1~ (prologo)

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I suoi piedi calpestavano solo un suolo assente, o almeno, nel suo stato gli sembrava solo di camminare nel nulla, un posto senza spessore o senza una vera e propria forma. La solita sensazione di vuoto, quando ti perdi, e non sai davvero se ritornerai nella via in cui eri prima. Forse in senso figurato o forse in senso reale, la strada in cui si muoveva era sconosciuta per davvero, attraversava tanti vicoli senza mai voltarsi indietro, vicoli su vicoli ma senza mai trovare una meta precisa.
Se ne avesse avuto l'opportunità avrebbe cercato di fuggire per sempre da quella vita, o forse, solo inseguirla per renderla più affascinante ai suoi occhi, per decorarla delle sue più speciali sfumature, per accenderla dei più luminosi colori, eppure, non aveva nessuna decorazione con sé, né tantomeno delle luci.
La solitudine è la compagnia più vera che ci rimane tutte le volte che ci accorgiamo del nostro respiro costante, perciò sarebbe insensato dire che la sua meta fosse quella di trovare qualcuno, la compagnia è la solita finzione che crediamo possa aiutarci a stare meglio. Nonostante ciò, rimane il dato di fatto che non era solo, per quanto sapeva di esserlo come tutti gli esseri umani come lui. Si è soli effettivamente nel cammino che facciamo tutti i giorni per andare avanti, ma concretamente, senza metafore o giochi di parole, sapeva benissimo che se avesse avuto lui al suo fianco, quella solitudine e senso di fallimento, sarebbero piano piano volati via, e il mondo, semplicemente, avrebbe ripreso tutti i colori.

Yokohama non dava frutto a nuove gioie, solo la luna poteva illuminare quella notte senza pioggia o nuvole di alcun tipo. Solo le stelle, loro c'erano sempre da qualche giorno, non abbandonavano mai quel cielo di notte. Lo scrittore le guardò per un attimo, con il dolce pensiero di averle sempre al suo fianco stranamente. Da piccolo credeva che non le avrebbe più riviste in modo positivo una volta scoperta la triste verità che la maggior parte di esse sono morte troppi anni fa, eppure ora le guardava con occhi da bambino, sapeva che erano stelle vive solo perché erano di fronte ai suoi occhi. L'illusione di vivere in compagnia, e la bugia di non essere soli, era esattamente come le stelle adesso ai suoi occhi. L'illusione più dolce e vera che avesse mai provato, ed era davvero la meno credibile nonostante ciò.

Karl si arrampicò velocemente sulla spalla di Poe, che girandosi un attimo intorno, capí di essersi allontanato così tanto dall'hotel in cui alloggiava che ormai la strada di ritorno era oramai dimenticata. Sospiró pesantemente, ovviamente sarebbe riuscito a ritrovarla in qualche modo, ma avrebbe dovuto camminare per ancora un bel po', e il solo pensiero lo sfiniva.
"hey Karl, secondo te riuscirò a trovare l'hotel? Abbiamo ancora una notte di alloggio in teoria" nessuna risposta da parte del procione "beh, penso sia un sì"

Senza avere fretta e mantenendo un passo lento, i due amici riuscirono a tornare nell'hotel almeno per dormire la notte. Il tutto andava avanti da mesi, troppi mesi, Ranpo non si era più fatto vivo in alcun modo, e Poe era completamente rimasto da solo con Karl. L'agenzia sembrava avere costantemente impegni, eppure per nessuno di questi incarichi era stato chiamato anche lui dal suo carissimo e unico amico, la cosa lo struggeva. Si stava facendo in mille per finire quel libro giallo che sperava profondamente avrebbe stupito Ranpo, in bene, voleva sorprenderlo con enigmi mai visti, con problemi indecifrabili persino ad una mente come la sua. Eppure aveva un vuoto totale nell'assenza di idee, il nero più profondo lo avvolgeva giorno e notte, l'ansia e la paura di non avere mai abbastanza tempo per scrivere qualcosa di buono si impossessavano sempre più di lui. L'insicurezza di non superare mai le capacità e le aspettative di Ranpo lo uccideva internamente. Più aspettava l'ispirazione giusta per mettere su qualcosa in quel libro, più spariva quella soddisfazione nel trovarla. Più pensava ad un'idea, più pareva monotona e priva di senso. Niente lo poteva consolare se non la chiamata dello stesso Ranpo Edogawa in persona, nulla di più della sua voce, e sarebbe già stato meglio.

L'arte dello scrivere, del dipingere, del disegnare, del cantare, qualsiasi forma di arte, ha bisogno della propria ispirazione, e per averla è necessaria la semplice parte della vita che ti dona la più forte delle emozioni. Certo, molte volte ci si accontenta delle minime, ma più esse sono forti, più il contenuto sarà vivo e originale.

Chissà come, Edgar era effettivamente rimasto cosí solo, quella stanza d'hotel, sempre a finestre serrate e spesso piena di malinconia, era l'unica vera salvezza. Anche i soldi però sarebbero finiti, la Gilda non avrebbe sicuramente potuto più aiutare in alcun modo sul campo economico, si erano completamente sciolti. Infatti, questa era l'ultima notte che sarebbe riuscito a pagare, per fortuna aveva fatto bene i conti dei soldi che rimanevano così per essere preparato al triste timer di abbandono.
Il suo loop sarebbe continuato anche in mezzo alle strade o sotto un ponte, ne era certo, questo blocco totale nell'ispirazione non veniva alimentato da nessun classico fattore esterno. Poteva solo abbandonarsi a quella vita, e se davvero Ranpo e l'agenzia lo avevano abbandonato per sempre, avrebbe avuto comunque Karl.
Poe aveva una casa sua, apparte quell'hotel e le strade, e in effetti i soldi non sono mai stati un problema contando il suo precedente lavoro da detective in America, eppure sperava che allontanandosi dal solito ambiente di casa sarebbe stato meglio per la sua ispirazione.

Il mattino seguente, aveva già tutto pronto per andarsene da lì, si sistemò rapidamente i soliti vestiti addosso e si assicurò che i capelli non lasciassero spazio a nemmeno uno spazietto di occhi. Era pronto per tornare dopo mesi nella sua dimora, consapevole del fatto di dover anche pulire e sistemare ventimila cose che in quel periodo di tempo si erano sporcate e riempite di polvere.
Alle porte dell'uscita, una volta finita la colazione e pagato tutto, solo con una piccola valigia in mano si incamminó all'esterno finalmente potendo tirare una boccata di nuovo di aria fresca.
Appena all'uscio sbatté accidentalmente con una ragazza piuttosto bassa confronto alla sua altezza. Non una ragazza qualsiasi o sconosciuta, ma un ex collega che si trovava nella Gilda con lui, per quanto la conoscesse poco, il suo viso pieno di rabbia e invidia e i suoi capelli rossi e lunghi, erano probabilmente troppo singolari per poterli scordare così facilmente.

"Non ce la fai proprio a stare più attento? Guarda! Hai fatto cadere la valigia e-" si blocca pietrificata dalla paura una volta riconosciuto il volto dell'uomo che gli ricordava quell'organizzazione che aveva tradito per salvare Atsushi Nakajima.
"Uhm- scusami" Poe va avanti senza nemmeno voltarsi dalla giovane ragazza, solo per darsi pace e lasciarla stare notando anche la sua evidente paura.
"Hey, Edgar Allan Poe!" Lo blocca all'improvviso urlando a voce alta il suo nome completo, costringendolo così a bloccare il passo e voltarsi da lei "anche se la Gilda si è sciolta dovresti avercela con me comunque"
"Dovrei?" Nella mente di Poe risuonò potentemente questa domanda dovrei?.
"Non so, mi stavi completamente ignorando"
"Non mi piacciono i litigi"
"Si, immaginavo, e, uhm... Ora che fai?"
"Ecco... Scrivo e- e risolvo casi..." L'ansia lo travolse anche a quella minima domanda.
"Uh, sembra interessante, tu, ecco, non hai una casa?"
"Si... Diciamo che ce l'ho, uhm" su su Edgar trova qualcosa da dire, non è troppo complicato, inventa scuse per abbandonare la conversazione, sta parlando a voce troppo alta e se continua così con il mio tono basso non riusciremo nemmeno più a conversare "stavo giusto tornando a casa..."
"Oh, va bene, scusa il disturbo allora" sorride un po' malinconica entrando nell'hotel.

Non erano affari suoi il perché lei volesse così disperatamente parlare con qualcuno o avesse bisogno di stare in quell'edificio per avere un tetto sopra la testa. Doveva solo lasciarsi alle spalle anche quella conversazione per continuare nel suo viaggio verso casa, ma soprattutto, per trovare una piccola spinta ad andare avanti in quel momento. Solo lui stesso poteva cambiare le cose e mettere fine a questo loop infinito, eppure, gli mancava solo la forza.

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~~~~~~~~~~~ANGOLO AUTORE~~~~~~~~~
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heylaa guys, finalmente come prima storia di quest'anno ho deciso di iniziare una Ranpoe, che avevo già in mente da un po' di tempo.
questo ovviamente era solo un prologo per mostrare la situazione iniziale più dal punto di vista di Poe, letteralmente un prologo per dare via alla storia in modo drammatico, un po' come è mio solito iniziare le storie.

spero che questo "primo" capitolo, forse troppo lungo, via sia piaciuto, nel caso potete farmi sapere anche nei commenti, e lasciate nel caso anche una stellina per votare la storia.
bye <3

Ranpoe ~ solve our caseWhere stories live. Discover now