«Le neve...». Tremai. 

Mi circondò la vita con le braccia e posò il mento sui miei capelli. «Volevo un posto che potesse ricordarti chi sei veramente. Ho l'impressione che a volte ti dimentichi di essere Arya Buras e non una qualunque». 

Deglutii. «Non è che lo dimentico, è che io non lo sono più. Non sono più Arya Buras...».

Mi superò e mi prese per mano, portandomi all'interno della bellissima casa. Anche dentro era tutta di legno, con il divano e i tappeti bianchi, un camino che aspettava solo di essere acceso e una cucina a penisola. Mi lasciai cadere sui cuscini morbidi e lui prese dei piccoli tronchi, posati al fianco del camino, per accendere il fuoco. 

«Perché non usi Ignis per accendere il fuoco? Io lo facevo». Mi guardò con sdegno, come se la sola idea lo nauseasse. «Dan, hai dentro di te dei poteri che neanche immagini quanto siano potenti-».

Scosse la testa. «No, lo erano perché erano dentro di te. Perché tu sei potente».

«Dantalian, non potrò mai più riavere i miei poteri. L'unico modo per poterli riprendere sarebbe la tua morte e sappiamo entrambi che non è possibile perché Astaroth ti ha donato l'immortalità». Mi torturai le mani e abbassai lo sguardo. «Ma anche se potesse essere possibile, potrei riavere solo Anemoi, perché Ignis e Fermentor sono poteri demoniaci e io... io non sono una dea, ormai. Non posso riaverli».

Alzai lo sguardo, tremando appena. «Non posso riaverli, non c'è un modo, Dan. Sono tuoi adesso. È finita».

Spostò lo sguardo, affranto, da me al camino più volte. Poi chiuse gli occhi, anche se non ne aveva bisogno, e alzò il palmo lontano dai suoi vestiti potenzialmente infiammabili. Poco dopo, dalle sue dita iniziarono a formarsi piccoli sbuffi di fuoco, come una candela che era stata appena accesa e il cui fuoco ballava smosso dal vento. Circondò con la mano un tronco ed esso, a distanza di qualche minuto, prese fuoco, portandosi dietro tutti gli altri legnetti.

Si alzò, dopo aver ritirato Ignis, e si batté le mani sui jeans neri. Poi alzò lo sguardo e lo puntò su di me. «È per questo che non hai più i tuoi meraki e sei rimasta solo con i tatuaggi?».

«Cosa?». Sbattei le palpebre, sorpresa non dalla sua domanda, ma dalla sua capacità di osservazione. Alzò un sopracciglio e si sedette al mio fianco, in attesa.

Aggrottai la fronte. «Innanzitutto come fai a sapere che-».

«Ti ho osservato, a volte, in doccia. Poco prima di spogliarti, ovviamente, non sono un maniaco. Ma ti ho visto spesso in reggiseno, con le braccia nude, ed è un dubbio che mi preme da quel giorno». Mi interruppe.

Stranamente non mi dava fastidio, ma anzi mi piaceva quasi che fosse così attento nei miei confronti, che mi studiasse nei minimi dettagli. «Ad ogni modo, sì. Non ho più i meraki perché sono tatuaggi demoniaci e io la mia parte demoniaca l'ho...». Per un solo secondo, la mia vista si annebbiò e i miei polsi si fecero freddi di metallo. Chiusi gli occhi e li riaprii, tornando alla realtà. «È andata persa. La mia parte demoniaca non c'è più da tempo, oramai, quindi i miei meraki non sono mai potuti tornare da me».

Annuì. «Non ti mancano? Venom, per esempio, non ti manca?».

«Mi mancano tutti, Dantalian. Erano miei, erano, per me, come degli animali domestici sul corpo. Mi manca sentirli muovere, mi manca avere bisogno delle loro abilità, mi manca sentirmi bella, forte e potente». Mi schiarii la voce rauca. «Ma non posso fare niente per riaverli. Tutto quello che ho perso quel giorno, l'ho perso per sempre».

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