Roma (introduzione)

74 4 2
                                    

Non era passato molto tempo dall'inizio della guerra, ma già mi sentivo vuota, spogliata di tutti quei diritti che gli uomini dovrebbero avere. Essere ebrea significava essere considerata "la reincarnazione del male", "uno sporco essere", almeno secondo le parole sprezzanti degli altri.

A soli 17 anni, ero già immersa nella follia e nel dolore, mentre la tragica morte di mia madre continuava a rappresentare un ostacolo insormontabile.

Nata il 14 agosto 1926 a Varsavia, in Polonia, da una famiglia di contadini, crescevo insieme ai miei tre fratelli: Motke, Teodor e Alfred. La vita in Polonia era difficile, soprattutto per le famiglie come la nostra che lottavano per tirare avanti.

Il mio nome, Roma, mi riempiva di orgoglio, essendo stato scelto per commemorare l'incontro dei miei genitori nella capitale italiana, dieci anni prima della mia nascita.

Mentre il fascismo si diffondeva in Europa e la guerra incombeva minacciosa, la nostra famiglia faceva del suo meglio per resistere agli eventi che si stavano svolgendo.

Mio padre spesso rimarcava la mia somiglianza con il nonno: stessi occhi azzurri, stessi capelli neri e lo stesso temperamento. Un uomo che non avevo mai avuto la possibilità di conoscere, essendo morto nel 1919 a causa dell'influenza spagnola.

La paura di un'altra guerra mondiale era sempre presente, e mentre Hitler prendeva il potere in Germania, il mondo teneva il fiato sospeso, temendo il peggio...

Il bosco di betulle Onde histórias criam vida. Descubra agora