Capitolo 18

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Raggiunse la panchina e si accovacciò per essere all'altezza del bambino, lo guardò e notò una somiglianza con sua madre, o perlomeno con ciò che si ricordava di lei.
«Ciao Filippo, sono Sofia.» disse guardandolo negli occhi. Lui la fissò per poi scambiarle un leggero sorriso. La ragazza si alzò e strinse la mano ai due signori, tutti quanti si fermarono per firmare vari documenti e per scambiare quattro chiacchiere, poi i signori la lasciarono sola con suo fratello. La ragazza gli chiese se volesse andare a prendere un gelato, lui rispose di sì per cui si avviarono mano nella mano verso la gelateria più vicina. Il pomeriggio passò benissimo, il bambino le raccontò di quanto fosse agitato per l'inizio della scuola e che avrebbe voluto lo zaino con spiderman, essendo anche Sofia fan di quel supereroe gli promise di comprarglielo appena tornati a Firenze. Partirono per tornare a Coverciano e arrivarono giusto in tempo per il fischiò iniziale, mentre il cronometro passava la sorella spiegò a Filippo alcune regole e lo vide molto interessato; a fine del primo tempo però la mora fu costretta a metterlo a letto, si stese accanto a lui che si rannicchiò sul suo petto per poi addormentarsi. Al sessantesimo segnò un goal Fede che portò l'Italia al punteggio di 1 a 0, vantaggio che però fu presto cancellato dal tiro in rete di Morata all'ottantesimo. I due tempi regolari finirono con un pareggio che proseguì ai supplementari e anche ai rigori. Il quarto fù tirato da Federico che fortunatamente segnò, rete che contribuì alla vittoria degli azzurri nella semifinale degli Europei.
La ragazza appena ricevette un messaggio dal suo ragazzo lo chiamò, aveva un sacco di cose da dirgli e una voglia matta di sentire la sua voce.
«Sei stato bravissimo, sono così felice.»
«L'hai visto? Ho segnato un rigore. Dio che adrenalina, ringrazia che non sei qui perché altrimenti.»
«Fede!»
«Ma perchè stai sussurrando?»
In quell'istante la ragazza si rese conto di non aver avuto il tempo di dirgli dell'affidamento, cosa che avrebbe sicuramente fatto in un altro momento.
«Ne parliamo domani, tranquillo che va tutto bene. Salutami Fede e digli che sono fiera di lui.» lo salutò per poi chiudere la chiamata.
Scrisse al suo amico congratulandosi per la rete e, appena chiuse gli occhi, le venne un improvviso senso di vomito che la costrinse a correre in bagno: c'era sicuramente qualcosa che non andava.
La mattina dopo entrambi si svegliarono con l'aprirsi della porta, Sofia spalancò gli occhi e vidè Federico che osservava ad occhi spalancati Filippo. La ragazza si alzò di scatto e si avvicinò al ragazzo.
«Fede, ti spiegherò tutto, te lo giuro. Ei campione. - disse spostando lo sguardo su Filippo - Che dici di andare a conoscere papà?» il bambino annuì e si avvicinò a Sofia che lo prese in braccio e lo portò da papà, tornò poi in camera dove aveva lasciato il ragazzo.
«Che diavolo sta succedendo? Perché c'era un bambino nel tuo letto?»
«Ti posso portare in un posto?» lui acconsentì e i due salirono in macchina, il viaggio fu silenzioso, nessuno fiato; fortunatamente dopo solo cinque minuti di auto i giovani arrivarono nel parco, si sedettero e dopo un bel respiro, iniziò a parlare.
«Mia madre mi lasciò quando avevo 15 anni, aveva una dipendenza dall'alcol. Io continuavo a cercare di tenerla lontana dal bere ma una sera preparò le valigie e, dopo avermi detto di essere la sua delusione e di averle rovinato la vita, uscí dalla porta. Da quel giorno non la vidi più. Qualche giorno fa papà mi disse di aver ricevuto una chiamata dall'ospedale per un suo ricovero e scoprí che lei aveva un figlio di 6 anni: Filippo. Mi disse di volerlo prendere in affido per non fargli passare ciò che avevo passato io, ieri sono andata a Roma a prenderlo ed ora è qui. Mi dispiace di non avertelo detto prima, forse non mi sentivo pronta, mi vergognavo, so che ho sbagliato ma ti prego non avercela con me. - lo guardai sperando di non vederlo arrabbiato - Ti prego dimmi qualcosa.» a quelle parole Federico rimase in silenzio per qualche istante.
«Bisogna insegnargli a giocare a calcio, non può essere scarso come sua sorella.» disse scherzando avvolgendo la ragazza.
«Comunque non mi hai nemmeno dato un bacio.» gli rimproverò lei ironicamente; il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e la baciò.
Tornata in hotel Sofia raggiunse la camera dell'amico con cui si complimentò per la partita e al quale gli raccontò di Federico, lui invece le disse che quel pomeriggio avrebbe dovuto avere un appuntamento. Mentre stavano parlando Sofia sentì un senso di devbolezza improvviso, iniziò a vedere sfocato e poi nero. Cadde a terra.
Il momento in cui Sofia aprì gli occhi capì di non essere più nella stanza del suo amico ma di essere nella sua stanza, accanto a lei c'era suo padre che, non appena la vide con gli occhi aperti, le si avvicinò velocemente.
«Dio mio sei viva, come stai?»
«Che è successo?» chiese lei cercando di ricordarsi come fosse finita a terra.
«Sei svenuta, stavi parlando con Fede e sei crollata.»
«Ora che ci penso stanotte ho anche vomitato, sarà qualche virus.»
«Tesoro, so che potrebbe essere imbarazzante, ma tu e Berna avete fatto qualcosa?»
«Si, ma due giorni fa, è troppo presto. Vero?» chiese quasi come rassicurazione al suo pensiero.
«In teoria sì, ma penso dovresti andare a fare qualche visita, giusto per toglierci un dubbio. - le consigliò aiutandola a sedersi - Se vuoi ti accompagno io.»
«Poi vedo, tu potresti dare a Fede l'in bocca al lupo per il suo appuntamento? » il padre annuì e aprì la porta lasciando entrare Federico e uscendo.
«Amore, stai bene? Ti sei fatta male? Posso darti qualcosa?» chiese velocemente il ragazzo.
«Ei, sto bene. Ho solo bisogno di riposo.»
«Mi hai fatto prendere un colpo, stavo rientrando in camera e Fede mi dice che sei svenuta.»
«Ma non ti preoccupare, riposo e mi rimetto in sesto.»
«Ti faccio compagnia?»
«Coccole?» il ragazzo rise e si sdraiò accanto a lei, dopo soltanto qualche minuto entrambi si addormentarono.
Dopo pranzo la ragazza andò dalle altre persone di cui lì a Coverciano poteva fidarsi, Nicolò e Giacomo; li andò a cercare per trovarli in palestra.
«Ehi ragazzi, posso parlarvi in privato?»
I due acconsentirono e Sofia raccontò dell'accaduto e di ciò che aveva bisogno di fare, entrambi si resero disponibili e il pomeriggio stesso andarono da una conoscenza di famiglia che visitò subito la ragazza.
Alla fine della visita le disse che i risultati le sarebbero arrivati entro due giorni, per cui tornarono dagli altri e, senza dire niente a nessuno, Sofia tornò a dormire concludendo la sua giornata.
Verso l'ora di pranzo del 9 giugno Sofia, Federico e Filippo erano in campo a giocare a palla, la ragazza vedendoli insieme si rese conto di quanto fosse p carini, apprezzava molto il modo in cui Federico stesse affrontando la cosa e permetteva a lei stessa di viverla più tranquillamente.
Stava guardando i due due giocare quando le squillò il telefono, lesse il nome della dottoressa dell'altro giorno e si sentì mancare l'aria. Coraggiosamente rispose e sentì ciò che non si sarebbe mai aspettata: era incinta. La ragazza le disse anche che poteva succedere che i sintomi apparivano prima del previsto ma che era tutto normale, le suggerì di parlarne con il padre e di pensare bene a cosa avesse intenzione di fare; Sofia, ancora sotto shock la ringraziò e chiuse la telefonata. Con una scusa si alzò e andò da papà e per riferirgli l'esito degli esami.
«Tranquilla, tu sei una Mancini: ce la caviamo sempre. - la rassicurò lui. - Devi dirlo a Berna però, è giusto che lo sappia.» la mora sapeva che il padre avesse ragione, al cento per cento, ma se fosse scappato? Se l'avesse lasciata sola? Lei si era a malapena abituata ad addormentarsi con lui, figuriamoci non vederlo più come l'avrebbe fatta stare. Dopo il padre lo andò a dire anche a Chiesa, Barella e Giacomo i quali si mostrarono molto comprensibili e si offrirono in ogni modo possibile di aiutarla, tutti però le dissero di doverlo dire a Federico.

Il pezzo mancante || Federico Bernardeschi Where stories live. Discover now