Lei mi gettò un'occhiata prima di avviarsi, ma io le feci segno di correre via al più presto, e per fortuna mi ascoltò. Mi incamminai anche io, ma la mano di Denholm si serrò sul mio braccio con forza. «Non mi toccare!».

«Sia chiaro, Arya-». I suoi occhi azzurri mi fulminarono. «Non è finita qui con te. Arriverà il giorno in cui nessuno ti salverà».

Mi lasciò andare quando la segretaria, dal piano inferiore, urlò nuovamente il suo nome e lui fu costretto a scendere le scale quasi correndo. Quella frase non mi fece paura, affatto, ma mi fece rabbia. 

Il giorno in cui nessuno mi aveva salvato era già arrivato. 

Una mano si serrò sul mio polso e mi girai di scatto, pronta a colpire sul viso chiunque stesse tentando di- 

«Wo wo wo, principessa guerriera! Sono io». Dantalian mi osservò con divertimento. 

Scostai bruscamente il polso dalla sua presa. «Pensavo fossi in mezzo alla rissa, visto che di solito sei un attacca brighe».

«No, Rut e Melville hanno iniziato una rissa con dei ragazzi delle classi più piccole, un paio di bulletti che vorrebbero far parte dell'Élite fra qualche anno». Mi interruppe prima che potessi porgere una domanda. «Sì, io sono qui con te e Nivek è con Myn, tranquilla».

Sospirai, passandomi le mani sul viso. «Miei dei».

«Ehi». Corrucciò la fronte e mi prese il mento fra le dita, ispezionandomi il viso e il corpo in segna di lividi o ferite. «Non ti ha toccato, vero?».

Scossi la testa, malgrado l'angoscia di aver compreso, forse, ciò che accadeva in quell'ufficio non era intenzionata a lasciarmi. Spostai lo sguardo dietro di lui per sbaglio, ma nel vedere una persona con una felpa nera con cappuccio alzato mi irrigidii e mi avvicinai di qualche passo, quasi riuscendo a vederlo sul viso, se solo Dantalian non si fosse immischiato. 

Mi agguantò. «Dove vai?». Domandò sospettoso. 

«Era Kyran, ne sono sicura. Solo lui sta così in agguanto e indossa le felpe nere con il cappuccio. Voglio sapere se sa cosa succede nell'ufficio del caro preside». Tentai di incamminarmi di nuovo, ma mi bloccò. 

Mi fulminò. «Non pensarci neanche, Arya. Devi lasciarlo stare».

«Non puoi dirmi cosa devo fare!». Strillai. 

Si scostò. «Ti ho detto che non devi fidarti di tutti, dannazione, perché non mi ascolti mai?!». Tuonò. 

«Perché l'unico di cui mi sono sempre fidata e alla fine mi ha dimostrato che non dovevo sei tu! Chi diavolo ha fatto notare la nostra assenza in classe, proprio mentre Denholm era tornato qui? Se tu non avessi detto, insieme a Nivek, di venire a cercarci lui non avrebbe mai saputo nulla!».

Si allontanò di qualche passo, come se fosse stato colpito. «Io? Non sono stato io, noi non abbiamo detto nulla sulla vostra assenza. Quando ho visto Denholm tornare qui dalla finestra dell'aula siamo usciti senza neanche chiedere il permesso e stavamo venendo ad avvisarvi, peccato che Kyran stesso stava scendendo le scale in quel momento e allora ho capito due cose: una, che era troppo tardi per avvisarvi, e due, che era stato lui a spifferare tutto a Denholm». 

«Kyran? Perché mai dovrebbe?». Mormorai. 

Il suo sguardo si incendiò. «Per lo stesso motivo per cui è stato lui a spifferare a Denholm delle pizze che portammo quel giorno, così come la musica dalla cassa, ecco perché l'ho picchiato. Ecco perché lo odio, ecco perché non sopporto vedere con che facilità ti fidi di lui! È sempre stato lui a tradirci, perché lui è ovunque e vede tutto». Abbassò lo sguardo. «È delle mani che non vedi prendere sassi di cui ti devi preoccupare, non di quelle che lo fanno di fronte a te e poi le lanciano ai tuoi piedi».

TecumWhere stories live. Discover now