Capitolo 3

37 2 0
                                    

Finito di raccontare avevo la vista appannata dalle lacrime che minacciavano di uscire e avevo lo sguardo perso nel vuoto. Mi riscossi quando sentii qualcuno prendermi delicatamente la mano.

« Va tutto bene. » La voce di Nevra mi arrivò all'orecchio in un sussurro. Strinsi la sua mano nella mia e sospirai ancora una volta.

« Aspettate, quindi state dicendo che secondo voi... loro potrebbero... insomma... » Ezarel senza parole era una novità per me, ma mi limitai ad annuire.

Valkyon ancora una volta trovò la calma per fare la domanda che io continuavo a rimandare.

« Erika, come si chiamano i tuoi genitori?»

Quegli occhi viola passarono da un'espressione spaesata a una di stupore, finalmente anche lei aveva capito cosa stava succedendo.

« Iris e Noah. »

Una lacrima mi bagnò il viso. Sentire quei nomi dopo tanto tempo mi fece riaffiorare tante emozioni confuse.

« Ho sempre voluto una sorella. » Quelle parole sussurrate mi colpirono come un fulmine a ciel sereno. Mi aspettavo tante reazioni, ma non quella. Erika si buttò tra le mie braccia e io la strinsi forte, pensando a quante volte avrei potuto farlo prima se solo fossi rimasta sulla Terra.

Essere figlia unica mi aveva sempre fatta sentire un po' sola, Miiko era la persona più vicina a una famiglia per me. Quando vedevo Nevra e Karenn mi si scaldava il cuore e ogni volta mi chiedevo cosa si provasse ad avere un legame così. In quel momento non potei fare a meno di chiedermi se sarei mai riuscita a capirlo fino in fondo.

I ragazzi, Miiko e Eweleïn uscirono dall'infermeria, lasciando me e Erika sole.

« Ti chiami Astraea quindi? » Annuii sorridendo, effettivamente non mi ero presentata.

« Puoi chiamarmi Rea, è più breve. » La prima persona a chiamarmi così fu Nevra il suo primo giorno al Quartier Generale. Da lì divenne il mio soprannome, per la grande gioia di Jamon, l'orco dal cuore tenero, che non riusciva a pronunciare il mio nome completo.

« Non credo che tutte le tue tracce siano state cancellate, sai? Non per mamma e papà per lo meno. » A quelle parole sentii un tuffo al cuore. Il mio sguardo interrogativo bastò per farle spiegare: « Mi hanno sempre detto che inizialmente avrebbero voluto chiamarmi Astraea, a quanto pare avevano deciso da anni che la loro prima figlia si sarebbe chiamata così. Ma quando sono nata e mi hanno presa in braccio hanno sentito che c'era qualcosa di sbagliato. Che io non ero Astraea, per qualche motivo. Decisero di chiamarmi Erika. » Fece una pausa, per un attimo vidi un sorriso amaro sulle sue labbra, ma riprese subito: « Mi hanno raccontato questa storia mille volte. La usavano come esempio dei segni del destino e della necessità di seguire l'istinto... le loro cose da hippy insomma. Abbiamo sempre scherzato sul fatto che Astraea non fosse per niente adatto a me come nome, e che quindi il destino aveva voluto che cambiassero idea all'ultimo. Tante volte ho pensato che in realtà non ero abbastanza per loro. Ma a questo punto mi chiedo... E se avessero sentito che era sbagliato perché in qualche modo avevano percepito la tua presenza nel loro subconscio? Spesso da bambina capitava che mi regalassero dei giocattoli o mi cucinassero dei piatti che non mi piacevano, insistendo che erano sempre stati i miei preferiti. Quanto ci scommetteresti che erano cose che in realtà piacevano a te? Potresti tornare a casa con me, potremmo fargli ricordare! Potremmo essere una famiglia! »

Mi irrigidii e mi allontanai di qualche centimetro.

« Io ho già la mia famiglia qui. Non tornerò sulla Terra con te, se hai intenzione di tornarci. »

« Non vorresti rivedere mamma e papà? Non sarebbe bello se... »

« Non sarebbe bello, per niente. Se si ricordassero di me saprebbero che li ho abbandonati. Davvero non capisci? Ho scelto di abbandonarli, Erika. Come potrebbero perdonarmi? Tu sei libera di tornare indietro, ma io non ti seguirò. Non ho intenzione di sbilanciare l'equilibrio di questi due mondi un'altra volta. »

Questione di equilibrio [Eldarya]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora