1. di quella città che si chiama Santa Vara

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Santa Vara viene descritta nei libri di geografia come la città lago o il regno dei laghi.
Sono dei soprannomi che dovrebbero essere divertenti e che hanno come intenzione quella di attrarre turisti, ma tutto ciò che troviamo tra le nostre strade durante i mesi estivi sono tedeschi che indossano calze sotto ai sandali e francesi che si rifiutano di imparare l'italiano.

Santa Vara si espande sulle sponde lombarde del Lago Maggiore, d'estate combattiamo con le zanzare e d'inverno con la muffa, ma chissà perché ai turisti la nostra città piace moltissimo. La vedono come un posto ultraterreno, il luogo perfetto per staccare dalla vita senza freni delle metropoli per godersi la natura.
Se solo sapessero che cosa succede da settembre a giugno, quando loro non ci sono, i turisti cambierebbero presto idea.

Io, che a Santa Vara ci sono cresciuta, ci abito e se il destino mi vuole male ci morirò, ho tutto il diritto di detestare ogni singola pietra che costituisce questo posto dimenticato da Dio.
Poi, se dovessi fare una classifica di ciò che non sopporto di Santa Vara, probabilmente metterei al primo posto la sponda destra.

La nostra città la possiamo dividere a grandi linee in due parti: la sponda sinistra, dove abitiamo noi, la gente comune che tira avanti con lavori solitamente manuali e che per arrotondare fa lavoretti per i vicini di casa e poi...la sponda destra.
È la sponda destra che crea problemi.

Tutti sanno che nelle città lacustri sono presenti anche personalità importanti, grandi figure dell'economia nazionale, e la sponda destra rappresenta tutto ciò.

Abitano in ville antiche e di origine rinascimentale, quelle con le decorazioni fatte a mano e i soffitti dipinti con affreschi che noi della sponda sinistra abbiamo visto solo nei musei delle metropoli.
Le hanno fatte ristrutturare qualche decina di anni fa, ci raccontava sempre nonno Alfio, perché sono le residenze estive dei grandi politici, dottori, attori, avvocati, imprenditori italiani e non che col passare del tempo, per via della tranquillità e dei servizi che offre Santa Vara le hanno fatte diventare prime case.

Per dirla in breve: noi e la sponda destra siamo incompatibili, ed è forse per questo che la nostra città è praticamente divisa in due.
L'Angolo di paradiso è il nostro bar, il Maximus il loro. Noi noleggiamo i pedalò al Spina di pesce, loro al Laguna blu.

E poi, giusto per finire in bellezza, anche le nostre scuole sono separate. Il Manzoni e il Foscolo sono i due istituti scolastici che abbiamo in città.

Il Manzoni comprende solo licei, dei quali il più rinomato e affollato è il classico e noi del Foscolo abbiamo un classico che a malapena riesce a riempire due sezioni, un artistico e una serie di istituti tecnici e professionali che non vi sto neanche ad elencare.

Le due scuole si trovano nel piazzale che divide le due metà della città, sono il segno netto e visibile di questa spaccatura e mentre il Foscolo è il nostro territorio, il Manzoni è il loro.
Tutto ciò che condividiamo è un piazzale nel quale, quotidianamente, determinati Foscoliani e Manzoniani si prendono a botte sotto gli sguardi allarmati dei professori e le urla di incoraggiamento degli altri studenti.
In poche parole, se fai parte del Manzoni è meglio che tu stia lontano da quelli del Foscolo e viceversa, perché le cose andranno a finire male.

Forse non ci piace il loro costante atteggiarsi come se avere soldi ed essere figure importanti nell'alta società sia tutto ciò che conta nella vita, forse a loro danno fastidio i nostri modi semplici e il nostro prendere la vita così come viene, ma i continui soprannomi che ci hanno affibbiato e quelli che noi abbiamo dato a loro non hanno fatto altro che inasprire il conflitto e portare a risse che si sono concluse in corsie di ospedale.

Ed è proprio ora che una di queste suddette risse si sta consumando davanti ai miei occhi.
Ormai, dopo tre anni passati ad osservare ragazzi in preda al testosterone che si picchiano a vicenda, questi episodi non sono più nemmeno divertenti.
Sospiro, stendendo le braccia sul davanzale della finestra mentre mi arriva alle orecchie il suono dell'ennesimo naso che fa crack.

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