Mi passò una mano sul fianco, salendo verso il braccio e stringendomi il collo con decisione, ma senza mai recarmi vero dolore. «Se mi guardi così finiamo prima di cominciare».

«Sono solita cominciare solo per finire». Sussurrai, anche se la sua presa ostacolava la facilità con cui di solito dialogavo. 

Si leccò le labbra, che portavano addosso l'ombra del sorriso più sensuale che avessi mai visto. «Anche io, ma con te non vedo l'ora di finire solo per ricominciare di nuovo, e di nuovo, e ancora una volta».

Mi mancò un battito, ma non gli diedi la soddisfazione e feci finta di nulla, inclinando la testa all'indietro per guardarlo meglio. «Lo so che non sai resistermi».

«E se fossi tu quella che non sa resistermi?». Mi soffiò sulle labbra. 

Mi avvicinai così tanto da sfiorargli la bocca mentre parlavo. «Se inizio un gioco è solo perché so di vincerlo. Se ho iniziato questo gioco è solo perché so che basta una sola parola per farti perdere il controllo». 

«Sarà divertente vederti tentare». Ironizzò, lasciando la presa sul mio collo per allontanarsi di due passi. «Ricordati che sono un demone, tesoro. Far urlare la gente è il mio hobby preferito, specialmente se quella sei tu».

Intrecciai le mani dietro la schiena, facendogli capire che non mi sarebbe servito neanche toccarlo, e incrociai anche le gambe, dove il suo sguardo si soffermò più a lungo. Inclinai la testa di lato. «Sono tua». I suoi occhi si alzarono di scatto verso il mio viso. «Ti appartengo dal momento in cui hai varcato la soglia di quel ristorante, vestito di nero e di pelle, e nessuno mi ha più toccata come mi hai toccato tu. Nessuno ha mai avuto quello che hai avuto, perché dopo di te ho sentito che tu saresti stato l'ultimo. Tu sei il mio ultimo tutto e io ti appartengo, stavolta di mia spontanea volontà».

Il suo respiro corto lo percepii facilmente, il suo scattare verso di me un po' meno. Si scontrò sul mio corpo e la sua presa sul mio collo fu così inaspettata che anche la mia, di mano, andò a stringere il suo polso. Il suo sguardo era oro liquido, così intenso e ardente che mi sembrava quasi di vederlo fluire come acqua. «Tu...».

Batté la mano libera sul muro alle mie spalle, su cui ero stata spinta con poca delicatezza, e adagiò la parte inferiore dei fianchi per farmi sentire addosso l'effetto che gli avevo fatto, ricordandomi quando aveva fatto qualcosa di simile mentre eravamo sul letto della casa di Azazel. 

«Tu sei l'unica che mi fai un brutto e un buono effetto. Mi fai perdere la testa un secondo prima e me la fai ritrovare un secondo dopo, mi fai perdere il controllo e me lo fai riacquistare anche solo guardandoti in questi bellissimi occhi. Sei bella come un angelo e mi rendi il diavolo, come è possibile?». Mi passò la lingua sul labbro inferiore. 

Assaggiai il suo sapore, anche se lo conoscevo alla perfezione. «Mi chiedo anche io come fai ad essere bello come un angelo ma rimanendo il solito demoniaccio». 

«Giochi sporco, Arya!». Ringhiò disperato. 

Si scontrò contro la mia bocca come un uragano e da quel momento fu tutta un'esplosione di stelle. Mi lambì il labbro inferiore con la lingua, io gli morsi il suo solo per lenire il dolore dopo, succhiandolo. Si strinse i miei capelli fra le mani solo per tirarmi più indietro la testa e avere il modo migliore per esplorare la mia bocca con la lingua. Con la mano libera scese fino alle cosce e, una ad una, slacciò le autoreggenti con ferocia. Si fermò per tirarsi indietro, facilitandosi l'operazione, e tenendo l'esterno delle calze le strappò, creando uno squarcio lungo tutta la coscia. 

TecumWhere stories live. Discover now