Negò con il viso, «Non credo che tu voglia sentirli veramente.»

Negai, boccheggiai, «Questo non è vero.»

Sorrise, un sorriso storto e finto. «Perché vorresti?», abbassò il mento per schiacciare la sigaretta sul terreno.

Feci per rispondere, ma notai ben altro. Mi pietrificai sul posto. Sciolsi l'espressione di rabbia sul volto per trasformarla in confusione e riflessione.

«Che cosa...», sussurrai, portandolo a guardarmi di nuovo. Mi avvicinai velocemente, senza che lui riuscì a intuirlo, «Che diamine hai combinato?» Domandai, le sopracciglia strette in un cipiglio e la mano che gli afferrava il mento per girarglielo del tutto.

La parte del volto che veniva oscurata dal buio del tratturo era intarsiata da una tavolozza di lividi: uno sullo zigomo, uno sul sopracciglio e l'altro sull'angolo della bocca a cui seguiva un taglietto rossastro.

Elia fece per allontanarmi, ma io lo guardai dritto negli occhi: «Toglimi queste mani di dosso.» Scandii chiaramente.

«Non è niente.» Mormorò quando il mio polpastrello sfiorò il taglio sul labbro. «Lui sta messo peggio.»

Lui?

«Lui?» Dissi, alternando lo sguardo tra i suoi occhi concentrati su di me e sui segni violacei. «Chi?»

«Non gli avrò rotto la mano, certo, ma il naso sì.» Lo trovò divertente, perché rise leggermente, «Se l'è meritato, era piuttosto lucido quindi non è stato abuso di posizione.»

«Tu l'hai picchiato?», mormorai ancora ferma alla prima frase. «Perché?»

«Non l'ho picchiato... è brutto dire così.» Sussurrò, «Abbiamo avuto un battibecco.» Sorrise con una faccia da schiaffi.

Quindi gliene diedi uno. Elia mi guardò con il naso arricciato, «Aho!», si tastò la mandibola, «Per cos'era?»

«Non puoi picchiare gente così!»

«Avevo un motivo, mio Dio.» Si massaggiò il mento.

«Adesso tutti pensano che io e te–»

«Che?», mi interruppe, «Io e te, cosa?»

«Che... abbiamo qualcosa.»

«Questo è quello che ti spaventa?» Alzò le sopracciglia. Sembrava deluso, non so se è il termine più adatto per descrivere il suo modo di parlarmi in quel momento. «Ti spaventa sapere cosa pensano gli altri?»

«A te no?»

«No», fece spallucce. «Siamo amici», disse, «Fra amici ci si difende, ci si protegge. Così come ho protetto Fra. E il motivo per cui l'ho fatto è universale, anche se fosse accaduto ad una ragazza a me sconosciuta l'avrei menato.»

Rimasi in silenzio per qualche secondo, «Perciò adesso siamo amici?»

Elia alzò gli occhi al cielo. «Credo di sì.»

«Credi o ne sei sicuro?» Assottigliai le palpebre.

«Ne sono sicuro.» Lo disse quasi con aria scocciata.

Alla ricerca dell'albaWhere stories live. Discover now