,la paura lo inibiva da capo a piedi.

Le mancava da morire. Per Chishiya avere Yuzuki accanto era una necessità, oramai negata.
Ma nonostante ciò, il timore di poterla involontariamente ferire lo massacrava.

-Signora Mei, io amo sua figlia.-
confessò,senza troppi giri di parole.

-So bene che non è il modo appropriato per dirle ciò, ma è necessario che lei lo sappia. Non abbandonerò mai Yuzuki, per nulla al mondo, e la proteggerò a costo della mia stessa vita...ma per ora vorrei che avesse i suoi spazi a cui ormai è abituata. Non c'è ancora posto per me, nella sua vita.- continuò Chishiya, sperando che la madre di Yuzuki potesse comprendere e sostenere il suo ragionamento.

-Shuntaro...- lo chiamò dopo qualche momento di esitazione -ti amava anche lei. Nel profondo mia figlia ne è ancora consapevole. Tutto andrà per il meglio.-

A sentire quelle parole gli si strinse il cuore nel petto, quasi non lo percepiva più.

Passarono cinque anni ed erano cambiate tante cose: lui divenne un dottore a tutti gli effetti e lavorava duramente, mentre lei studiava ancora e per avere una certa autonomia lavorava in un bar.

Ma nonostante ciò i sentimenti di Chishiya non cambiarono: continuava a informarsi sul suo stato di salute, la osservava da lontano, ritornava spesso nei posti che gli ricordavano di lei, per sentirla ancora vicina.

Finché un giorno, quando venne a conoscenza del lavoro di lei, prese coraggio e cominciò ad avere uno stretto contatto con Yuzuki.

Rivederla così da vicino, tornare a sentire la sua voce e a parlarle, sentirla ridere con i suoi colleghi di lavoro...tutto questo lo faceva sentire a casa.

E finalmente si sarebbero incontrati nuovamente, dopo anni di sacrifici.

Quando Yuzuki finì il turno, chiese sottovoce alla sua collega se quel giorno fosse abbastanza carina per poter incontrare quel misterioso dottore.

-Sei carinissima, Yuzuki! Non preoccuparti. Ora vai!-

Chishiya la aspettò fuori dal bar e, finalmente, la vide. Veniva proprio verso di lui.

-Scusate l'attesa, purtroppo io...- cercò di scusarsi ma il biondo la fermò.

-Tranquilla. Perché non evitiamo i toni formali? Mi chiamo...-

dopo attimo di silenzio, ci riuscì.

-Shuntaro Chishiya.-

Da parte della ragazza non ci furono reazioni: per lei non era altro che un cliente abituale del bar, nulla di più.
Da un lato, era meglio così.

-È un vero piacere. Io sono Yuzuki Mei.- Si presentò, sfoggiando il suo sorriso migliore.

I due quel giorno parlarono del più e del meno sugli argomenti più svariati.
Ma non raccontarono nulla di sè stessi: lei non voleva essere ricordata dal ragazzo per i suoi problemi di memoria, mentre lui aveva timore di dire qualcosa di troppo. Nonostante ciò, fu una giornata indimenticabile.

Finché...

-Comunque ancora devi raccontarmi la storia del tè!- gli ricordò lei.

-Oh, già.-
Ed ora?

Chishiya non sapeva se raccontare una verità velata o inventare una qualsiasi bugia.

Ma alla fine arrivò ad una conclusione.

-Il tè ai frutti di bosco divenne il mio preferito perché, quando ero solo un bambino, ero solito berlo con la mia persona preferita.- scelse la verità velata.

Lei lo guardò con i suoi occhioni curiosi, dentro di sè pensava a quanto fosse fortunata la persona in questione. Provò anche della leggera invidia.

-E lo bevete insieme ancora oggi?- domandò lei ingwnuamente.

-No, non più. Ma sono certo che un giorno ricapiterà.-

-Si,Chishiya.- gli prese la mano per confortare il ragazzo seduto di fronte a lei.

-Ti prometto che ricapiterà.-




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