la droga dell'amore

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Di mio padre non conservo poi molti ricordi, non era mai a casa e quelle poche volte in cui era presente sembrava non esserci. Si sedeva sul divano a guardare la TV con sguardo spento, sembrava odiare tutto e tutti, c'era solo una cosa in grado di renderlo felice: l'alcool.

Amava il whisky, infatti ne beveva molto. È capitato più di una volta che in preda ai fiumi dell'alcol perdesse la testa, di solito si limitava ad urlare, a tirare spintoni e al massimo qualche schiaffo.

Ricordo che un giorno era più distrutto del solito, camminava barcollando per il salotto alle due di notte, all'improvviso, preso da un impeto di rabbia, butto giù una delle opere di mia madre incorniciate al muro, ci svegliò tutti.

Mia madre scese al piano di sotto intimandoci di rimanere in camera nostra, ma io e mia sorella eravamo curiosi e rimanemmo sulle scale ad assistere alla scenata.

Mia madre gli urlava contro, lo offendeva perché teneva più all'alcool che alla sua famiglia. Mio padre gesticolava e barcollava da una parte a l'altra della stanza mentre gridava e buttava giù i quadri di mia madre dalle pareti.

Ad un certo punto mia madre gli gridò di andarsene, lo urlò in preda alle lacrime, un urlo che le usciva dall'anima e che la fece cadere a terra per lo sforzo.

Mio padre afferrò il tavolo e lo rovesciò a terra, mia madre gridò terrorizzata e prese a piangere ancora più forte, con talmente tanta disperazione che io e mia sorella iniziammo a piangere con lei.

Quando lui ci vide sulle scale perse la testa, afferro una bottiglia vuota di whisky e ce la scagliò contro. La bottiglia si frantumò contro il muro esplodendomi in faccia.

Me la cavai con qualche graffio ma quel gesto distrusse per sempre la mia famiglia. Mia madre cadde in depressione e smise di rivolgere la parola a mio padre, non divorziò, non perché non lo volesse, aveva paura e le mancava il coraggio di affrontarlo vis à vis, ma ormai la loro relazione si era conclusa e vivevano separati in casa riunendosi solo quando era strettamente necessario.

Mia sorella scappò di casa, nonostante avesse sedici anni loro non avvisarono la polizia. Era stanca di vivere in quelle condizioni proprio come lo ero io, peccato che io non avessi il coraggio di scappare per più di un giorno.

Anch'io cambiai dopo l'incidente, il rumore della bottiglia che mi esplose in faccia mi tormenta tutt'ora, non posso eliminare quel ricordo ma posso ignorarne l'esistenza.

Quando mio padre lasciò casa per andare a lavoro e mia madre si rintanò nel solarium a dipingere io ritornai nel salone, i quadri erano ancora riversi a terra, le schegge di vetro ancora sparse per le scale, le bottiglie di whisky se ne stavano sul carrello degli alcolici.

Ne presi una che era già stata aperta, la stappai e ne buttai giù un goccio attaccandomi alla bottiglia.
Mi piegai in due e iniziai a tossire, per poco non vomitavo sul pavimento. Avevo il palato anestetizzato e non ne era valsa la pena, il sapore era troppo forte e decisamente terribile.

Mi stesi a terra, sentivo il petto andarmi a fuoco e la testa girava fino a darmi la nausea, ma io ero stranamente felice, per una volta mi sentii davvero in pace con me stesso.

Divenni presto dipendente da quella sensazione, era come fluttuare nel vuoto, niente pensieri, solo alcool che ti scorre nelle vene e ti annebbia la mente.
Non esistevano più i pianti isterici di mia madre, le grida di mio padre, l'abbandono di mia sorella e, soprattutto, il rumore della bottiglia che si frantuma era ormai un lontano ricordo.

Purtroppo col tempo mi abituai e un sorso di whisky non riuscì più a provocarmi quello stato di incoscienza che tanto ricercavo. A quindici anni iniziai ad uscire con dei ragazzi più grandi che mi compravano da bere, ma ben presto neanche questo fu abbastanza.

Lover BoyWhere stories live. Discover now