Non spostai nessuno specchio, ma piuttosto seguii il corridoio e decisi di andare a destra, perché a sinistra probabilmente avrei trovato altri vetri di altre camere, vista la planimetria dell'edificio. Ovviamente questo luogo non esisteva all'interno della mappa che avevamo studiato, nascosto e creato come facile passaggio fra le camere, usato per chissà quale scopo. 

«Arya, l'hai sentito?». Sussurrò Ximena e io mi immobilizzai, aguzzando le orecchie per captare il minimo rumore. 

Ed effettivamente lo sentii, una specie di grido attutito da qualcosa, di una persona presente in una delle camere del corridoio di sinistra. Buttandole uno sguardo preoccupato seguii il rumore, che mi portò davanti ad uno dei tanti specchi, e mi chiesi chi avrei trovato dietro di esso. Spinsi con la mano sulla superfice laterale e lo afferrai prima che cadesse in avanti, frantumandosi sul lavandino. Mi protesi in avanti e lo poggiai a terra, con un balzo saltai fuori dal cunicolo e atterrai sul tappeto che per fortuna attutì il rumore. 

Ximena mi seguì, anche se meno agilmente, e sgranò gli occhi quando vide la persona legata al letto, imbavagliata e con ancora la camicia da notte. Le si avvicinò correndo e con la magia spezzò la catena nera che la teneva bloccata. «Nezha! Stai bene?».

Lei annuì e si sfiorò il polso rosso con le dita. La sua espressione era piena di furia. «Quello stronzo! Appena lo trovo lo sciolgo vivo!».

«Di chi stai parlando?». Le chiese la sorellastra.

Mi avvicinai alla catena e quando la sfiorai riconobbi subito, grazie al colore e al tatto, che pietra fosse. Era una catena di ossidiana nera, molto pericolosa per i demoni, seppur non recasse alcun danno fisico al contatto, a differenza di altre che bruciavano la pelle istantaneamente. 

«È ossidiana nera». Al mio basso mormorio, lo sguardo delle sorelle si alzò su di me, ma solo Ximena capì. In qualità di strega, dopo aver studiato, era probabile che ne avesse sentito parlare visto che veniva usata in molti riti in antichità. 

Nezha mi incitò a spiegare. «L'ossidiana nera è un potente talismano che viene creato grazie al rapido raffreddamento della lava. Viene usato dalle streghe come scudo protettivo per la propria mente poiché è in grado di sigillare l'aura demoniaca, blocca qualunque loro potere a parte la forza elevata e trasforma gli ibridi in niente di più di semplici umani. Vi tiene a bada, in parole povere».

«Kyran mi ha rapita stanotte. Mi ha baciata, mi ha fatto credere che... ci ho quasi creduto! Che stupida che sono!». La delusione nella sua voce un po' mi spezzò il cuore, perché era simile alla mia di molti anni prima. «Mi ha legata e mi ha spiegato cosa sarebbe successo nelle prossime ore, perché stava per cambiare tutto. Ha detto che Denholm ha ordinato di legarmi e impedirmi di scappare, che lui sa che sono la figlia di Azazel e che per questo vuole da noi due un bambino, così che possa crescere un ibrido e averlo sotto il suo controllo. Ha ammesso di essere innamorato di me e che mai avrebbe voluto questo, ma che non ha altra scelta se non fare ciò che suo zio gli ordina. Sono zio e nipote, capite?!». Era sconvolta. 

Lo eravamo tutti, sconvolti. Dischiusi la bocca per parlare, ma non riuscii a dire niente perché era tutto assurdo. «Comincio a capire che cosa voglia realmente Denholm Cox».

«Dove sono gli altri?».

Ximena chiuse gli occhi. «In gita. Li ha portati via appositamente, che gran bastardo. Siamo rimasti solo noi tre, Dan, Nivek e Melville, anche se non ho idea di dove siano e se sappiano...». Aprì gli occhi castani e mi fissò preoccupata.

«Allora ci saranno anche Honey e Jessamyn. I partner non si separano per nessun motivo». Nezha storse il naso. 

Mi portai le dita alla tempia e imprecai. Con quattro umani in giro per l'istituto era tutto più complicato, dannazione. Mi irrigidii quando sentii dei passi provenire dal corridoio e un brivido alla nuca scendermi fino alla spina dorsale. Qualcuno ci stava raggiungendo. 

Feci segno alle due sorelle di appiattirsi verso il muro a destra e io mi poggiai sul muro a sinistra, cercando di non farmi vedere da chiunque stesse uscendo dal buco. Il familiare odore di miele arrivò troppo tardi alle mie narici, perché io mi ero già buttata addosso a quella persona e lo avevo già spinto verso il muro, usufruendo del braccio per bloccargli il flusso di ossigeno con una pressione non delicata alla trachea. Lui mi osservò ad occhi sgranati e, quando tolsi la presa, iniziò a tossire. 

«Ti ho de-tto mille vol-te...». Tossì un'ultima volta e si raddrizzò. «...che la violenza mi piace solo a letto».

Osservai i suoi occhi dorati e mi sentii finalmente al sicuro, cosa che lui sembrò notare perché mi accarezzò la guancia in un gesto di conforto e amore. «Quando non vi ho trovate in camera vostra sono morto dentro, ho pensato al peggio, specialmente quando ho visto il passaggio segreto aperto. Per fortuna state bene». Guardò le sorelle con affetto e sollievo.

«Melville non riesco a trovarlo, Nivek è andato a cercare Myn e Honey per capire perché noi non siamo potuti andare in gita, anche se io un'idea ce l'ho. E anche molto chiara». Mi osservò preoccupato.

Nezha incrociò le braccia al petto. «Starei meglio se non fossi innamorata di un sociopatico che mi ha baciato e poi rapito durante la notte, a quanto pare per fare un bambino e creare un ulteriore ibrido da controllare come una marionetta». Per quanto facesse la dura, il suo sguardo lucido era facilmente visibile. 

«Denholm?». Il suo sguardo si scurì, come se una nuvola piena di furia gli avesse coperto la solita ironia presente nei suoi occhi. 

Ximena sbuffò. «Kyran». 

Sapevo che questo sarebbe stato il fuoco giusto per la miccia che avrebbe fatto esplodere tutto. Lo sapevo. 

Dantalian si irrigidì come un tronco e i suoi occhi presero la solita forma demoniaca, con la pupilla in verticale e il colore così giallo e luminoso da risultare inquietante. Le sue mani si chiusero a pugno e ci mise pochi secondi ad avviarsi verso la porta della camera, che si aprì da sola e batté sul muro, facendo tremare tutto. 

«Dantalian, non fare cose stupide!». Sussurrai preoccupata. 

Lui si voltò e mi fissò furioso. «Non fare cose stupide? Ho già perso fin troppo tempo invece! Avrei dovuto spaccargli la faccia fino a quando non avrebbe capito sin dalla prima volta in cui si è avvicinato a te. Nessuno, nessuno, la fa franca se prova a fottere la mia signora o le sue amiche, uno perché lo fotti prima tu, due perché poi lo uccido!». 

«Dantalian, calmati o manderai tutto all'aria, cazzo!».

Non mi ascoltò, ovviamente, e tornò a marciare verso chissà dove. Con le mani strette in pugni chiusi, il respiro veloce e gli occhi assetati di sangue scese le scale a due scalini alla volta. «Sto venendo a cercarti, Kyran!».

Mi scambiai un'occhiata preoccupata con Ximena e Nezha, che alle mie spalle osservavano la scena allo stesso modo. Era chiaro che quello era il punto di non ritorno, la collisione che forse Denholm aspettava. E noi, io, Ximena e Dantalian, conoscevamo alla perfezione la sensazione terribile del ticchettio dell'orologio invisibile che ti spuntava nella mente quando entravi nella visione che niente, da lì in poi, sarebbe più stato lo stesso.

Nel bene o nel male, sarebbe di nuovo cambiato tutto. Un'altra realtà a cui ci eravamo quasi abituati sarebbe stata frantumata come uno specchio. 

«Mi hai sentito, Kyran?! Sto venendo a cercarti!». Tuonò con tutta la forza possibile, parole minacciose urlate da una voce crudele e gelida. In quel momento era il crudele principe guerriero di cui tutti avevano sentito parlare almeno una volta. Le sue non erano minacce, però. Io sapevo che quelle erano tutte promesse.

«E quando ti troverò, perché ti troverò... neanche Dio potrà salvarti da me!».

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