Lo scettro

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Una pioggia incessante sferzava la schiera di villette monofamiliari da quasi tre giorni, rendendo inagibile il parco intitolato al triumviro romano Lepido. Nonostante fossero le quattro e mezza di pomeriggio, non si scorgeva un filo di luce sui viali di periferia sferzati dalle forti raffiche.

Non essendoci alcuna possibilità di riprendere le scene all'aperto che avevano in programma quel giorno, i ragazzi della Trick Master Productions avevano deciso di radunarsi a casa dello sceneggiatore King, per buttare giù nuove idee e scacciare la noia in compagnia. Da quasi una settimana era pressoché impossibile praticare qualunque attività all'esterno per via della tempesta, la quale non aveva eguali a memoria d'uomo in quella zona d'Italia dal clima sostanzialmente mite. 

Il primo ad arrivare fu Jig, il dirimpettaio. King udì due secchi colpi di nocca alla porta d'ingresso, che era situata appena di fianco alla sua camera da letto, e arrestò la riproduzione del dj set minimal techno che aveva sostituito la colonna sonora del videogioco di guerra a cui era attaccato da quando aveva terminato il rapido pranzo. Dopo aver superato le cinquecento ore di gioco, avrebbe esaurito i nervi di chiunque.

Gli giunse all'orecchio il solito saluto ossequioso verso suo padre, a cui seguì la solita chiacchierata inutile ma necessaria, come la maggior parte delle usanze di provincia. Lo fulminò il pensiero di quando avrebbe finalmente potuto lasciarsi quel vuoto ozio alle spalle, e nello stesso istante il cecchino venusiano della squadra avversaria raggiunse il capo del suo personaggio con un proiettile al plasma, disintegrandolo. L'ennesima fine ingloriosa.

Jig spalancò la porta della spaziosa stanza dai muri tappezzati di poster, che raffiguravano le locandine dei principali film e videogiochi usciti negli ultimi quattro anni, proprio mentre il suo migliore amico scaricava la tensione con una sonora imprecazione. Dalle cuffie, poggiate sulla scrivania, si levò un coro di insulti da parte degli ormai ex compagni di squadra, che King disinnescò spegnendo la console.

«Ehilà! Oh, che novità, hai perso un'altra volta a Galaxy of War» esclamò in tono falsamente indifferente, ridendosela sotto i baffi.

Per tutta risposta, King completò lo sfogo battendo un sonoro pugno sul tavolo, che gli sbucciò le nocche e spinse il padre a urlare dal soggiorno: «Tutto bene là dentro!?»

Jig replicò diplomaticamente che l'amico non riusciva ad accettare di perdere ai giochi basati sui riflessi, nonostante fosse palese che non facevano per lui.

«Lascerò perdere quando nel conto totale delle mie partite ci sarà una vittoria in più delle sconfitte» commentò King, testardo. «Piuttosto, oggi sei il primo. Questa sì che è una novità.»

Nonostante abitasse a pochi metri di distanza, Jig era quasi sempre l'ultimo a giungere alle riunioni. Ogni volta presentava una scusa differente, ma tutti sapevano che era a causa della sua fame di informazioni digitali, talmente insaziabile da divorare la cognizione del tempo. Così, una volta si perdeva in lezioni d'informatica avanzata, un'altra nel tutorial dell'ultimo aggiornamento del software di montaggio che avrebbe dovuto utilizzare per il video successivo, un'altra ancora in uno di quei film horror psicologici orientali, confusionari e pieni di enigmi, che piacevano solo a lui.

Si fece largo tra le sedie disposte a semicerchio e si posizionò su quella più vicina alla poltrona da gaming di King, dopodiché il suo sguardo affilato lo fissò al di sopra degli spessi occhiali dalla montatura amaranto.

«O sommo King,» esordì in tono teatrale, «avventurarti al di fuori del tuo regno ti ha fatto perdere le staffe, ma riuscirai a salvare l'onore e la faccia combattendo sul tuo terreno? Se sono giunto qui in anticipo, è solo per duellare con te all'ultima citazione!»

«Accetto la sfida» esclamò il padrone di casa. Un attimo dopo si accigliò e chiese: «Ma non dovremmo attendere gli altri?»

«Sono quattro anni che apriamo le riunioni con questo gioco ed è sempre stata una questione tra noi due. Non se la prenderanno. Meglio che ti concentri, piuttosto, questa volta ne ho trovate alcune quasi impossibili.» 


Ebbe ragione piena: nei minuti successivi gli altri quattro membri della Trick Master fecero il loro ingresso nell'abitazione, ma nessuno ebbe da ridire sul fatto che la sfida delle citazioni fosse già in corso. Zeus, il leader del gruppo, bofonchiò qualcosa di simile a: «Per una volta non perdiamo tempo».

Intanto, la battaglia cognitiva tra i due amici, che non avevano mai smesso di scambiarsi uno sguardo carico di trance agonistica, vedeva Jig in vantaggio per quattro a tre.

«Non c'è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare» declamò, con il tono sicuro di chi stava già pregustando la vittoria.

«Ma non farmi ridere! Seneca» rispose istantaneamente King.

La baldanza abbandonò immediatamente il viso dell'amico, sostituita da un'astiosa determinazione. Zeus salutò con uno sbadiglio il momento decisivo della sfida, mentre Tano scorreva distrattamente lo schermo del cellulare. Chanel e Yuffie, le due ragazze del gruppo, seguivano invece con trepidazione lo svolgersi della vicenda, per via della scommessa che avevano piazzato poco prima.

«A un certo punto, quasi istintivamente, ci si volta indietro e si vede che un cancello è stato sprangato alle nostre spalle, chiudendo la via del ritorno» scandì nervosamente Jig.

King sbuffò, strizzò gli occhi e si mise le mani sulle meningi. Rimase immobile e in silenzio per una decina di secondi, dopodiché alzò il capo di scatto, fissò l'amico con aria trionfante ed esclamò: «Ma certo, Buzzati, dal tema del mese scorso!»

«Come diavolo hai fatto?» sbottò l'occhialuto, incredulo. «Non hai nemmeno scelto quella traccia!»

«Nessuno toglie lo scettro a King» commentò quest'ultimo, mentre Yuffie richiamava la sua attenzione con un sonoro applauso.

Fu soltanto in quel momento che lo sceneggiatore si accorse del loro arrivo. Chanel e Yuffie, costumiste e interpreti dei ruoli femminili nelle produzioni Trick Master. Erano entrambe bellissime, simpaticissime, sensibilissime, intelligentissime e via discorrendo. O meglio, ciò traspariva dagli sguardi penetranti che King talvolta riservava loro, sperando invano di essere ricambiato.

Al di là della raffinatezza dell'una e della bellezza naturale dell'altra, a colpirlo di quelle due era la misteriosa capacità di mantenere un'amicizia stabile e di lunghissima data, nonostante le loro forti personalità forti e i loro caratteri diametralmente opposti.

Chanel doveva il suo soprannome allo stesso King, che l'aveva apostrofata così dopo un litigio all'inizio della seconda superiore, sottolineando la sua mania per l'aspetto impeccabile e la sua aria apparentemente altezzosa. Superato il diverbio, tuttavia, l'aveva conosciuta più a fondo e si era trovato di fronte a una persona talvolta un po' snob, ma anche molto dolce, sincera, leale e sorprendentemente auto ironica, al punto da tenersi il nomignolo.

L'appellativo Yuffie, invece, aveva avuto origine il giorno stesso in cui era nata la Trick Master.

Trick MasterWhere stories live. Discover now