chapter 3

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Erano le quattro e quarantacinque del mattino.
Elvereth si era lavata, vestita e pettinata con cura, non era stata un'ardua impresa visto che non aveva chiuso occhio. Aveva scelto un abito semplice, color un blu oltremare, dalle maniche lunghe e bianche la cui stoffa le arrivava fino alle ginocchia. Prese un mantello per coprirsi e lasciò la sua stanza. Si era assicurata che tutti dormissero prima di uscire dalle cucine, anche se sapeva che solitamente la giornata iniziava alle sette, non voleva brutte sorprese. Si diresse frettolosamente alle stalle con il cuore che scalpitava nel petto.
Entrò e chiuse svelta il portone che emise un leggero cigolio. L'aria calda e l'odore del fieno la riscaldarono un po' di più, ma non come la voce che sentì subito dopo.
«Siete in anticipo» si girò velocemente e vide Salinar appoggiato al recinto di uno dei cavalli.
Indossava una camicia grigia e dei pantaloni che ricordavano la corteccia di un albero, mentre i piedi calzavano due paia di stivali usurati.
«Buongiorno anche a voi» gli sorrise lei.
«Devo ammettere che ero tentato di non venire... avevo davvero troppo sonno, ma poi ho pensato alla vostra espressione delusa nel non trovarmi qui e non trascorrere del tempo insieme» sospirò con fare teatrale.
«Sono stato costretto a venire» si avvicinò lentamente guardandola negli occhi.
«Per vostra informazione, non sarei rimasta affatto delusa»
«Ah no?»
«No. E poi... non mi va affatto di passare del tempo con voi» arricciò il naso incrociando le braccia al petto.
«Mh, se questo è vero, allora perché vi siete messa tutta in ghingheri?»
«Non mi sono messa in ghingheri!»
«Mi state forse dicendo che nel vostro immenso guardaroba non c'era un altro vestito più semplice?» alzò un sopracciglio sorridendo.
Elvereth sventolò in aria una mano roteando gli occhi.
«Soleila e Selene partono a mezzogiorno, per quell'ora devo essere a casa» spiegò.
«Sarà fatto principessa» Salinar s'inchinò, sempre con fare teatrale.
«Vogliamo andare, dunque?»
«Certamente» Salinar aprì il recinto e fece uscire un cavallo dal manto nero.
«Ecco a voi, principessa» l'aiutò a salire.
«E il vostro cavallo?» gli chiese vedendo che saliva anche lui insieme a lei.
«Ci sono seduto sopra, a voi non dispiace, vero?» Elvereth aprì la bocca per parlare ma la rinchiuse subito dopo.
In men che non si dica, stavano già galoppando verso Fuoconero.

«Ci vorrà ancora molto per arrivare? Saranno due ore che siamo a cavallo»
«Un'ora, più precisamente, e no, non manca molto, tra poco arriveremo alla stazione»
«Prenderemo il treno?» chiese sorridendo, voltandosi verso di lui.
«Sì, a quest'ora non ci dovrebbe essere nessuno, perciò non c'è pericolo che ci vedano insieme» disse lui guardando dritto davanti a sé.
Elvereth guardò le sue mani attaccate alla sella del cavallo, immaginando cosa avrebbe potuto inventarsi se l'avessero scoperta. Poteva dire la verità, ma nessuno l'avrebbe mai presa sul serio. Decise che la soluzione migliore era proprio quella di mentire se fosse stato necessario. Avrebbe potuto dire che... lei e Salinar erano andati a Fuoconero per prendere un regalo ai rispettivi fidanzati e ad entrambi serviva qualcuno che consigliasse cosa prendere. Sì, quello era un bel piano anche se poco credibile in mancanza di prove. Si appuntò mentalmente di parlarne a Salinar una volta sul treno.
Dopo pochi minuti, si trovavano alla stazione di Byestay, a nord-ovest. Non era molto grande, le ricordava una vecchia casa abbandonata in mezzo al deserto, con la sola differenza che questa era in mezzo alla foresta. Salirono sul treno che ogni giorno è per più volte, percorreva tutto il regno.
«Sono due Arumen» disse loro un folletto dai capelli radi e rossi.
Salinar pagò e si sistemò meglio sul
sedile. Il folletto lo guardò con la fronte aggrottata, poi spostò lo sguardo su Elvereth, che indossava il cappuccio per evitare di essere riconosciuta. Improvvisamente, il folletto sgranò gli occhi.
«Voi siete la principessa Elvereth!»
«N-no, io mi chiamo... » pensò velocemente a un nome, e vedendo che il folletto la guardava con sospetto, andò ancora più nel panico.
«Eislin» parlò Salinar, attirando l'attenzione di entrambi.
«Il suo nome è Eislin, io sono Handir» continuò con voce sicura.
«Oh cielo, perdonatemi, vi avevo scambiata per la principessa» rise tra sé, «Come avrò fatto a non capire che siete sposati poi» si picchiettò la testa.
«Sposati?» chiese Elvereth ma il folletto era troppo intento a picchiarsi la fronte con il palmo della mano per sentirla.
Guardò Salinar e lui alzò le sopracciglia con quel suo solito sorrisetto malizioso che gli incurvava le labbra.
«Sì, ci siamo sposati qualche giorno fa» disse lui guardandola.
«Congratulazioni!» esclamò felice il folletto.
«Vogliate scusarmi, non mi sono neanche presentato, io sono Aenor» sorrise, «Allora, come vi siete conosciuti?» Elvereth pensò che alla mattina la gente non era mai del tutto sveglia, Aenor era sicuramente stordito e aveva bisogno di un bel sonnellino.
«Be', è una storia lunga» disse Elvereth cercando di chiudere la conversazione.
«A me piace sentire questo genere di storie, mia cara, sono un romanticone, non posso farci nulla. E poi, il viaggio è lungo, ci vorranno almeno due ore per arrivare a Fuoconero, non c'è mai nessuno con cui parlare a quest'ora» si sedette accanto a Salinar pronto all'ascolto.
«Comincia pure» la esortò Salinar con quel sorrisetto sempre stampato in faccia.
«Ci siamo conosciuti a una festa» cominciò, «Era pieno di gente e tutti ballavano» lo guardò in cerca di aiuto.
Fortunatamente prese lui la parola.
«Appena la vidi non pensai più ad altro e appena potei, andai a parlarle. Indossava un bellissimo vestito blu notte, i capelli biondi intrecciati in un elegante chignon dietro la testa, gli orecchini color fiordaliso... insomma, era bellissima, ma ancora di più lo era il suo viso che sembrava fatto di porcellana, con due meravigliose gemme verdi dalle ciglia nere e folte, incastonate al posto degli occhi e due stupende labbra rosse. Mi innamorai definitivamente, e non appena sentii la sua voce delicata mi sciolsi» non la stava più fissando, la guardava rapidamente qualche volta, la sua attenzione era rivolta ad Aenor, che era in giuggiole con gli occhi a cuoricino.
Elvereth era rimasta a bocca aperta, con le guance rosse per l'imbarazzo. Non capiva se quello che Salinar stava dicendo era vero o se stava raccontando ciò solo per togliere la curiosità e i sospetti del folletto. Se nella descrizione avesse menzionato la catenina dai tre zaffiri che le scendeva sulla fronte, Aenor avrebbe capito subito chi era davvero Elvereth. Le catenine erano usate dalle principesse, mentre le corone, più o meno lavorate, dalle regine.
«Se poi la vedeste quando arrossisce... cielo, è meravigliosa!» esclamò Salinar ed Elvereth riuscì a vedere un lieve rossore anche sulle sue guance.
Non capiva più se era finzione o realtà.
«E per voi signorina? Com'è stato?» ora entrambi la fissavano in attesa.
Deglutì evitando il più possibile di guardare Salinar.
«Quando lo vidi per la prima volta sentii qualcosa nel petto, e quando incrociammo gli sguardi, quel qualcosa si incendiò» cominciò a tormentarsi le pellicine sulle dita.
«La sua voce mi trasmettava sicurezza, e quando ballammo, be', sentii uno sfarfallio nello stomaco. Non avevo mai ballato con nessuno prima di lui, ma so che se mai ballerò con qualcun altro, non mi trasmetterà mai le sensazioni meravigliose che mi ha trasmesso lui» ed era vero, improvvisamente, da quel racconto, si rese conto che stava cominciando a provare un sentimento più profondo per Salinar, nonostante si conoscessero da meno di un giorno.
«È tutto così romantico» Aenor si accasciò sul sedile.
«Non mi avete descritto il vostro primo bacio però» puntualizzò il folletto insistente è ficcanaso.
«Ad Elv... Eislin, piace molto raccontarlo, forza tesoro» le fece cenno con la mano mandandole le guance ancora più a fuoco.
«Il nostro primo bacio...» pensò a come avrebbe sempre voluto che fosse e lo descrisse.
«Era sera ed eravamo in un giardino bellissimo, le stelle brillavano e c'era soltanto la luna ad illuminarci. Stavamo parlando mano nella mano quando all'improvviso Handir si ferma davanti a me, mi prende il viso tra le mani avvicinando le sue labbra alle mie, e poi ecco che mi bacia» sospirò pregando che Aenor non facesse altre domande.
«Sì, è stato un bacio bellissimo» commentò Salinar, sempre con le guance velate di rosso.
«Com'è romantico» Aenor aveva assunto un'aria sognante.
«Tutto questo romanticismo mi ha messo fame. Vado a prendervi qualcosa da mangiare, torno subito» si diresse verso l'uscita come se fosse Cupido in persona.
Elvereth era troppo a disagio per guardare il suo compagno di viaggio.
«Allora, mogliettina, racconti bene le cose eh? Ti ha creduto» rise indicando la porta dalla quale era uscito il folletto.
«Non voglio mai più dire una cosa del genere, è stato troppo imbarazzante»
«Anche per me... perché era la verità» si adagiò sul sedile guardandola attentamente mentre lei sgranava gli occhi.
«La verità? Ma sei impazzito? Non puoi provare davvero qualcosa per me e soprattutto non credo assolutamente che tu mi abbia vista così come mi hai descritta» vedendolo afflosciare le spalle si ammutolì.
«Era davvero la verità?» chiese.
«Perché, tu hai mentito?» replicò lui in tono leggermente deluso.
Elvereth aspettò un attimo prima di parlare.
«No, non ho mentito, ma devo ricordarti che entrambi siamo promes...» Aeron entrò di nuovo nel vagone.
«Tenete, sono appena sfornati» diede a ciascuno degli invitanti pasticcini ripieni di crema.
Quando lo ringraziarono, finalmente se ne andò.
«So che siamo entrambi promessi, ma non puoi negare che ci sia della forte attrazione tra di noi. Ho visto come parlavi prima, eri sincera. Potremmo parlarne con tua sorella e con Yuruk e trovare una soluzione»
«Salinar... ci conosciamo da meno di un giorno, io non ho mai provato sentimenti per nessun ragazzo prima di te, so che ora ci sembra di essere innamorati, ma tra qualche mese o anno? lo saremo ancora?» sospirò.
«Non posso vedere il futuro, ma so che dei sentimenti così profondi non li ho mai sentiti. Credimi, appena ti ho vista ho sentito anch'io quel calore nel petto, e lo sfarfallio nello stomaco mentre ballavamo. Se non ci fossero stati quegli ospiti e se tu mi avessi dato il permesso, ti avrei baciata, Elvereth» le aveva preso le mani e aveva intrecciato le dita con le sue, un gesto così insolito, quanto naturale.
«Dobbiamo dirlo a Narwain e Yuruk» disse Elvereth, «tra qualche giorno però, aspetta che partano Soleila e Selene e che le acque si calmino un po'» lui annuì.
«A tal proposito, se non dovessimo tornare in tempo per la partenza delle Madri Celesti, ho pensato che potremmo inventare la scusa che siamo andati a comprare un regalo per i nostri rispettivi fidanzati e che ci serviva un parere reciproco» Salinar storse appena la bocca ma annuì.
«Sarà meglio comprare qualcosa in ogni caso, potrebbero scoprirci, non dire nulla e poi vedere con calma se diciamo la verità»
«Giusto» il treno fischiò, segno che ormai erano a metà strada.

                               𖥸

Fuoconero era la regione più a ovest di Aranel, ospitava foreste fossilizzate, vulcani e ogni genere di gemma. Le temperature erano molto più calde e l'aria era secca e arida. Nonostante ciò, c'era soltanto un deserto, il Deserto Rosso. Si diceva che Fuoconero possedesse una foresta leggendaria, fatta esclusivamente di rubino. Elvereth sperava che quelle voci fossero vere, le sarebbe piaciuto visitarla. Il castello di Fuoconero era una fortezza in pietra vulcanica nera, costruita ai piedi del Vulcano Aduial. Era in stile gotico, cupo, pieno di torri e merletti.
L'interno non era diverso.
Rampe di scale nere circondavano l'ingresso, lanterne e arazzi riempivano le pareti ricamate d'oro, sul pavimento era disegnato uno stemma - lo stemma di Fuoconero - raffigurante una fiamma nera dai contorni rossi. Salinar guidò Elvereth sulla scalinata alla loro destra, poi lungo tre corridoi e infine, eccola, la biblioteca.
Salinar aprì le porte ad arco e lasciò che la principessa carcasse per prima la soglia.
«Oh» fu tutto quello che riuscì a dire.
Scaffali di mogano, alti fin quasi al soffitto, circondavano l'intera stanza, migliaia di libri dalle copertine variopinte coloravano l'ambiente dandogli un aspetto ancora più antico e prezioso. L'odore di pagine ingiallite e polvere sottile, diede a Elvereth un senso di pace e serenità.
«Seguimi» Salinar le fece strada tra gli infiniti scaffali.
La portò al centro della biblioteca, dove un tappeto rosso rettangolare dava loro il benvenuto. Sopra di esso c'era una lunga teca di vetro. Quando Elvereth si avvicinò sgranò gli occhi e non poté evitare che un sorriso le incurvasse le labbra.
«Questa è l'unica biblioteca specializzata in gemmologia» disse Salinar indicando i libri alle pareti.
«È bellissima»
Lui avanzò verso uno dei tanti scaffali e prese un libro dalla copertina verde.
«Questa è un'enciclopedia» spiegò, porgendogliela «Ci sono tutti i nomi e le origini di ogni minerale e gemma, è grazie a questo che sono un esperto... tieni»
«Salinar... io davvero... »
«Ti prego, prendilo, ti sarà di grande aiuto se vuoi aprirti a questo mondo sotterraneo» le sorrise.
Le ore passavano senza che se ne accorgessero, e loro rimasero seduti, l'uno accanto all'altra a leggere quell'enciclopedia e ad esaminare i campioni nella teca di vetro.

Il Regno di Aranel, le radici del maleWhere stories live. Discover now