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A tutte quelle persone che non hanno ancora trovato il vero amore. Avrete la certezza di essere innamorati per davvero quando non potrete far a meno di pensare a quella persona.

Ho sempre avuto tante paranoie sul vero amore, non avevo mai pensato lontanamente di dare il mio cuore a una persona che avrebbe potuto spezzarlo in qualsiasi momento magari anche solo per un capriccio. Non volevo soffrire. La vita non è come la favola della buona notte, non c'è sempre un lieto fine con il principe azzurro. La vita è cruenta e se non riesci a stare al passo vieni schiacciato. Io sono una di loro, una persona che è stata schiacciata, una persona che non è riuscita a stare al passo e che ora ne paga le conseguenze. Mentre pensavo a cosa indossare per il primo giorno del primo anno di liceo scientifico il mio migliore amico, Ryan, mi raccontava di come aveva trascorso le vacanze estive in un villaggio in Puglia, e di come era riuscito a conquistare una ragazza, me la presentò come una ragazza <<Bona.>> e che secondo lui c'era del feeling tra di loro,  ma secondo me per com'è fatto Ryan questo "feeling" lo aveva solo lui. <<Metto la maglietta blu o quella beige?>> alzai entrambe le maglie sventolandole all'aria. Lo fissai ma lui era preso dal telefono quindi non sentì la mia domanda e io glielo chiesi di nuovo. Lui alzò gli occhi dal telefono e puntò le due magliette con lo sguardo. <<Quella beige, si abbina con i tuoi capelli.>> guardai attentamente la maglia da lui scelta e la indossai. Non gli chiesi nemmeno di uscire, era così preso dal cellulare che non si era reso conto nemmeno che poco dopo ero già uscita dalla mia cameretta per andare in cucina. <<Ryan sbrigati o perderemo l'autobus!>> <<Si, si arrivo aspetta.>> mi rispose con nonchalance. Gli lanciai un'occhiata fulminante che attraversò tutto il corridoio; doveva averla percepita poiché poco dopo si alzò dal mio letto, stiracchiandosi appena, e venne goffamente in cucina. Uscimmo di casa, chiusi la porta lentamente, per non svegliare i miei genitori, e c'incamminammo verso la fermata del bus. Ci impiegammo circa cinque minuti e per poco non lo perdevamo. Ci sedemmo infondo a tutto e aspettammo che il bus arrivasse a destinazione, durante il tragitto mi misi le cuffie e iniziai ad ascoltare la mia playlist dedicata ad Oliva Rodrigo. Una volta scesi dal mezzo attraversammo un incrocio e lì la vedemmo. La scuola era grande, con un giardino all'esterno e un cancello che la circondava. La stradina che portava alla scuola era un po' in discesa piena di sassolini; accanto all'edificio c'era un bar dove avremmo potuto prendere la colazione e consumarla nel giardino seduti sulle panchine. C'erano tante persone al di fuori della struttura, la varietà di esse si notava a dismisura. C'erano persone altissime, con una voce ben strutturata che possibilmente erano del quinto anno ed altre un po' più bassini e con la voce meno definita che con altrettante possibilità erano dei primini. Si erano fatte le 8:15 e gli studenti avevano dato la precedenza a noi primini visto che la scuola la conoscevano fin troppo bene. Alla prima ora la preside, Sara Smeraldi, ci fece fare il giro della scuola facendoci vedere tutti i laboratori, indicandoci anche le uscite d'emergenza e i bagni. La scuola si divideva in tre piani e la nostra classe si trovava al secondo. La classe era al quanto ampia, con una finestra su un lato; al centro della classe risiedevano file di banchi doppi, ed era scontato che io e Ryan ci saremmo messi insieme all'ultimo banco. Così fu. Man mano che le ore passavano arrivavano diversi professori che si presentavano, mostravano il loro programma per quest'anno e se ne andavano. In classe eravamo in venti e io non socializzai con nessuna delle diciotto persone, chiaramente avevo bisogno di tempo. Avevo passato così tanti anni da sola che ormai per me era difficile parlare con altre persone, quindi ero sempre stata esclusa; solo Ryan mi parlava e sinceramente non ho mai capito il perché. Ma avendo cambiato scuola, e non conoscendo nessuno, oltre che Ryan, potevo prenderlo come un nuovo inizio, magari finalmente non sarei più stata esclusa. Magari avrei potuto essere normale. Finita la giornata scolastica io e Ryan prendemmo di nuovo il pullman e tornammo entrambi a casa. Feci quella piccola stradina e aprii la porta d'ingresso, fin da subito si sentì un odore buonissimo di grigliata. Posai le mie cose in camera, comprese le cuffie con cui stavo ascoltando la musica e tornai in cucina. Aiutai mio padre ad accendere la tivù, vista la sua incapacità di usare gli oggetti tecnologici e mi sedetti a tavola. <<Com'è andata la giornata?>> mi chiese gentilmente mia madre mentre mi porgeva un piatto con una sopra bistecca mediamente cotta. <<Tutto sommato bene, io e Ryan abbiamo preso l'autobus e siamo andati a scuola, non è successo niente di particolare.>> presi il piatto e assaggiai un pezzetto di quella carne che sembrava essere squisita. <<Ryan... Ryan... quel ragazzo prima o poi ti spezzerà il cuore, ne sono certo, non mi è mai piaciuto.>> aggiunse mio padre con la bocca piena. <<Ma non è nemmeno il mio ragazzo, siamo solo amici.>> <<Si, si, come no, e adesso i maiali volano.>> disse con fare ironico mio padre. Ryan era mio amico, non il mio fidanzato. Solo perché è letteralmente l'unica persona con cui parlo, non significa che è il mio ragazzo. <<Pensala come ti pare.>> aggiunsi infine. Finii il pranzo in silenzio e me ne tornai in camera mia; sul mio letto c'era ancora la sagoma dal sedere di Ryan. Prima di sdraiarmi sul letto chiusi la porta a chiave, mi spogliai, mi misi dei vestiti più comodi e mi fiondai sul letto a piangere. Stavo maschio. Ero stanca di me stessa, non riuscivo nemmeno a socializzare con persone come me. No non è vero. Loro non erano come me, perché loro sono persone normali. Io no. Sentii improvvisamente il telefono squillare, lo presi e mi sedetti sulla sedia della scrivania. Era Ryan. Accettai la sua video chiamata e mi asciugai le lacrime. <<Ei Simo ma stavi piangendo?>> mi domandò. Scossi la testa guardandomi alla telecamera e togliendomi il mascara colato a causa delle lacrime che mi avevano rigato le guance. Avevo ancora gli occhi rossi, non avevo pianto a lungo ma sono molto sensibile. <<No, è che sono allergica alla polvere e mia mamma ha portato su degli scatoli dal garage>> credo avesse capito che stavo mentendo ma fece finta di niente. <<Comunque perché mi hai chiamato?>> <<Hai presente la ragazza di cui ti ho parlato?>> Annuì. <<Ha detto che tra noi non c'è feeling>> Me lo aspettavo sinceramente, ma feci finta di essere sorpresa. Conoscevo Ryan a quanto pare fin troppo bene da capire che si fa troppi film mentali su tutte le ragazze che gli piacciono. <<Ti rendi conto che sono stato tutta la mattina a corteggiarla nei direct di Instagram?>> Ora ero davvero sorpresa, lo avevo visto incollato al cellulare ma non pensavo ci stesse provando spudoratamente, avevo aspettative troppo alte per quello che è Ryan. <<Tu cosa?>> non nego di aver avuto un accenno di risata. <<Beh in mia discolpa non l'ho importunata gli ho inviato solo una decina di messaggi.>> aveva detto. scoppiai in una risata rumorosa, non credo di aver mai riso così tanto. Le cretinate che faceva Ryan erano come pane quotidiano ma raccontate da lui, come se fossero un qualcosa di normale, faceva ancora più ridere. Parola del giorno: normale. Mi paragonavo molto a questa parola, ma al negativo; mi ripetevo sempre che non ero normale, ma alla fine una cosa era certa: nessuno è normale.

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