Capitolo Uno

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Manuel la notte dell'incidente non riesce proprio a dimenticarla.

Nonostante siano passati già un paio di mesi, nonostante Simone ora si sia completamente rimesso in sesto, nonostante tutto sia tornato alla normalità, ciò che è successo quella notte continua a tormentarlo.

Di giorno riesce a evitare di pensarci. Passa molto tempo insieme a Simone, cerca di tenersi occupato in garage.

Il problema è di notte, quando rimane solo con i suoi pensieri e inizia a ricordare la paura che ha provato quella notte. E quando dorme, se possibile, è ancora peggio.

Sogna continuamente il rumore dello schianto, la faccia di Simone piena di sangue chiusa nel casco, i suoi occhi chiusi. Sogna quasi sempre un finale diverso, in cui Simone invece di svegliarsi in ospedale si addormenta per sempre. E si sveglia sempre piangendo.

Non riesce a pensare a nulla che gli faccia più paura che perdere Simone, nulla che lo faccia soffrire di più.

Quella notte di metà giugno succede di nuovo.

Manuel fa l'ennesimo incubo in cui vede Simone schiantarsi sotto casa sua. Sogna la corsa in ospedale, si sente di nuovo pervaso da quella sensazione di paura che ha provato davvero pochi mesi prima.

E, di nuovo, si risveglia piangendo.

Sente le guance umide, il respiro affannato e la paura che lentamente scivola via quando si accorge che è stato solo un sogno.

Era vivido come se fosse reale, ma non lo è. Fortunatamente.

Afferra il cellulare per controllare l'ora e sospira sollevato vedendo un messaggio di Simone di qualche ora prima, quando Manuel già dormiva. L'ennesima conferma che è stato solo un sogno, Simone sta bene.

Manuel si sfrega gli occhi, trascina via i residui di lacrime sulla sua faccia e si alza da letto.

Cammina lentamente fino alla cucina, con passo stanco. E no, non è stanco perché sono le 3 di notte e lui è sveglio.

È stanco perché non ne può più di pensare a Simone disteso sull'asfalto, non ne può più di avere paura di perderlo.

E soprattutto è stanco perché tutta la paura che ha provato per Simone gli ha riempito la testa di dubbi a cui non riesce a dare risposta.

Afferra la bottiglia d'acqua dal frigorifero e ne beve un sorso, senza nemmeno preoccuparsi di prendere un bicchiere. Poi rimane con la schiena appoggiata al bordo del lavandino e lo sguardo fisso nel vuoto.

Deve trovare il modo di uscire da quella situazione.

Non può continuare a trascorrere notti insonni, non può continuare ad avere paura di addormentarsi. Quella storia deve finire.

"Manuel, tutto bene?"

Manuel solleva lo sguardo vedendo sua madre che lo guarda appoggiata allo stipite della porta.

"Sì, mamma. Torna a dormire."

Ma Anita non gli crede. Percorre la cucina a piccoli passi, fino a trovarsi davanti a lui, sotto la luce un po' tremolante del lampadario.

"Che succede?"

"Niente, davvero" dice Manuel evitando il suo sguardo.

Rimette la bottiglia in frigorifero, giusto per tenersi impegnato. Ma sua madre lo conosce bene e sa che quello è solo un patetico tentativo di evitare di parlare di qualcosa che evidentemente lo preoccupa.

"Non sei mai stato bravo a raccontare le bugie" dice Anita, e Manuel sorride perché sa benissimo che ha ragione.

Ma il fatto che sua madre abbia capito che qualcosa lo preoccupa, non è sufficiente a farlo parlare.

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