CAPITOLO 17

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Guardo l'espressione sul suo viso.
È un misto tra stupore e rabbia.
In una frazione di secondo mi supera, incamminandosi velocemente verso Francesco, che è dall'altra parte della piazza con dei ragazzi.
''Matteo!'' esclamo e tento di afferrarlo per un polso, con scarso risultato.
Accelera ancora di più il passo.
Cerco di raggiungerlo correndo, ma inciampo, ed il nero più totale mi avvolge e mi porta con se.

Cerco di aprire gli occhi, ma sono troppo pesanti.
Ci riprovo, cerco di delineare, mentalmente, i contorni degli oggetti attorno a me, ma vedo come se fossi sott'acqua senza occhialini.
Tutto sfocato, e questa luce, da dove arriva tutta questa fastidiosa luce?
Sento delle voci ovattate, ma non riesco a capire né di chi siano, né cosa stiano dicendo.
Una domanda mi passa velocemente per la mente.
"Dove mi trovo?"
Non riesco ho il tempo di realizzare nessuna risposta, il buio mi riavvolge, come in un abbraccio.

Sento una voce sussurrare nella mia mente.
Ma no. Non è nella mia mente.
"Ilary. Ilary, svegliati" mi ripete.
Sembra disperata, dal tono con cui lo dice.
Finalmente riesco a capire chi continua a chiamarmi disperatamente, è Matt.
La voce si fa sempre più chiara e vicina.
Spalancò gli occhi spaventata.
Matt è di fronte a me, mi tiene la mano.
Noto subito che ha gli occhi arrossati e lucidi, probabilmente deve aver pianto.
"Ehi. Che succede? Dove siamo?" dico guardandomi lentamente attorno.
"In ospedale" risponde.
"E che ci facciamo in ospedale?" chiedo svelta e stupita.
"Bho, vedi te." mi dice indicandomi il letto su cui sono sdraiata. "Sei caduta prima, in piazza, tentando di rincorrermi. Sei inciampata e hai sbattuto la testa a terra. Io e Francesco abbiamo chiamato subito l'ambulanza, ed ora, eccoci qua." continua.
Appena realizzo il tutto, scatto a sedere chiedendo: "Francesco? Dov'è? Gli hai..." dico ma veto interrotta.
"Aspettavamo che ti svegliassi" dice quest'ultimo dal fondo della stanza, avvicinandosi al letto.
"Stai bene?" gli chiedo preoccupata.
"Dovrei farti io questa domanda, non pensi? Ho visto che stavi cercando di fermare Matteo, prima. In un certo senso ci sei riuscita." dice facendomi uno dei suoi migliori sorrisi. "Abbiamo parlato e risolto tutto, durante il viaggio in ambulanza" conclude.
"È tutto okay ora" dice, poi, Matt; che mi sta stringendo ancora la mano.
"Ora vado a dire al dottore che ti sei svegliata" dice mister sorriso, uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.
Guardo Matteo negli occhi "mi dispiace, non avrei dovuto far.." mi interrompe, "ehiehiehi, è tutto okay, tranquilla, abbiamo risolto io Fra. Nessun rancore."

Fra? Dovevo spaccarmi la testa e finire in ospedale per far andare d'accordo quei due? Decido di non dar troppo peso alla cosa, ho un forte mal di testa, e scervellarmi è l'ultima cosa che voglio fare.
"Hai pianto?" gli chiedo mantenendo il contatto visivo.
"Se io fossi caduto e avessi picchiato la testa e venirsi portato con emergenza in ospedale, tu che avresti fatto?" mi chiede a sua volta.
Apro bocca, cercando di rispondere, ma l'arrivo del dottore me lo impedisce.
Diciamo che non voglio far sentire i cazzi miei ad altri.

"Possiamo rimanere soli?" chiede quest'ultimo riferendosi a Matteo, che ancora non mi ha lasciato la mano.
Annuisce serio, mi rivolge uno sguardo dolce e preoccupato come per dire "a dopo, piccola" ed esce.

Leggo velocemente il cartellino sul camice del dottore.
"Gabriele German"
È un uomo sulla cinquantina, con i capelli corti e brizzolati, la barbetta trascurata e gli occhi scuri.
A primo impatto sembra gentile, spero di non dovermi ricredere.
Mi guarda in volto, serio, e mi fa le tipiche domande come nei film quando qualche personaggio fa un incidente.
Ovvero, "come stai?", "sai che giorno è oggi?", "sai dove ti trovi?", "hai dolori in qualche parte del corpo?" e molte altre.
Dopo la raffica di domande e risposte mi da la diagnosi, dovrò rimanere in ospedale per la notte, se non ci saranno problemi, mi dimetteranno domani in mattinata.
Speriamo in bene, non mi sono mai piaciuti gli ospedali.
L'odore nauseante di disinfettante e medicinali, le infermiere dai sorrisi falsi e le lacrime.
Chissà quante lacrime vengono versate ogni giorno in ospedale, per dolore, ma anche per gioia.

Vedendomi sovrappensiero, il dottore esce dalla stanza, consigliandomi di riposare un po'.
"Può far entrare il mio ragazzo, per cortesia?" chiedo un po' imbarazzata, prima che chiudesse la porta.
"Il ragazzo che non ha mai smesso di sorridere quando mi ha riferito che ti eri svegliata?"
"Ehm.. No, quello a cui ha chiesto di uscire prima"
"Ah, okay. Comunque, ragazza mia, si vede chiaramente che, il ragazzo dal sorriso d'oro, ha una cotta per te; e che darebbe tutto per vederti felice"
"Li faccia entrare entrambi" dico sospirando.

Appena li vedo entrare, le lacrime cominciano a scorrermi in viso.
"Mi spiace, non volevo far soffrire nessuno" dico singhiozzando.
Cercano entrambi di rassicurarmi e, finalmente, capisco che quella che sta soffrendo maggiormente, è la sottoscritta.

La confusione nella mia mente è orrenda.
Matteo o Francesco?
Io amo Matteo, i miei sentimenti per lui sono certi, ma Francesco, non so, appena l'ho rivisto ho sentito qualcosa.
Ha già avuto la sua possibilità, è brutto da dirsi, ma è così.
Devo superare questa cosa, la nostra relazione, non voglio che tutto questo condizioni il mio futuro.

Fortunatamente mi hanno dimessa in mattinata.
Elena ha passato tutta la notte in ospedale con me, sarà esausta ora.
Appena varco la porta di casa, o meglio della casa di Francesco, mi sento finalmente meglio, mi sento libera, l'ospedale mi opprime.
Mi infastidiscono le persone che stanno troppo addosso come, ad esempio, le infermiere, capisco che è il loro lavoro, ma scollati un attimo.

Vado dritta in camera ad attaccare il cellulare in carica, è praticamente defunto da ieri pomeriggio.
Mi sdraio sul letto e lo riaccendo, mi arrivano centinaia di messaggi e notifiche di chiamate perse.
Rimango circa un'ora e mezza a rispondere e richiamare tutti,compresa mia madre.
Era molto preoccupata, l'ho notato dal tono con cui parlava quando eravamo al telefono.
Mentre lei a momenti piangeva, io ero impassibile e rispondevo, come mio solito, a monosillabi.
Ho pensato molto, prima di richiamarla, ma d'altronde rimango sempre sua figlia.

Rimango a fissare il soffitto in cerca di un segno, in cerca di qualsiasi cosa.
D'un tratto, la porta si apre lentamente.
"Ehi, ti va di andare a fare un giro in spiaggia?" mi chiede, sorridendo come un bambino il giorno di Natale.

SONO TORNATAAA
Scusate per l'attesa, pupazzetti.❤
Ho finito ieri lo stage, ed oggi ho preso un giorno di sciopero personale, lol.
Ecco, finalmente il diciassettesimooo.
La prassi la sapete, lasciate una stellina ⭐ed un commento se vi piace questo capitolo e se vi piace questa storia condividetela con ogni essere vivente.
Spero che ne sia valsa la pena attendere❤❤

Metterò una canzone random per qualche capitolo d'ora in poi, lasciatemi nei commenti qualche titolo se vi va❤

~If you can dream it, you can do it.~||CrookidsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora