22. Colorare i sentimenti - Pt. 1

Magsimula sa umpisa
                                    

«Ad una cosa che m'ha detto la preside.» Sputò il rospo.

Alzai le sopracciglia, sorpresa. «Ci hai parlato in questi giorni?»

«Ci parlo quasi ogni giovedì», mi informò, dandomi un bacio sulla spalla e giocando con la punta di una ciocca rossa.

«Ti ha detto qualcosa di nuovo?» Cercai il suo sguardo, che navigava irrequieto sul mio fisico esile e sinuoso.

«Una proposta», disse, con un'espressione di sufficienza. «Una proposta che non so se accettare o meno.»

«È una bella proposta?»

«Sì, ovvio che lo è. Ma ci sono tanti aspetti da considerare. Me l'ha detto ieri e non riesco a smettere di pensarci.» Si umettò il labbro.

Lo guardai per qualche secondo, aprii e chiusi la bocca per riuscir a dirgli quello che sentivo: «Senti, Elia», mormorai, portandolo con gli occhi sul mio viso, «Io non posso farti cambiare idea, non posso dirti cosa è meglio per te perché non sono nessuno. Ma io credo che tutti nella vita meritino delle possibilità, e soprattutto meritino di fare delle scelte», mi fermai un attimo, «Tu hai un'enorme potenzialità, sai così tante cose che a volte penso che sia stato tu a creare tutto 'sto universo,» Elia alzò gli occhi al cielo, «Mi hai insegnato più tu che i miei insegnanti in cinque anni. Quindi, io ti prego di non lasciarti sfuggire niente, sarebbe un peccato.»

Elia si torturò il labbro inferiore, pensieroso. Per un attimo temetti non mi avesse ascoltata. I suoi occhi erano cupi, disattenti, eppure continuavano a studiarmi come se stesse macinando qualche suo ennesimo pensiero.

Distolse lo sguardo in un sospiro, fece per riportarsi quell'odiosa sigaretta alle labbra. Gliela presi dalle dita, facendo saettare daccapo le sue iridi all'interno delle mie.

La allontanai da lui, tenendola saldamene fra l'indice e il medio.

«Che c'è?»

«Direi basta sigarette per oggi.»

«Perché?» Si accigliò, perplesso.

«Perché sembra che siano l'unico rimedio al tuo continuo pensare.»

«Non è vero», scosse il capo, infilando il viso sotto al mio collo, trovando rifugio nei miei angoli bui, «Sei tu il rimedio a tutto.»

La mia guancia aderì alla sua tempia, la mano libera a correre nei suoi ricci. Baciò la curva sotto al mio orecchio, «Io ti ascolto sempre. Sei stato tu a dirmi di non aver paura di parlare, adesso te lo dico io a te. Ogni qualvolta che aprirai bocca, io sarò sempre lì ad ascoltarti.» Sussurrai, dolcemente, cingendolo, proteggendolo.

«Lo so.» Rispose, con le sue braccia a stringermi con veemenza la vita. «Lo so.» Il suo respiro a sfiorarmi la pelle e, di conseguenza, farmi rabbrividire.

«Menomale», sorrisi ed Elia alzò il viso dal suo nascondiglio, sfiorò il mio naso col suo.

«Scusami se è sembrato che ti stessi ignorando.»

Negai, alternando gli occhi fra le sue labbra e il suo sguardo morbido. «Avevo intuito ti passasse qualcosa per l'anticamera del cervello.»

Elia sorrise brevemente. Fossetta. «E, comunque, lo penso davvero tu sia bella, bellissima», disse, facendomi sentire speciale, facendomi sentire un intruglio rovente nella bocca dello stomaco, «Anche quando non sei sopra di me, purtroppo.» Strizzò un occhio.

«Cretino», ridacchiai.

Feci per baciarlo, ma lui, sorridendo da bastardo, mi chiese: «Posso riavere la mia sigaretta?»

Alla ricerca dell'albaTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon