Aprii gli occhi a fatica. Erano già quattro giorni da quando era cominciata quella vacanza, tutto ciò che mi impegnai a fare fu sistemare il giardino, fare braccialetti di grano con quello che cresceva lungo il tratturo e tenere d'occhio i miei cugini: Filomena e Filippo, due gemelli differenti in tutto, Valerio, il più grande e Mario, il più piccolo. Loro impegnavano tutte le mie ore pomeridiane.

A tavola c'eravamo quasi sempre solo io, mia mamma e mio papà. Monica era fuori quasi ogni giorno e rientrava tardi la sera. Spesso la sentivo confabulare al cellulare qualcosa con un ragazzo, e quando tornava verso le due di notte sentivo il rumore dei motori di una macchina sportiva.

Per i miei era normale, era grande. Ero io la piccola di casa, la sarei stata per sempre e per quanto dovesse piacermi come cosa, in realtà, non riuscivo a uscirne. Ero come intrappolata in una gabbia troppo stretta, come se indossassi vestiti troppo piccoli e mi stessero strozzando.

«No, bambini, oggi verrete con me.» Contestò mia zia, uscendo dalla cucina. I suoi quattro figli la seguirono come un branco di pulcini.

«Ma mamma! Oggi trasmettono il nuovo film di Captain America in tivù!»

«E io voglio usare i miei nuovi braccioli in piscina!»

«Oggi io e Ilaria volevamo giocare con le bambole!»

E Mario si limitava saltare e muovere le braccia spasmodicamente.

Mia zia li guardò tutti e quattro, le braccia flesse sui fianchi e le sopracciglia arricciate verso il basso a incupirle lo sguardo. Provò a zittirli, ma loro presero a sovrastarsi a vicenda con lamentele e piagnistei.

«Zia, zia, zia...!» M'intromisi. Tutti i loro occhi saettarono su di me, come se fossi un miracolo. «Vedi... vedi che i bambini possono restare con me, non c'è problema...», ammiccai un sorriso gentile.

«Ma no, Isa... è estate anche per te... perché non esci? Non mi sembra giusto tu debba restare segregata in casa per dare una mano a me.» Mi accarezzò il braccio, «E poi li stai viziando troppo.»

«E dai!»

«Mamma!»

«Non è vero!»

Ricominciarono daccapo.

«Zia, non ho piani per 'sto pomeriggio. Non mi dispiace restare con loro, mi diverto, veramente. Mi fanno compagnia.» Li guardai uno ad uno, i loro occhi a scintillare speranzosi.

«Isa, ne sei sicura?» Sollevò le sopracciglia appena, il tempo per dipingere il suo tentennamento e farmelo vedere.

«Sì, stai tranquilla.» Annuii, rassicurandola.

Quindi, dopo l'ora di pranzo, mentre mi gustavo dei fichi, i miei e i miei zii si prepararono e uscirono per andare in paese. I miei cugini erano raggruppati accanto alla piscina, con giochi e gonfiabili a forma di ciambella e anguria.

«Allora, Isa, noi andiamo. Tu rimani qua?»

«Sì, sì, tranquilli. Li tengo d'occhio io.»

Mi salutarono, uscirono dal cancello di ferro chiacchierando: mia madre e mia zia con dei vestiti a vento colorati e floreali, mio padre e mio zio con dei bermuda corti e monocolore e camicette raffinate.

Bevvi della limonata, la servii ai miei cugini, raccomandando loro di bere piano e non sporcarsi. Passai le prime ore del pomeriggio a rilassarmi su una sedia, un taccuino ricamato con su scritti i miei pensieri giornalieri e il sottofondo dei grilli mischiati alle cicale che suonavano a fischiavano forte per tutto il giardino. I bambini ridevano, gridavano ed io ogni tanto li ammonivo con un sorriso.

Alla ricerca dell'albaحيث تعيش القصص. اكتشف الآن