Capitolo 10 - pt 1

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Ricambiai e gli baciai la fronte.
«Manuel?» lo chiamai serio «Mmh?» mi guardò di nuovo «Sbaglio o non ci sono più i rumori di prima?» domandai preoccupato.
Lui mi guardò serio e il suo viso divenne di nuovo spaventato. Lo spostai e mi alzai, avvicinandomi alla porta. Appoggiai il mio orecchio su di essa, ma non c'era nessun rumore. Era tutto fin troppo silenzioso.
Aprì la porta con la chiave, ma prima che potessi spalancarla fui fermato da Manuel «No, ti prego. Non andare, non lasciarmi qui da solo. Ti prego» i suoi occhi si riempirono nuovamente di lacrime.

Chiusi di nuovo la porta e lo abbracciai forte «Non preoccuparti, torno presto. Tu rimani qui, okay?» gli baciai i capelli e lo staccai poco dopo.
Gli sorrisi e uscì dalla stanza che chiusi subito dopo.

Mi guardai intorno, tornando serio e rimettendo quella maschera da finto duro.
Cercai mio padre e Kevin in ogni angolo di quel piano, ma non c'era traccia di loro. Perciò scesi al piano terra.
Trovai mio padre sul divano. Aveva una bottiglia di qualche liquore in mano e l'alito che puzzava di esso stesso.

Si era ubriacato dopo aver fatto a botte con l'altro, ma se lui era qui, Kevin dov'era?

All'improvviso sentì dei rumori provenire dallo scantinato, ma smisi di allarmarmi pensando che sotto c'era JJ. Magari stava dormendo o gli faceva male la schiena.

Tornai alle ricerche disperate di Kevin, ma non lo trovavo da nessuna parte. Era impossibile che fosse sparito, perciò cercai di seguire le tracce della lotta avvenuta fino a poco prima.
Partì fuori dal mio ufficio, esattamente come mi aspettavo e si allungavano ovunque.
Non ci avevo fatto caso, probabilmente ero troppo preso dal capire se anche io stesso ero in pericolo, ma c'erano impronte ovunque a causa del sangue.

Tutto portava allo scantinato. Le goccioline di sangue, la terra dei vasi rotto, l'acqua dei sottovasi. Tutto.
Perfino i rumori che provenivano da sotto erano aumentati. A volte si stoppava e poi ricominciava dopo un minuto spaccato. Sembrava in loop.

Decisi di scendere a controllare se stesse bene. Kevin poteva aspettare, non era importante trovarlo. Magari era uscito dopo il litigio con mio padre, anche se più che una semplice lite, sembrava che un uragano avesse attraversato casa nostra.

Aprì la porta dello scantinato e subito quel clamore si stoppò.
Scesi alcuni dei pochi gradini che c'erano e mi fermai davanti alla seconda porta. Adesso quei suoni che erano ricominciati, avevano un senso. Li sentivo più nitidi e chiari.
Misi il piede su un altro gradino e fermai subito sentendolo cigolare.
Poi, una voce mi gelò il sangue.
«Mi fermo, perché ho sentito un rumore. Non credere che io abbia finito.»

Kevin era lì. Kevin era lì dentro a torturare Joshua. Ecco il perché non lo trovavo, il perché le tracce portavano a qui ed ecco il perché c'erano dei frastuoni che provenivano proprio da qui.

Mi immobilizzai. Non sapevo cosa fare. Una parte di me voleva entrare dentro e dargli il colpo di grazia, in modo da togliere per sempre Kevin dalle nostre vite. L'altro lato di me, invece, aveva paura e voleva dimostrare che non ero un debole come pensavano.

Rimasi fermo a decidere cosa fare, mentre lo strazio di JJ andava avanti. Sapevo di dover scegliere in fretta, ma non ci riuscivo.

«Ooh, bambino. Piangi per così poco?» disse Kevin e potei sentire il sangue ribollire nelle mie vene.

Dai suoni che emetteva JJ, era molto probabile che quell'idiota si stia divertendo a negargli l'orgasmo.
Era una delle sue cose preferite. Adorava fare ciò. Sapevo con certezza che lo adorava. Ci ero passato anch'io. Il suo scopo era ridurti allo strazio, vederti svenire mentre lui ancora si divertiva a giocare col tuo corpo, per poi lasciarti stare e tornare appena ti risvegli, in modo da portare avanti e peggiorare quella agonia.

RibelleWhere stories live. Discover now