Forse quello che temo di più

3 1 0
                                    


Qualcuno potrebbe dire che certe cose non esistono e che appartengono solo alla superstizione popolare oppure alle leggende, come quelle che si tramandano di paese in paese, che tutti conoscono ma a cui pochi credono; e ne ero convinto anche io, almeno all’inizio. Ero un ragazzo qualunque, con una vita normale ed una classica storia d'amore adolescenziale. Fin quando non ricevetti la lettera di ammissione a Yale ed ebbi la conferma che la mia vita da li a poco sarebbe cambiata. Questo significava dover abbandonare la mia casa, i miei amici e Josie. Per quanto l'amassi non volevo sottoporre nessuno dei due al dolore della distanza e presi la decisione di chiudere con lei; se non fosse che il terrore di spezzarle il cuore mi impedì più volte di farlo. Ma una notte mi feci finalmente coraggio e mentre eravamo appartati nel bosco come nostra consuetudine, dopo un respiro profondo le dissi che per noi sarebbe stato meglio chiudere, visto che da li a poco avremmo preso strade diverse. Ci fu un attimo di silenzio dove l’unico suono era quello del nostro respiro; sembrava stesse cercando di metabolizzare. Poi scattò in piedi e mi guardò per un istante come se le provocassi disgusto. Dopo pochi secondi il suo sguardo mutò in disperazione. Iniziò a piangere ed i suoi occhi divennero rossastri e gonfi. Mi pregò di ripensarci e di non arrendermi, che saremmo riusciti a farla funzionare anche a distanza. Ma non era possibile, lo sapevo. Avevo già avuto una relazione cosi prima di Josie ed era finita male. Finirla adesso sarebbe stata la cosa migliore per tutti e due. Era distrutta e continuare a parlare mascherando il mio dolore era tremendo, ma sapevo di dover mantenere la calma per cercare di farla ragionare. Credetti di esserci riuscito quando smise di piangere ed il suo viso si rilassò, diventando quasi inespressivo. Ma poi di colpo mi voltò le spalle e mi invitò a non seguirla mentre si inoltrava nel sentiero; ovviamente non le diedi retta e le andai dietro intimandole più volte di fermarsi. Sembrava ipnotizzata da qualcosa, camminava senza guardarsi indietro e senza far caso alla mia voce come se non fossi nemmeno li. Tutto quello che accadde da li a poco sono solo un susseguirsi di immagini sfocate, come un sogno che per quanto ti sforzi non riesci a ricordare bene. L'ultima cosa che rammento di quella notte era la luna piena, proprio sopra di noi, che illuminava Josie come un faro, mentre come una figura angelica si lasciava cadere all’indietro dal grande dirupo ai confini del bosco senza mai distogliere lo sguardo da me. Ricordo anche le sue ultime parole poco prima di cadere.        - Questa sarà la tua maledizione! – Undici sillabe che come un sussurro nel vento o un soffio d’aria ghiacciato mi fecero scorrere un brivido lungo la schiena. Mai avrei creduto che quelle non fossero solo parole. Da quel giorno la mia vita cambiò radicalmente e non nel modo che mi sarei aspettato. Ogni notte ero perseguitato da incubi in cui rivivevo la sua morte ed ogni mattina mi svegliavo in un bagno di sudore. Credevo di star perdendo la ragione. Provai a parlarne col mio migliore amico Kai, ma secondo lui ero rimasto semplicemente traumatizzato ed avevo solo bisogno di non pensarci ed uscire di più. Ma come avrei fatto coi miei sensi di colpa? Mi ripeteva che non era colpa mia, che non potevo salvarla, che aveva fatto la sua scelta per quanto sbagliata e che avevo fatto il possibile per impedirle quel gesto. Ma è la verità? Quella notte per me è solo un insieme di immagini distorte e per quanto mi sforzi non riesco a dare forma ai vuoti nella mia testa. Tentai comunque per un po’ di non dar peso a quello che mi stava succedendo e a cercare di andare avanti con la mia vita, pensando che una volta lasciato il mio paese sarei stato meglio e mi sarei gettato tutto alle spalle. Soprattutto non avrei più sentito parlare di quello che era successo a Josie, ancora sulla bocca di tutti, che ogni volta giungeva alle mie orecchie non faceva altro che far riemergere i miei dubbi e i miei sensi di colpa. La fortuna fu che la polizia non divulgò il mio coinvolgimento, visto che in ogni caso secondo i fatti, si era trattato di un semplice suicidio. L'unico a saperlo era Kai, altrimenti chissà cosa avrebbe pensato di me la gente; forse proprio quello che temo di più io stesso. Qualcosa però cambiò nel momento in cui una nuova notizia iniziò a diffondersi nel paese. A quanto pare la morte di Josie fu solo la prima in quel bosco. Negli ultimi giorni erano stati trovati diversi cadaveri in fondo al dirupo, tutti di uomini. Li aveva trovati un povero anziano, ex militare del luogo, durante una visita alla tomba della moglie sepolta in un angolo del bosco, dicendo di essere stato attirato da uno strano odore di zolfo. Deve essere stato orribile per lui assistere a quello spettacolo dell’orrore. Sono stati trovati con il corpo pieno di lividi e tumefatto ma solo alcuni di loro hanno avuto una morte veloce schiantandosi contro le rocce e frantumandosi in un millisecondo ogni singolo osso del corpo. A quanto pare qualcuno di loro aveva avuto una fine ben peggiore cadendo dritto sui rami più robusti e spessi che costeggiano la parete di rocce e terra. Ad aggiornarmi sui dettagli di questa vicenda fu Kai, il cui padre è il capo della polizia locale e suo figlio un gran ficcanaso. Il loro petto era completamente squarciato e percorso da parte a parte, con frammenti di corteccia nella ferita fino a raggiungere cuore e polmoni trasformandoli in puntaspilli. Lo sterno e le costole erano ridotte in tante schegge che a causa del forte impatto finirono per incastrarsi nel fegato e nello stomaco. La cosa più disgustosa fu l’immagine che apparse nella mia testa mentre il mio amico mi descriveva come corvi e avvoltoi nella notte avevano iniziato a divorare la carne intorno alla lacerazione nel petto di quei poveretti, fino a mangiucchiarne anche gli organi interni e gli occhi. Quelli spiaccicati sul fondo del burrone erano invece stati ridotti ad un’enorme fetta di groviera. Infatti, non solo la loro carne era stata divorata dagli avvoltoi in diverse parti del corpo, dallo stomaco ai polpacci, ma questi squarci nelle viscere erano diventati delle vere e proprie tane per scarafaggi necrofagi che ne hanno mangiato i tessuti insieme ad altri insetti saprofagi che vi hanno deposto le uova. La parete di rocce era completamente ricoperta di sangue e liquidi corporei trasformando il muschio cresciuto da poco in delle enormi macchie d’inchiostro nero mentre dall’alto una chiazza enorme di sangue rappreso formava un lago sotto i cadaveri. Il tutto accompagnato dal quasi avanzato stato di decomposizione dovuto all’umidità che ne ha accelerato il processo, impregnando l’aria di un odore cosi forte che mischiato alla puzza inspiegabile di zolfo dava la nausea. Di queste informazioni ne avrei fatto volentieri a meno ma è più forte di lui raccontarmi ogni dettaglio. Una cosa però mi colpì. A detta di Kai e della polizia il fatto più strano, a parte quell’odore del quale non vi era una fonte, era che tutti i corpi presentavano il collo spezzato come un ramo anche quando il modo in cui erano caduti non avrebbe mai potuto causare una frattura simile. Nonostante questo, non furono però considerati dettagli importanti. In ogni caso questa storia creò un vero e proprio fenomeno di isteria di massa. Degenerando quando la polizia divulgò ulteriori dettagli al tg, dichiarando che siccome nessuno di loro presentava segni di lotta ed avevano in comune solo il fatto che fossero tutti fidanzati o sposati sarebbero stati catalogati come suicidi; spingendo la gente a chiamare il bosco " Bosco dei suicidi” e diffondendo tra le anziane del luogo addirittura la paura che ci fosse qualche sorta di stregoneria dietro. Credevo davvero che la faccenda stesse cadendo nel ridicolo. Ormai nessuno sapeva più cosa pensare e nemmeno io. Sapevo solo di dover stare lontano da quel luogo, eppure non avevo idea del perché ma sembrava come se quel bosco mi attirasse a se. Andavo a scuola, uscivo con gli amici e non riuscivo più a distogliere lo sguardo da quello che più che un semplice insieme di piante ora vedevo simile ad un sudario, come un lenzuolo che ricopriva il volto della morte. Iniziai a temere che presto ne sarei stato avvolto anche io quando mi ritrovai di nuovo lì. Non sapevo nemmeno che cosa stessi facendo, sapevo solo che dovevo essere in quel bosco, in quel momento. Mi trovavo a pochi passi dal dirupo e l'immagine di quella notte era fissa nel mio cervello e nei miei occhi proprio come stesse accadendo di nuovo. La mia mente ritornò alla realtà solo quando sentii la voce di una donna in lontananza. Non capivo bene cosa stesse dicendo e sembrava più una sorta di eco. Decisi di controllare credendo potesse accadere qualcosa di orribile di nuovo. Seguii la voce finche non fu più chiara ed iniziai a sentire un leggero odore di zolfo. - Accompagnami a casa… - Diceva solo questo in loop. Poi un intensa e pungente ondata di zolfo raggiunse le mie narici facendomi quasi starnutire ed allora la vidi, e pensai di essere diventato davvero pazzo. Era Josie...la mia Josie. Vestita con un abito lungo e bianco e con la pelle cosi chiara e pallida che quasi si confondeva col vestito.  Era con un uomo sulla trentina che sembrava ipnotizzato da lei mentre continuava a seguirla fissandole le curve. - Hei ho capito che vuoi che ti accompagni, ma dov’è casa tua? - Josie gli fece cenno di venire con lei. Non potevo credere a quello che stava accadendo, ma non riuscivo ne ad andarmene ne a distogliere lo sguardo. Condusse l'uomo fino al limite del burrone che ipnotizzato da lei stava per cadere di sotto. Non avevo altra scelta. -NO!- Urlai, rompendo "l'incantesimo", riportando alla realtà l'uomo ed attirando l'attenzione di Josie. Nell'arco di pochi istanti lei fu davanti a me che mi fissava. -VATTENE!- Gridai all'uomo a pochi passi dalla morte senza distogliere lo sguardo da lei. Non ci pensò due volte prima di darsela a gambe senza emettere un fiato. Era bella, come sempre, ma il suo sguardo era vuoto ed il viso privo di qualsiasi emozione. Le chiesi se fosse stata lei ad uccidere quelle persone, anche se sapevo già la risposta. Annuì semplicemente. Alla mia domanda sul perché l'avesse fatto disse solo che doveva, perché erano dei bugiardi ed infedeli. Capii subito che la mia colpa non era solo quella di non averla salvata dalla morte ma anche di non permetterle di riposare in pace. La soluzione era chiara. - Prendi me! - Le dissi con voce tremante. - Ma smettila di fare del male. - Mi sorrise per la prima volta. – Perché? Perché tu mi hai fatto questo? - Per un attimo il suo aspetto cambiò e davanti a me c'era una figura totalmente diversa ed inumana. Sapevo che era sempre lei, ma col collo spezzato come un ramo, gli occhi interamente bianchi ed il viso pieno di lividi e tumefatto. Anche i capelli lunghi e neri erano ora pieni di fango e foglie. Il suo sorriso era mutato in un ghigno inquietante. Indietreggiai lentamente ed in una frazione di secondo tornò come prima. Deglutii come se stessi mandando giù un boccone enorme, forse sperando di inghiottire la mia paura. Mi guardò dolcemente invitandomi a seguirla, fermandosi solo sul bordo del dirupo come mi stesse aspettando. Era la stessa scena di quella notte, ed io riuscivo solo a guardare immobile come una statua col respiro affannoso quasi avessi corso una maratona. La mia fronte si era irrigidita e le sopracciglia tese non accennavano a rilassarsi, non riuscivo neppure a muovere la bocca, sembrava avessi visto un fantasma; e in effetti era proprio cosi. Sapete quando si dice che in punto di morte si vede scorrere tutta la vita davanti? Bene questo è quello che sta accadendo ora. Solo che non sto rivivendo tutta la mia vita, ma solo quella che è diventata dal momento in cui ho preso in mano quella lettera. Ripercorrendo ogni frame come un film nella mia testa fino a questo momento, quello in cui ricordo tutto più chiaramente; rendendomi conto che forse avrei potuto salvarla se non fosse stato per la mia paura che mi paralizzò allora come adesso. Il momento in cui realizzo che il mio battito che accelera, il fruscio del vento tra gli alberi ed bubolare di qualche gufo in lontananza saranno le ultime cose che sentirò, e che il volto di Josie e la luna piena alta nel cielo saranno le ultime cose che i miei occhi vedranno. Sono consapevole però che è la cosa giusta. Le mie colpe sono troppe e adesso tutto questo deve finire. La vedo sorridermi e chiedermi di non lasciarla mai più. Non lo farò. Piccoli passi e mi appare sempre più vicina, che mi guarda negli occhi come faceva quando eravamo insieme. Tendo una mano per prendere la sua ma ciò che tocco è soltanto aria. Neanche un passo in più e sto già precipitando nel buio. Non so dove andrò...spero solo che ovunque sarò tu sarai con me.

Forse quello che temo di più Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora