«A me interessa che sia lei a mangiare e anche tanto». Parlò a bocca piena.

Sorrisi, addolcita dall'amore che c'era fra i due, e mi sentii quasi in pena al pensiero che forse, un giorno, avrebbero potuto separarli se qualcuno avesse scelto di adottare solo uno dei due. Denholm non avrebbe fatto nulla per impedirlo. Sospirando, li osservai mangiare con gusto e parlare solo con gli occhi e i gesti.

Un cambio di aria alle mie spalle mi fece capire prima l'arrivo di Dan alle mie spalle, che si sporse verso il mio orecchio. «Ho fame».

«Abbiamo fatto colazione poco fa...». Mi guardai dietro, trovandolo con la faccia estremamente vicina al mio collo.

Mi morse il lobo. «Ho fame di te e il cibo non potrà mai saziare questo tipo di fame. Non vedo l'ora che si tolgano dalle palle questi due».

«Anch'io ho fame di te. Dei tuoi baci, del tuo sapore, del tuo calore, della tua pelle dura e non solo quella». Lo dissi in un mormorio impercettibile a chiunque, tranne che a noi due.

Prima si perse in un lieve mugolio e poi ringhiò frustrato. «Sei crudele, Arya Buras. Quante volte te l'ho detto?».

«A volte ritornano». Scoppiai a ridere.

Il suo sguardo si addolcì e mi lasciò un bacio sul naso. «Sempre, ritornano. Sempre».

Damian scese dalla sedia e finse un conato, aiutando anche Amaya a fare lo stesso. A scendere dalla sedia, ovviamente, perché alle nostre piccole effusioni reagì sorridendo con tutti i denti che possedeva. Probabile che non fosse abituata a questo tipo di amore.

Dantalian osservò entrambi i bambini con noia. «Cosa fate di solito dopo la colazione?».

«Ci laviamo, mi sembra ovvio». Il demone era già pronto a ribattere contro il suo tono arrogante, ma lui continuò. «Usiamo la vasca che c'è nel bagno che usa anche Denholm, è alla fine del corridoio».

Annuii, malgrado non sapessi neanche che ci fosse un altro bagno, ma era ovvio. Loro avevano, in quanto bambini, un altro tipo di privacy e delle, o almeno alcune, regole meno ferree. «Andiamo, allora».

Lasciammo i piatti dov'erano, tanto li avremmo presi dopo, e tutti insieme ci recammo al bagno privato. Amaya e Damian camminarono avanti a noi e per questo Dantalian ne approfittò, tenendo la mano sul mio sedere come se quello fosse il suo posto, qualcosa su cui non si doveva affatto discutere. Diceva sempre di adorare la divisa femminile e non potevo dargli torto, visto che l'accesso alle parti intime non era poi così difficile, tanto da lasciare poco all'immaginazione.

A volte la odiava, a volte la amava, in base a chi appartenessero gli occhi che si fissavano sulle mie forme. Se erano i suoi, diceva, non c'era nessun problema.

Perdemmo un po' di tempo, poiché l'azione non era così semplice come sembrava essere dall'esterno. Mentre la vasca si riempiva di acqua non troppo calda, creando molta schiuma grazie al bagnoschiuma al muschio, Damian era occupato a mettersi il costume, mentre Dantalian lo guardava senza aiutarlo da bravo stronzo, e io, invece, aiutavo Amaya ad indossare il suo.

«È davvero bellissimo, tesoro». Accarezza il tessuto di lastex del costume, intero e di colore rosa, con delle rane stampate sopra.

Alzò lo sguardo sorpreso su di me e poi tornò a fissare il proprio costume. Quando mi guardò di nuovo, le si aprì un sorriso luminoso sul viso dolce e morbido, bello come pochi. Mi prese la mano e se la posò sulla guancia, con mio sommo stupore. Una scarica elettrica mi passò fra le vene, oltre l'aumento dei battiti, e deglutii in balia di sensazioni che ero solita provare solo con Dantalian.

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