Capitolo 3

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La piazza di PonteAlto era deserta, e Samantha ne fu molto compiaciuta.
Amava osservare quel piccolo paese nei momenti di pace, cosa che non succedeva molto spesso.
Era un giorno infrasettimanale, come al solito un Giovedì.

L'aveva soprannominata "la giornata dell'ansia".

Era proprio di Giovedì che si recava dalla sua psicologa di fiducia, l'unica da cui fosse mai andata, in realtà.
Camminava sui sanpietrini a bordo delle sue sneakers bianche, approfittando del suo anticipo, ben dieci minuti, per prendersela comoda e guardarsi intorno.

Sulla zona pedonale un paio di uccellini, la cui specie non sarebbe mai stata capace di indovinare, saltellavano godendosi l'Autunno.
Si inseguivano e si beccavano l'un l'altro, ricordando a Samantha i dispetti che si facevano lei e la sorella, un numero indefinito di anni prima.

Nel limite del suo astigmatismo, contro il quale ancora non si era decisa a comprare un paio di occhiali, vide una zona rossa nell'uccello più calmo.

Pettirossi, ecco cosa siete!
Fu un banale colpo di genio, per lei che di uccelli se ne intendeva poco.
Sorrise all'idea di quanto suonasse male questo pensiero nella sua testa, e proseguì.

Ai bordi della zona pedonale, e questo era il punto forte di piazza Morena, tanti aceri si stagliavano a pochi metri di distanza tra loro, aspettando la stagione giusta per fiorire. Nel periodo tra la fine dell'Inverno e l'inizio della Primavera, gli alberi prendevano un bellissimo colore rosso acceso; grazie a questo la piazza fu nominata, molti anni prima, "la Piazza Rossa", e il nome rimase nel tempo.

Quello era il periodo preferito di Samantha, che adorava passeggiare tra gli alberi in silenzio, anche se il silenzio, ahimè, in quella stagione veniva a mancare, proprio a causa della bellezza di quel posto, che attirava inesorabilmente le coppiette a fare passeggiate romantiche e le famiglie a fare qualche piccola gita fuori porta, disturbando la quiete di PonteAlto, ma soprattutto di Samantha.

Andando contro i suoi stessi principi, rimuginò sul fatto che sarebbe piaciuto anche a lei fare una banalissima passeggiata romantica.

Arrivata al civico diciotto, Samanta indugiò.
Il palazzo dove esercitava la psicologa, la Dottoressa Anna, era uno dei pochi palazzi moderni in città.
Lì esercitavano anche un dentista, un avvocato, un paio di commercialisti, una psicologa infantile e un'analista, di quelli per la terapia di coppia.
Guardò l'orologio e si rese conto di non essere più tanto in anticipo, ormai. Erano le tre e cinquantotto, meno due minuti all'appuntamento.

La Dottoressa era una che pretendeva puntualità: le sedute duravano in media cinquanta minuti, non uno di più, non uno di meno.

Samantha spesso si domandava come riuscisse a far terminare le sedute esattamente tre minuti prima dello scoccare dei cinquanta minuti prestabiliti, avanzando giusto il tempo per stampare la fattura (che non poteva mai mancare) e di prenotare il successivo appuntamento.

Una volta Samantha si rese conto di avere un orologio digitale a grandezza spropositata piazzato proprio dietro alla poltrona in cui si sedeva ogni volta.

Questo poteva però spiegare solo in parte il mistero: nonostante la puntualità, mai una volta si erano ritrovate ad avere un discorso in sospeso.

Anna (era da poco riuscita a chiamarla per nome e non più "Dottoressa") era capace di pesare le parole in modo tale da non lasciare mai nulla al caso, terminando ogni discorso in modo preciso e con le giuste tempistiche.
C'è da dire anche che la paziente in questione difficilmente si lasciava andare a discorsi troppo lunghi e profondi, ed era forse per quello che le sedute andavano avanti ormai da sei mesi, senza che fossero riuscite ad arrivare realmente ad un punto tale per cui si potesse ipotizzare ad una "cura" o a qualcosa che fosse in grado di aiutarla a gestire la maledetta ansia che le attanagliava lo stomaco quotidianamente.

Fiamme Gemelle, amore e destinoWhere stories live. Discover now