I'm Your Shadow

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Max

Passò una settimana piuttosto frenetica. Joe era diventato un soggetto sempre più interessante, ma anche un incarico più complicato del previsto. Fare da balia ad un ragazzo della mia età era una vera rogna! Soprattutto quando questo, dovendomi stare lontano, continuava a ronzarmi intorno: manteneva fede alla scommessa e io di certo non volevo dover pagare gelati per un mese...
Sospirai rientrando nell'appartamento, posando la tracolla per terra, accanto alla porta. Lanciai la chiave sul mobile e mi avviai a prendere una bottiglietta d'acqua dal frigo, per poi sentire il telfono fisso dell'appartamento squillare. E c'era solo una persona, forse due, che conosceva quel numero, sintonizzato su una linea telefonica più esclusiva di quella dell' FBI: Scott.
Sorrisi, portandomi l'apparecchio all'orecchio: - Ehilà. -
- Come sta andando? - Sobrio e dritto al punto come al solito.
Scott non era il massimo della socialità e del dialogo, perciò quando chiedeva qualcosa era perché gli interessava veramente e non tanto per fare.
- Per ora bene... - risposi, non sapendo se dovessi tenere la scommessa per me, o dirgli quello che era successo.
Se avessi perso sarebbe stato veramente un bel problema per me... Perdere avrebbe implicato doverlo avere più vicino di quanto gli ordini mi consentissero e non ero proprio nella posizione migliore per rischiare.
Ero sulla soglia della porta dell'agenzia: un piede dentro e uno fuori. Lo sciagurato che mi aveva incastrato era riuscito nel suo intento, forse anche con un certo margine di guadagno in più, dato che mi avevano spedita pure in un altro paese.
- Mi sembra un ottimo inizio. - Disse.
"Questo è un buon inizio." Somigliavano tanto alle parole di Joe, quelle di Scott, ma ero sicura che le due direzioni "iniziate" non andassero esattamente d'accordo tra loro. Nero e bianco.
Ovviamente in mezzo c'era il grigio, ma proprio il grigio poteva essere la mia rovina. Mi passai una mano fra i capelli, esasperata già all'inizio di tutto. Potevano anche darmi una missione più semplice, quei disgraziati! Cielo che palle...
- Max? - La mia attenzione venne riportata alla dimensione fisica, fuori da quel buco nero qual'era la mia testa.
- Dimmi. - Mi accomodai al bancone, sul quale tenevo la cartelletta di Joe, aprii il fascicolo e mi soffermati sulla fotografia.
Feci caso solo in quel momento di quanto i suoi occhi verdi fossero magnetici e fu uno shock per me, ragazza addestrata ad essere immune a qualsiasi sguardo. Joe Heyden si stava rivelando una vera seccatura.
- Ti stai ambientando? - Scott, per la prima volta mi sembrò apprensivo e preoccupato seriamente per come mi sentissi.
- Sì... Cioè... Lo sai, no? Il continuo viaggiare per le missioni mi ha messa nelle condizioni d' imparare velocemente ad adattarmi. È solo strano non sapere quando venire via dalla California... - Risposi, in tutta onestà.
- Lo so, Max. Cerca di resistere... Qua io e Ambra stiamo mettendo una buona parola per te. Magari tra un po' riusciamo a convincere la Boss. -
- Grazie. Però voglio dimostrarle che posso farcela: datemi minimo tre mesi, per favore. - Avevo veramente bisogno che la Boss si fidasse ancora di me e qualche settimana di "punizione" non era sufficiente.
Lo sentii sospirare e poi ci fu un attimo di silenzio, prima che riprendesse: - Va bene, ma... Occhi aperti. Ci sono degli strani movimenti nella Camera del Sig. Heyden. I suoi oppositori politici stanno tramando qualcosa. -
- Grazie per la dritta, Scott. - Sorrisi, perché era sempre stato da lui passarmi qualche suggerimento.
Era come stare in un compito in classe: bigliettini e secchioni aiutavano sempre. Ma Scott era il più grande "secchione" dello spionaggio; e io lo ammiravo molto per questo.
- Adesso muovi il culo, signorina e fatti almeno dieci chilometri di corsa. - Ordinò, emulando il tono di un generale e io risi.
- Agli ordini, capitano! - Esclamai e rise anche lui.
- Max, prenditi cura di te. Evitando magari gli ospedali... -
- Tranquillo. - Lo rassicurai. - Vado a morire sotto al sole della California per dieci chilometri. Ci si sente, capo. -
Chiusi la chiamata dopo che ci fummo salutati, salii veloce le scale e andai a cambiarmi per uscire a correre, saltando perfino il pranzo. Il mio "capo" non avrebbe approvato, ma non poteva vedermi... Acciuffai il mio mp3 e le chiavi, buttandomi fuori dall'appartamento.

Con la musica nelle orecchie e l'umore un po' più alto per la chiamata di Scott, le mie gambe avanzavano a falcate veloci e lunghe, macinando chilometri su chilometri in città.
Ebbi modo di visitarla, a modo mio si intende, e farmi un'idea sulla planimetria di questa. Trovai il bar che sul fascicolo, c'era scritto che Joe frequentava più spesso, la palestra dove era iscritto e i locali dove passava i sabati sera con gli amici.
Effettivamente ero in orario perfetto per vederlo uscire dalla palestra e guardare che nessuno lo seguisse fino a casa. Oltre a me.
"Diamine, mi sembro proprio una stalker..." Pensai.
Per non dare troppo nell'occhio mi misi a fare stretching dall'altra parte della strada, vicino ad una cassetta della posta, abbastanza grossa da coprirmi in caso fosse uscito in quel momento. Fortuna mia...
Uscì poco dopo, mentre cercavo di allungare i muscoli della schiena.
Teneva un IPod in mano e le cuffiette nelle orecchie, proprio come me, ma lui si faceva anche carico di un grosso borsone nero e blu, portato svogliatamente sulla schiena. Appena iniziò a camminare mi misi in moto anche io, con una corsetta leggera, a passo di 19enne; non si accorse di nulla, ma io sì...
Scott aveva ragione: un tipo con un suo compare, vestito in giacca e cravatta, lo stava seguendo, poco più avanti di me, facendo finta di discutere di affari, mentre lo fissava in modo poco discreto.
Dovevo... Intervenire nel modo più semplice possibile. E questo implicava non sbattere nessuno dei due nel vicolo a cinquanta metri da lì.
Sbuffai: mi mancava la sana violenza fisica delle missioni.
Accelerai il passo e attraversai la strada, per poi superare Joe. Effetto voluto: ottenuto immediatamente...
- Sam?! Sam! Ehi, Sam! - Urlò in mezzo alla strada.
Feci finta di non sentirlo apposta, finché non fu lui a raggiungerli di corsa: - Samantha! - Mi tolse una cuffia e finsi un'espressione stupita.
Ah... Avevo dimenticato quanto il corso di recitazione dell'agenzia fosse fondamentale per una spia...
- Ehi, Joe. Vai in palestra? - Chiesi accennando al borsone con la testa.
Lui mi fece un sorrisetto sbilenco, al quale rimasi di sasso: - No, sono appena uscito. -
- Oh... -
- Vai a casa? - Sorrise ancora e rallentai il passo.
- Sì... Volevo farmi un giro. E sgranchire le gambe. - Risposi sforzandomi di essere amichevole.
- Già: due belle gambe. - Rispose ridendo, ma notando che arrossii, per la prima volta in vita mia, tossicchiò: - Nel senso che sei veloce... Lavorano bene le... Cioè... Cazzo! - Imprecò e scoppiai a ridere.
- Va bene, fermati qua. - Gli diedi una pacca sulla spalla e abbassò gli occhi a terra.
- Vuoi compagnia? Ti accompagno fino a casa, sempre se vuoi. - Propose, con gli occhi verdi che brillavano di una strana emozione a me sconosciuta.
L'analisi dei miei obiettivi era sempre stata per me un gioco da ragazzi, ma Joe... Se non fosse per la cartelletta nera che avevo a casa, sarebbe stato peggio dei cubi di Rubik.
- Allora? -
"Voglio la sua compagnia? Devo... Devo accettare?" Oddio... Che situazione...

Guardian Angel [In Revisione - Correzione errori]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora