3. Casa

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Erano arrivati al suo appartamento senza bagnarsi affatto.
Una cosa inspiegabile, visto che loro erano in due e l'ombrello nero della ragazza bastava giusto a coprire una persona sola.
Pure, le fredde gocce di pioggia di quel grigio giorno di novembre non li avevano nemmeno sfiorati.
Era decisamente strano.
Giorgio aveva però deciso di smettere di farsi domande.
C'erano molte (troppe) cose di quella ragazza tutta nera e tutta bianca che non gli quadravano affatto.
Ma aveva orai realizzato che non gli importava.
Non gli importava come e perchè paresse apparsa dal nulla.
Non gli importava di sapere come facesse ad essere così coinvolgente ed ammaliante
Non gli importava come mai paresse capirlo così bene, fino in fondo, nonostante si conoscessero da così poco tempo.
Nulla di tutto questo importava.
Giorgio se ne era reso conto quando lei lo aveva preso sotto braccio, gli aveva messo in mano il suo piccolo ombrello nero ed insieme si erano diretti verso casa sua.
Avevano corso, saltato le pozzanghere e riso per delle sciocchezze.
Giorgio non si sentiva così bene da...mesi? Anni? Da mai?
Le scadenze, lo stress, l'ansia, le emicranie...tutto passato, tutto dimenticato.
Quasi non fosse mai esistito.
Non sapeva come e non sapeva perchè e nemmeno gli importava più, ma con quella ragazza, con quella splendida, misteriosa, inspiegabile apparizione...Giorgio si sentiva vero e autentico come mai nella sua vita.
Si sentiva libero.
Armeggiò nervoso ed impaziente con le chiavi del portoncino blindato e lo aprì.
Senza aspettare un invito formale, lei entrò nell'appartamento, precedendolo e guardandosi in giro con aria curiosa.
"Bello!" commentò rimirando l'ampio monolocale "Un po' freddo però" Fece squadrando il mobilio essenziale, il tavolo in metallo con due sole sedie e le mensole riempite solo per un terzo di libri letti solo per metà.
"Sì...beh..non mi capita spesso di avere ospiti" farfugliò lui improvvisamente in imbarazzo.
Lei si strinse nelle spalle "Decoroso, riscaldato e pulito. Molto più di quanto si possano permettere in molti".
I commenti di quella ragazza avevano sempre il potere di spiazzarlo...e di metterlo contemporaneamente a suo agio.
Aveva l'incredibile capacità di non farlo mai sentire in dovere di dare alcuna spiegazione.
Pure, Giorgio decise che la camera da letto sarebbe stata off limits.
Con le lenzuola ancora impregnate del suo sudore, l'odore di chiuso e le medicine in bella vista sul comodino...no, meglio decisamente lasciare che la ragazza mantenesse intatta la sua prima impressione di decoro e pulizia.
L'ampio, comodissimo divano di pelle sarebbe andato benissimo...
E difatti, con un "Uhm!" soddisfatto, lei ci si gettò a capofitto.
Si sedette, accavallando le gambe e portando le braccia dietro la testa.
Dopodichè si stiracchiò con evidente soddisfazione.
Il suo pallido corpo minuto si tese, rivelando una piccola porzione di pelle color madreperla tra i jeans scuri e la canottiera.
Giorgio si diresse immediatamente verso di lei.
"Vuoi darmi la tua giacca?" chiese, cercando di controllare l'eccitazione chiaramente percepibile nella sua voce.
Lei gli rispose non con le parole, ma con le azioni.
Sorridendo, si levò il cappotto nero in pelle e lo lanciò nella direzione dell'uomo.
Giorgio lo afferrò al volo e lo appoggiò il più attentamente possibile su una delle due sedie in metallo del tavolo del soggiorno.
Poi, ritornò rapidamente da lei.
La ragazza non si era mossa dal divano.
Seguitava a fissarlo, sorridendo in silenzio.
Le gambe incrociate, con il piede destro che dondolava a mezz'aria.
Le braccia ripiegate dietro la testa.
Una visione.
Provocante, eppure così sicura.
Così controllata.
Illuminata dalla luce che filtrava dall'enorme lucernario sopra di loro, con il ticchettare ritmico della pioggia sul vetro, pareva la scena di un film di cui lei conosceva a memoria il copione.
Giorgio le si sedette di fianco, incantato.
Il divano cigolò e si flesse leggermente sotto il peso combinato dei due.
"Sai" disse lei rompendo quel silenzio irreale "Non so davvero se soffro il solletico..." quelle parole, così insinuanti, fecero partire un brivido lungo la schiena dell'uomo.
Lui la fissò, la pancia scoperta, i fianchi tesi, le ascelle lasciate completamente esposte dalla conottiera nera.
Una meraviglia.
"Davvero?" fu l'unica cosa che riuscì a dire.
"Davvero" confermò lei. E Giorgio non fu più in grado di dire se fosse insinuante o realmente sincera.
E nemmeno gli importava.
Un impulso improvviso gli fece prudere i polpastrelli e le sue mani partirono all'attacco.
La figura aggraziata della ragazza tutta nera e tutta bianca rimase sorridente ed immobile davanti all'assalto, quasi a incoraggiarlo.
Non che ce ne fosse bisogno.
Le mani di Giorgio si tuffarono su quei fianchi snelli e perfetti.
Li strinsero, li stimolarono, li solleticarono.
Lei chiuse gli occhi, si morse le labbra, si dimenò, provò a resistere.
Inutilmente.
Le frenetiche dita dell'uomo abbatterono la sua resistenza come un'accetta abbatte un alberello.
"AhahahahahAH..pIAaaaNooooooooooo!" strillò la ragazza esibendosi nella risata più pura ed inebriante che lui avesse mai sentito.
Pure, non scappò, nè abbassò le braccia.
Giorgio non accennò a diminuire il suo attacco.
Le sue dita correvano come impazzite lungo i fianchi della ragazza.
Sentiva le sue costole scorrere sotto i polpastrelli, il tessuto leggero della sua canottiera strusciare sulla candida pelle sottostante.
Ed era meraviglioso.
"IhHhhihiHHHI...ok..ok..ok..lo soooffroooooo!" constatò lei semplicemente, agitando la testa a destra e a sinistra.
Giorgio sogghignò.
"Davvero?"
Tuffò le mani sulla pancia scoperta della ragazza e prese a vellicarla insistentemente con le unghie.
"Siamo sicuri? Siamo davvero sicuri?" la stuzzicò.
Lei si esibì in una smorfia che poteva essere di derisione, ma forse era solo dettata dalla sofferenza.
Continuando a mantenere le mani sulla nuca, gettò indietro la testa e trattenne il respiro, mentre le mani dell'uomo si tuffavano sotto la sua canotta.
"Sai...è inutile che resisti.." continuò a provocarla Giorgio, le dita che insistevano sull'ombelico.
"Uuuuuuuuh..." mugulò lei.
Da quella posizione Giorgio non era in grado di vederla in faccia, ma poteva scommettere che fosse una maschera di risate a stento trattenute.
Fantastico.
Inebriante.
Ma non gli bastava.
Voleva risate a crepapelle.
Voleva bere ancora da quella fonte pura che erano le risate che le sue mani riuscivano a strapparle.
Afferrò le anche della ragazza con entrambe le mani ed iniziò a pinzarle, quasi fosse un granchio con le sue chele.
"IihHaaaaaaaAAhaaHaHaHaH!"
Ed ecco nuovamente quella debole resistenza infranta.
Ecco quelle risate, così belle, così fresche.
Ecco quel piccolo, flessuoso, mirabile corpo che si contorceva sotto il suo tocco.
Giorgio provò il desiderio di saltarle addosso, di bloccarla sotto il suo peso, di lanciarsi un attacco furioso...ma si trattenne.
Pesava probabilmente il doppio di lei, non voleva schiacciarla nè tanto meno spaventarla.
Ma questo non voleva dire che non volesse farla soffrire...
Interruppe momentaneamente il suo assalto e fissò la ragazza come un falco fissa la preda.
Lei ansimava e tremava, come scossa da brividi.
Ogni tanto, ancora ridacchiava.
Poi abbassò la testa e lo fissò di rimando.
Sorrise.
Giorgio sorrise a sua volta.
E partì con uno spietato attacco di solletico sotto le ascelle.
"AHAhahahahahahaAHHA..noohhooHOOOOO!" urlò la ragazza.
Stavolta il suo autocontrollo non bastò.
Le sue dita incrociate dietro la testa cedettero e lei abbassò le braccia, premendole forte contro i fianchi.
Così facendo, però, intrappolò involontariamente le dita dell'uomo proprio dove lui le voleva.
"Ahahaha...nOHoNonoNoNOnONO!" gridò divincolandosi e provando a scappare.
"SiIsiSisisisisisi!" la prese in giro Giorgio senza rallentare un secondo.
Le sue dita grattavano e grattavano, solleticando senza pietà, sentendo quella pelle così pallida e sensibile fremere e tremare.
La ragazza si rovesciò su un fianco, adagiandosi sul divano come una sirena intrappolata in una rete.
"AhhaahBASTaBastaBASTAaaaAAAAAA!" implorò con le lacrime agli occhi.
E Giorgio, pur se controvoglia, pur preferendo continuare all'infinito, si fermò.
Voleva darle respiro.
Darle una pausa.
Non voleva certamente sfinirla subito.
Ritrasse le mani e la guardò riprendersi.
Lei rimase riversa sul fianco, il ventre che si abbassava e si alzava come un mantice.
La testa pareva avviluppata dalla massa nera e disordinata dei suoi capelli.
Li spostò di lato con gesto aggraziato, svelando il viso pallidissimo e sconvolto dalle risa.
"Eh...ok..." deglutì "Pare ufficiale. Soffro il solletico."
"Così pare" confermò lui con un enorme sorriso. "Ma non è facile fartelo...non stai ferma!"
"E non starò ferma!" ribadì lei con tono fermo ma gentile.
Non ci fu bisogno di altro.
L'ovvia implicazione delle parole di Giorgio era che bisognasse tenerla bloccata in qualche modo...ovvero legarla.
Lei lo aveva immediatamente capito.
E aveva subito declinato l'offerta.
Gentilmente, ma in maniera ferma.
Per un attimo, l'entusiasmo parve fuggire dal corpo di Giorgio come il calore fugge dal corpo di un morto.
Per un attmo pensò di avere rovinato tutto.
Di essersi fatto trasportare e di avere esagerato.
E così facendo, di averla persa per sempre.
La guardò, quasi in cerca di rassicurazione.
E il suo sguardo ed il suo sorriso erano rimasti immutati.
Senza bisogno di parole la ragazza tutta nera e tutta bianca gli aveva detto tutto.
No, non si sarebbe fatta legare.
Ma sì, si stava divertendo.
Non se ne sarebbe andata.
Non l'aveva persa.
Da che gli era parso di morire, Giorgio si sentì rinascere.
Non sarebbe finita lì.
Anzi, era appena iniziata.
E a riprova di questo, lei si rimise a sedere.
E ad armeggiare coi suoi scarponi.
"Allora" commentò allegramente mentre l'uomo seguiva attentamente ogni sua mossa. "Abbiamo stabilito in maniera ufficiale che soffro il solletico" ripetè slacciando le cinghie dello stivale destro.
"Soffro il solletico lungo i fianchi" elencò slacciando le cinghie dello stivale destro
"Soffro il solletico sulla pancia" continuò sfilando lentamente lo scarpone sinistro
"Soffro il solletico sotto le ascelle...e tanto!" concluse levando lentamente lo scarpone destro.
Sotto non portava calzini.
Le sue piccole, pallide estremità, liberate dal cuoio, parevano risplendere alla luce fioca del tardo pomeriggio.
Giorgio si perse nella contemplazione di quelle piccole meraviglie.
Il dorso bianco, le dita piccole ma affusolate.
Il delizioso contrasto con lo smalto nero.
"Ma..." coninuò lei, alzando con deliberata lentezza le gambe e raccogliendole al petto.
"Non so ancora nulla su una cosa..."
Lasciò la frase in sospeso, lasciando che Giorgio ammirasse a bocca aperta quelle morbide, pallide, splendide piante.
Non un callo, una grinza, una sigola imperfezione ne intaccava lo splendore.
"Non so ancora" riprese lei "Se soffro il solletico sotto i piedi..."


Tickled to DeathWhere stories live. Discover now