Boxe: capitolo chiuso

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I giorni erano trascorsi veloci, da quel pomeriggio sulla spiaggia di Marausa. Erano stati giorni di baci ripetuti, cercati, mischiati al bagliore riservato della luna. Giorni che avevano soffiato via, con il loro continuo sorgere, pregno di una felicità piena e straripante a loro prima sconosciuta, le solite tribolazioni. Erano capaci di medicare i bolli del passato, quelle occasioni d'amore lasciate a briglie sciolte.

Diego accostava la schiena delicata di Greta ai muri e, con le mani che le carezzavano il mento, respirava tutto il suo fiato. Era il suo modo per sentirla vicina, ancora più vicina, soffio leggero, unico nutrimento di vita. Greta lo lasciava fare, lasciava che la guardasse come aveva sempre sognato. La testa alta, gli occhi fermi e bellissimi, che non la abbandonavano mai, e che lei continuamente cercava. Tra la folla, al buio, tra i suoi stessi capelli.

Eppure, c'erano momenti nei quali i mondi di Diego e di Greta sembravano ai loro stessi occhi occupare distanze siderali. Uno di quei momenti fu la sera dell'incontro di boxe organizzato da Vincenzo Gargiulo, al budello della periferia di Trapani.

"Tanto me lo ricordo, quel posto". Greta glielo aveva detto per sfida, da ingenua. Invece, quando ci furono dentro, rabbrividì: la periferia di Trapani, ingoiata dalla notte, sembrava essersi trasformata in un labirinto senza uscita. In quella zona della città, che il sole, passato il tramonto, aveva reso gentile e ospitale per quanto grezza e sinistra, Greta c'era stata una sola volta - quella volta, quando le era parsa disperata ma gentile: troppo poco per poterla battere palmo a palmo con sicurezza. Di conseguenza, concluse ora che si trovava lì, senza di lui si sarebbe sicuramente persa.

Non c'erano indicazioni, laggiù, che portassero alla palestra di Vincenzo Gargiulo (ma si chiamava, poi, davvero così: Vincenzo Gargiulo?); né passanti, ai quali chiedere aiuto. E se anche avesse incrociato qualcuno tutta sola - ammise -, si sarebbe ben guardata dall'intrattenersi con un estraneo, perché quel labirinto proprio non le piaceva. Era la periferia, d'altronde: in periferia, le era stato insegnato, i guai sono assicurati; quindi, meglio starne alla larga. Ma come non seguire uno come lui, andasse anche dritto all'inferno? Così, proprio com'era accaduto il giorno della Processione dei Misteri, Greta tornò in quel budello un passo dietro a Diego. Felice di averlo con sé.

"Mi ripeti perché ho accettato di portarti qui?". Il ragazzo la guardò storto.

"Perché sono stata invitata, se ben ricordi".

"Risposta sbagliata: sono stato obbligato".

"E che differenza fa, scusa?".

Lasciarono il fuoristrada due incroci prima, vicino all'ingresso secondario di un magazzino, controllato da fotocellule per la video-sorveglianza. "Vuoi che ce la facciamo a piedi, fino alla palestra?".

"Ovvio. Qualche problema, signorina?".

"Nessun problema, solo che... Niente, andiamo".

Se c'era una cosa sulla quale Greta sarebbe stata tranquilla, era che il luogo più sicuro dove lasciare un'auto, lì attorno, fosse proprio il budello. Dove Gargiulo aveva pieno controllo di cose e persone. Ma, si disse, di certo Diego aveva le sue buone ragioni per agire in quel modo. Inutile contrariarlo.

Il salinaro s'incamminò e la ragazza gli corse dietro. Una volta raggiunto, gli si appese a un braccio. Il borsone, che Diego teneva dall'altro, fece da contrappeso e le due figure oscillarono come ubriache tra i cerchi di luce che i lampioni proiettavano verso il basso, a chiazze regolari, macchiando l'asfalto bucherellato che s'allungava di fronte a loro.

Greta parlò per rompere il silenzio inquietante che li circondava e chiese, timida: "Sei nervoso?".

"No. Commosso sono". Diego tirava dritto, con passo deciso. In effetti, era calmo e insolitamente sereno. Passarono il primo incrocio, senza vedere anima viva.

Oru biancuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora