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1° aprile 2018


I raggi del sole filtrarono prepotenti dall'immensa vetrata del salone, costringendo Paulo a strizzare gli occhi per il fastidio, mentre si destava.
Sbadigliò rumorosamente, stiracchiandosi verso l'alto e sorridendo dolcemente quando si accorse della chioma bionda sparsa sul suo petto: le esili braccia di Diana erano avviluppate attorno al suo busto, in cerca di calore.

Le lasciò un tenero bacio sulla nuca, accarezzandola delicatamente, mentre osservava con attenzione la sua espressione serena: era così eterea da non sembrare reale, anche se il trucco le si era sbavato completamente e i grumi del mascara creavano scie nere sulla sua pelle nivea.
Le passò il polpastrello dell'indice sulla punta del naso, scivolando sugli zigomi pronunciati fino all'arco di Cupido, e si soffermò a disegnarle il contorno delle labbra schiuse, da cui uscivano respiri regolari.

Nascose un risolino quando la vide corrucciarsi per il fastidio: avrebbe voluto fermare il tempo in quell'esatto istante, mentre la contemplava come un'opera d'arte serafica, con le loro pelli a contatto, avvinghiati l'uno all'altra.
Non aveva bisogno di nulla, non esisteva altro al di fuori del loro Paese delle Meraviglie, persino il calcio passava in secondo piano: nonostante fosse la sua unica ragione di vita insieme alla famiglia, Diana era talmente intensa da rendere effimero tutto il resto del mondo, e l'attenzione di Paulo riusciva a focalizzarsi su nient'altro che lei.

Era spaventato dalla profondità di quei pensieri, e per un momento credette che avesse ragione Diana: che sarebbe stato meglio staccarsi un po', che il loro rapporto sarebbe sfociato nel nulla più assoluto o, peggio ancora, in una catastrofe, perché era tutto troppo complicato e lui non poteva permettersi passi falsi.

D'altronde si era appena lasciato dopo quasi quattro anni di relazione, anche se era consapevole di aver smesso di amare Antonella da molto prima dell'avvento di Diana nella sua vita: lei era stata la scialuppa che lo aveva salvato dall'oceano di aspettative e pressioni in cui stava rischiando di affogare.

Per questo era convinto che si meritasse di meglio rispetto a ciò che aveva da offrirle, più di una vita passata sotto i riflettori, più degli asfissianti paparazzi, più delle regole che gli venivano imposte giornalmente solo per lo status che ricopriva: già la notizia della rottura tra lui e la sua ex ragazza avrebbe creato un trambusto non indifferente, figuriamoci se si fosse saputo di lui e Diana subito dopo.

Chiunque ci avrebbe ricamato sopra una storia infinita, in cui il capro espiatorio sarebbe stata proprio la sua niña: si immaginava la sfilza di commenti pregni di cattiverie e malizia sotto le sue foto di Instagram, le cospirazioni sulla sua età e sulla sua vita privata di ragazza appena maggiorenne, i DM con minacce e insulti di ogni tipo.
Sebbene il calcio lo avesse aiutato a realizzare tutti i sogni possibili, gli mancava terribilmente poter vivere come un ragazzo normale.

Si ridestò quando la sentì mugugnare e strofinare il naso sul suo petto; la fissò incantato mentre sbatteva lentamente le palpebre per abituarsi alla luce del giorno, guardandosi intorno con aria spaesata.

«Buenos días, niña» la salutò, estasiato.

Diana accennò un sorriso per la voce roca e l'accento spagnolo che adorava, soprattutto al mattino, sollevando di poco la testa per guardarlo meglio. «Buongiorno Dybala, che ore sono?»

Paulo sbuffò una risata e allungò di poco il collo. «Son las nueve e qualche minuto» affermò, dopo aver lanciato un'occhiata all'orologio digitale appeso alla parete della cucina.

«Come ti senti?» gli domandò, studiandogli pensierosa il volto.

«Con te sopra, benissimo» ghignò malizioso, accarezzandole pigramente la schiena nuda, sostando con il palmo della mano sopra le fossette di Venere.

SOTTO LO STADIO | Paulo DybalaWhere stories live. Discover now