Parte V - La musica

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Filippo si irrigidì un attimo per quell'inaspettato finale delle drammatiche confessioni della ragazza, ma ne fu anche sollevato poiché aveva stemperato l'atmosfera pesante in un attimo «Piccerè devi stare attenta quando togli i cappucci a uomini più grandi di te, potrebbero essere calvi!» e rise, perché fortunatamente non era il suo caso.

"Porca merda!" pensò Eleonora. Ora sì che si sentiva in imbarazzo.

Frugò nelle tasche alla disperata ricerca del pacchetto di Camel. Aveva bisogno di fumare. Doveva a tutti i costi riprendere il controllo della situazione che le stava sfuggendo di mano.

Si sentiva strana, emozionata, felice. Si accese la sigaretta e si girò verso di lui.

«Appena ti ho visto, la prima cosa che ho notato sono state le tue mani. Sei musicista vero? Le tue dita sono perfette, sottili, delicate...» Si pizzicò le labbra con gli incisivi. Meno male che si era ripromessa di tenere la situazione sotto controllo! Poteva chiedere solo se suonasse uno strumento. Come le era venuto in mente di dire tutte quelle cazzate sulle dita?

Filippo si fissò con interesse le mani, mentre le usava per accendersi anche lui l'ennesima sigaretta della giornata «Grazie» rispose, ripensando al fatto che nessuno gli avesse mai complimentato a quel modo le mani «Studio al conservatorio, suono il pianoforte» e omise accuratamente di fare menzione anche di che lavoro facesse.

Poi ripensò al fatto che, vero, nessuno gli aveva mai fatto complimenti così diretti alle belle dita affusolate, ma quello che sapeva fare con quelle dita... Aveva delle fan, e non solo per come le muoveva sul pianoforte.

Arrossì, e cercò di distogliere i pensieri da quella giornata alla Floridiana con Elena, «Te ne intendi di musica e musicisti? Hai occhio, a quanto pare, oppure è dovuto al tuo papà?» disse, provando comunque un po' di simpatia per quel pover'uomo e la sua figlioletta sfortunata.

Eleonora sorrise. «Mio papà suonava la batteria. Le sue mani sono un po' come le tue, le stesse dita lunghe e sottili. Crescendo ho sviluppato una specie di passione fetish per le mani, per i musicisti... per gli artisti in genere. Per me hanno una marcia in più!»

Stava davvero scivolando verso un discorso pericoloso. Si compiacque con se stessa per aver interrotto la frase a quel punto, piuttosto che continuare dando voce a quello che realmente stava pensando: "Le mani, i musicisti, le sanno usare molto meglio". Chiarissima l'attitudine alla quale faceva riferimento, ma non voleva proprio dare un'immagine sbagliata di sé.

Notò il lieve rossore che aveva colorato il viso pallido di Filippo quando gli aveva fatto i complimenti per le sue dita. Si meravigliò di quella reazione. Doveva essere davvero un tipo sensibile, quel bel ragazzo che il destino le aveva fatto incontrare. E, per un attimo, lo aveva immaginato seduto al pianoforte a sfiorare delicatamente i tasti e suonare per lei, sotto quella splendida luna che si specchiava nel buio del mare.

Stava diventando romantica.

Mai avrebbe immaginato che, quella sua fuga improvvisa da Livorno, avrebbe potuto portare a uno sviluppo così piacevole. Il fato, o il caso, chissà, gli astri si erano allineati per farli incontrare su quello splendido lungomare. Chi era lei per opporsi?

Perché mai avrebbe dovuto contrastare quello strano desiderio che le stava crescendo dentro, facendole correre l'immaginazione su come sarebbero state quelle mani addosso a lei, a scaldare la pelle irta dal freddo di dicembre...

E quella bocca, che sapore aveva? Un misto di fumo e limone. Ecco, il sapore che si aspettava di succhiare da quelle belle labbra disegnate.

Prese a fissarle, insistentemente. Finalmente fregandosene dell'impressione che avrebbe potuto fargli. Lei, Eleonora Viiperi, era fatta così. Eternamente attratta dai ragazzi più grandi di lei, dagli 'uomini' adulti. Era un peso che si portava dietro da un po', e che aveva imparato ad accettare, suo malgrado. La vita ti segna e tentare di sfuggirle, a volte, è inutile.

«Ah sì, questo discorso sugli artisti sembra essere molto polarizzante... C'è che ci crede dei semidei e chi, invece, degli inutili scansafatiche» Filippo si strinse nelle spalle, pensando di non essere esattamente né l'uno né l'altro ma che, in fondo, l'importante nella vita di un musicista era l'essere sempre circondato da pucchiacca.

Allora notò il modo in cui quella ragazzina aveva iniziato a guardarlo. Era lo stesso modo in cui l'aveva guardato Elena, prima di salutarlo dopo al loro primo appuntamento, e poi a casa sua, quando gli aveva concesso la sua verginità sopra al pianoforte del nonno.

Scrollò la testa, con un po' troppa energia, nel disperato tentativo di scacciare le lacrime e la nostalgia. Troppo tardi, il crack della milionesima frattura, che si era aperta a rigargli il cuore, si era sentito forte e chiaro. Forse persino Eleonora l'aveva avvertito.

Distolse gli occhi lucidi verso il mare e tossì nervosamente. L'orizzonte iridescente gli comunicò che tra un paio d'ore sarebbe tornato il sole a interrompere il momento di vanità di quella bella luna candida che si specchiava sul mare.

«Suppongo ti stiano cercando dappertutto, quelli di Livorno» affermò, con tono quasi eccessivamente triste e grave «Ti riaccompagno volentieri in stazione, se ti va. Via Marina non è molto sicura a quest'ora, per una guagliuncella come te».

Un'altra notte insonne. Ma, almeno, non era andata poi così male come si aspettava. Vero, non aveva rivisto Elena, e l'astinenza da quella droga era ancora insopportabile. Ma poi aveva avuto un assaggio della vita di quella povera piccola anima, che stava messa addirittura peggio di lui, e si vergognò di provare così tanto dolore per cose sceme come i patemi dei primi amori. Eleonora era scappata da una situazione infernale, mentre lui stava scappando solo da sé stesso e i suoi sbagli.

Una notte (di Natale), a NapoliWhere stories live. Discover now