I

20 2 0
                                    

«Capitano, questo mare è incontrollabile! Dobbiamo fare qualcosa al più presto!»

Le parole dell'uomo volavano come il vento che si imbatteva contro le vele che erano tese come le corde di un violino. Sembrava l'inferno risalito in superficie, una rabbia antica che si sfogava. Il capitano, posto dinnanzi sul timone, fissava l'orizzonte, oscurato dalle nuvole che buttavano l'acqua come le lacrime di una giovane che ha appena perso il suo amato. Non sembrava temere quella tempesta anzi, ne era quasi divertito.

«CAPITANO! DEVI FARE QUALCOSA ADESSO O MAI PIÙ!»

Doveva? Combattere la tempesta e rischiare la morte sua e del suo equipaggio? No, non lo avrebbe permesso. Il capitano portò lo sguardo su coloro che lo accompagnavano da anni, lo sguardo misto tra lo spaventato e lo spaesato.

«Ascoltatemi bene, perché sarà una volta sola che lo dirò. Voi volete combattere la tempesta, ma io dico invece di accompagnare i movimenti delle onde! Chiudete le vele, seguiamo la corrente! Dobbiamo riuscire ad uscirne illesi, senza alcuna morte! Allora, siete con me? Sapete che non abbiamo mai perso contro il mare, e neanche stavolta! Vinceremo adesso, ed anche in futuro!»

Ogni sua parola fu come la calma della vittoria, una luce che spezzava l'oscurità. Sebbene in pochi furono dubbiosi, altri urlarono speranzosi, spinti dalla vita. Scattarono come formiche, ognuno con il ruolo avuto. Chiusero le vele, e la nave partì, prendendo sempre più velocità. La presa dell'uomo era ferrea, decisa. Sembrava una danza con la morte, qualcosa mai visto. Fino a che, la vedetta urlò che a poca distanza, si stava innalzando un onda tanto grande che poteva inghiottire tutti. L'uomo, rifletté attentamente il da farsi, trovando una soluzione.

«Ascoltatemi bene. Al mio grido, solo al mio grido, aprirete le vele. Cavalcheremo l'onda, e la salteremo! Non voglio obbiezioni, solo un SI CAPITANO!»

L'equipaggio urlò in approvazione, mettendosi in posizione ed aggrappandosi alla ringhiera.
Più l'onda si avvicinava, più la nave prese ad inclinarsi. Sempre di più, sempre di più fino a che, al suo grido, le vele si spalancarono, prendendo man mano sempre più velocità. Divenne verticale, l'equipaggio urlare terrorizzato e il capitano fermo, mantenendo la rotta. Poi, la punta spezzò la cresta dell'onda, salendoci sopra e scendendo velocemente.

«CHIUDETE LE VELE! ANDREMO VELOCI!»

Così fu. Si chiusero le vele, la nave che prese sempre più velocità, fino ad uscire dalla tempesta, il quale il sole lo accolse nel suo calore.

Tutti celebrarono, si abbracciarono felici, e fu sempre il capitano a prendere parola.

«Oggi abbiamo vinto contro la natura ancora una volta! E sappiamo tutti cosa significa. FESTEGGEREMO!»

La sola parola "festeggiare" fu musica per le orecchie dell'equipaggio. Significava scendere su terra ferma, mangiare cibo locale e dormire su veri letti e non brandine. Tutti continuarono a cantare, a mantenere la rotta mentre, facendosi dare il cambio dal navigatore, il capitano andò a riposarsi nella cabina. Era un po' confusionaria: il letto da una piazza e mezzo sistemato all'angolo con le coperte spostate in fondo, la scrivania coperte da mappe, l'armadio aperto. Pure il punto in cui si dava una pulita, a causa della tempesta, era messa in casino. Non era il massimo dell'ordine. Una volta che si chiuse la porta alle spalle, il suo sguardo divenne stanco, il corpo pesante. A fatica, si trascinò sul letto, buttando a peso morto col volto che andò ad affondare nel cuscino. La pelle ambrata trasmetteva anni di viaggi in mare, le varie cicatrici dicevano di battaglie vinte. Con movimenti lenti, si mise a pancia all'aria, il braccio destra che andò a coprire gli occhi scuri come la prima notte, che portò le palpebre a chiudersi. La barba, che di solito era corta, dava il chiaro segno che non la tagliava da mesi. Forse era il caso che la tagliasse una volta a terra. Stava per crogiolare nel sonno, quando il bussare alla porta lo fece ritornare alla dura realtà. E sapeva bene chi avesse bussato.

«Kyle, mica ti starai addormentando? Eddai, gli altri stanno festeggiando!»

«Sai bene che non sono uno che festeggia John. E sono notti che faccio lo stesso identico incubo.»

Il giovane lo guardò col solito sorriso raggiante. Era poco più giovane di Kyle. Kyle ne aveva a malapena trentacinque, mentre John solo trenta. I capelli biondi ricordavano l'oro nascosto nella neve, gli occhi il cielo senza nuvole. Si avvicinò all'uomo disteso, sedendosi al suo fianco ed accavallando con eleganza la gamba sull'altra, incrociando le braccia.

«Lo so lo so, ma vogliono comunque ringraziarti. Solo tu sai trovare soluzione migliore. Comunque, parlando di cose serie, è ancora quel ricordo che ti tormenta? Credimi, una volta trovato quel tesoro tutto si risolverà, davvero.»

Riusciva sempre a vedere il bello in ogni cosa. Era una cosa che Kyle invidiava molto. L'uomo, in tutta risposta, emise un lungo e sonoro sospiro, portando il corpo a sedersi. Si passò una mano lungo i capelli corvini, lo sguardo che andò contro il suo.

«Forse hai ragione John, lo spero davvero. Ci devo riuscire, o questo viaggio è stato invano. Sei davvero un ottimo amico.»

Amico. Per un breve momento John assunse un espressione più cupa, più triste. Ma era stato un momento, perché torno raggiante e solare.

«Hey, dopotutto ti ho trovato io. Quindi non ringraziarmi e lodarmi. Lo so che sono fantastico.»

Kyle sorrise appena, appena percettibile, quando fu la vedetta ad annunciare la terra. Kyle di conseguenza si alzò, avviandosi verso la porta. Prima di uscire, si voltò verso John, che stette ancora seduto sul letto.

«Oh tranquillo, ti raggiungo. Te vai dagli altri non ti preoccupare davvero!»

Questo fece stare tranquillo Kyle che, con un cenno di testa, uscì, chiudendo alle spalle la porta. Quando fu solo, John divenne serio, gli occhi che divennero un po' più scuri. I gomiti andarono a posarsi sulle gambe, il mento che si posò sulle mani che si unirono fra di loro, fissando il vuoto.

«Amico... Sono stanco di essere tuo amico Kyle. Io ti amo, ma tu sei troppo preso da questa follia. Un giorno sarai mio. Oh sì che sarai mio, ci puoi scommettere tranquillamente...»

𝐀 𝐬𝐭𝐨𝐥𝐞𝐧 𝐥𝐨𝐯𝐞Where stories live. Discover now