«Ma sei scemo?»

«Dico io l'ultimo "ciao". Quindi, ciao!»

«Ciao!» Risi e attaccai scuotendo il capo.

Uscii da camera mia e attraversai il salotto a piedi nudi per ritrovarmi, poi, in giardino con mia madre che disponeva la pasta nei piatti e mio padre e mio zio Gianni che fumavano un sigaro sul portico.

Andai a sedermi accanto a Monica che finiva di cliccare ripetutamente i tasti del cellulare. Afferrai la forchetta e feci aderire le punte sul pollice. Si accomodarono tutti a tavola fra il rumore delle sedie sull'erba e tra il chiacchiericcio dei bambini.

Ringraziai mamma per avermi messo la pasta nel piatto fondo e, infilzando una pennetta, esalai: «Io... io e Monica volevamo uscire stasera.»

Monica smise di masticare e mi guardò con la bocca sporca, «Cosa?»

Io le diedi un calcio da sotto al tavolo e lei tossì, cominciando a sorseggiare: «Stronza», borbottò.

«Stasera?» ripetette papà, pulendosi gli angoli delle labbra. Poggiò il braccio sul tavolo, assunse la sua solita aria austera. «E... dove vorreste andare?»

Alternai lo sguardo fra i miei genitori, uno di fianco all'altro, e poi lanciai un messaggio in codice a Monica. Stammi al gioco. «Un suo amico fa un mini concerto.»

«Un mini concerto...?», confabulò mia sorella, le diedi un pizzicotto. «Un mini concerto!», rise nervosamente, «Già... un'idea carinissima!» Rivelò tra i denti, fingendo un sorriso.

«Posso andare con lei?», addentai la pasta. I miei genitori si scambiarono uno sguardo che la diceva lunga. «Promettiamo di ritornare presto.»

«Promettiamo

«Sta' zitta.» Fulminai Monica.

Sospirò impugnando la forchetta, temetti che potesse piegarsi tra le sue dita.

«Va bene.»

I miei occhi centrarono quelli di mia madre con incredulità. Per un secondo mi dimenticai come si parlasse. «Sul serio?», Monica mi diede un calcio nello stinco, «Cioè... grazie.» Strinsi le labbra in un sorriso soddisfatto e orgoglioso delle mie doti da bugiarda.

Mezz'ora dopo aver finito di pranzare, mi ritrovai in camera di Monica a parlare di quanto detto.

«Cos'è questa storia?», piegò le mani sui fianchi, severa e curiosa. «Io sono d'accordo a coprirti, ma devi avvisarmi. Ho già dei piani, ho già prenotato un tavolo alla discoteca che, per giunta, mi è costato un po' troppo.»

«Tu non verrai con me. Vai dove vuoi tu, basta che loro credano che io sia con te. Ci daremo le spalle a vicenda, okay? Io ti copro, tu mi copri.» Alzai un sopracciglio per un accenno di approvazione, Monica si rilassò, sciolse le braccia e annuì.

«Okay», mormorò, «Ma non finire nei guai», mi puntò il dito contro.

«No, macché», ridacchiai. «Per me è impossibile, fidati.»

Monica mi diede retta, fiduciosa. «Vai con quel ragazzo? Il vicino?»

«Sì», sospirai, cercando di apparire annoiata, «Elia, si chiama Elia. Mi ha costretta a fare questo stupido accordo...»

Mi accomodai sul suo letto a gambe incrociate e prendendo un cuscino per abbracciarlo. «È carino?» Sorrise, seguendomi e sedendosi vicino a me.

«È simpatico, sì.»

Monica rise un po', «Non in quel senso, sciocca. È carino?» Si indicò la faccia.

Elia è carino?

Alla ricerca dell'albaWhere stories live. Discover now