Prologo

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***QUESTO RACCONTO È REGISTRATO SU PATAMU***



Hay River, Canada

Dieci febbraio 2017


Vivere in un paesino di tremilacinquecento anime è come crescere in famiglia. Tutti conoscono ogni dettaglio sulla vita degli abitanti del villaggio. Non sempre è una buona cosa, soprattutto se si proviene da una storia piena di violenza e ferocia. Melissa lo sapeva bene, perché come la vita dei vicini le era chiara e palese, la sua era conosciuta da tutti: nulla di così orrendo era mai capitato da quelle parti e la tragica storia della famiglia Rocher era sulla bocca di tutti, anche dopo lunghi venti anni dall'accaduto.

Camminava per le strade di Hay River affannata e, con difficoltà, riusciva a mantenere un passo veloce. La neve non le permetteva sempre di tenere l'equilibrio e tra scivoloni e riprese, Melissa continuava imperterrita a prendere velocità. La sua delicata pelle era in quel momento pallida, se c'era un po' di rossore sulle guance era dovuto al freddo gelido di un febbraio sempre buio e nuvoloso. Cercava di respirare il più possibile e il vapore usciva a ritmo di passi dalla sua bocca rosea. I suoi occhi scuri trattenevano, per via delle lunghe ciglia, piccoli granelli di neve che, a contatto con l'aria, si ghiacciavano. I suoi lunghi capelli lisci color pece svolazzavano, seppur fermati alla radice dal suo inseparabile cappuccio bianco, ovviamente di lana pura, fatto dalle mani della dolce madre adottiva.

Melissa adorava passeggiare per le strade del villaggio: l'aria profumava di dolcetti al burro, che tutte le famiglie, in quel periodo dell'anno, facevano spesso. Non si limitavano a infornarli a Natale, iniziavano già a ottobre e finivano a marzo, perché i biscotti al burro erano tipici di quel luogo. A dire il vero, molte famiglie riuscivano a vivere grazie alla produzione e alla vendita di quei dolcetti e qualcuno aveva persino aperto delle fabbriche di "butter biscuits".

Amava quel largo fiume e spesso stava a osservarne le acque, in quel periodo sempre in piena. I pini imbiancati e le casette in legno le elargivano un senso di pace e tranquillità in grado di farla felice. I caminetti accesi facevano fuoriuscire dalle canne il fumo e il paesaggio sembrava avvicinarsi a una cartolina per turisti.

Quel giorno, però, a Melissa non importava nulla di tutto ciò, doveva necessariamente rientrare a casa e chiedere all'uomo che l'aveva adottata quando aveva appena sei anni, se fosse stato vero ciò che aveva sentito dire in paese.

Erano quasi le diciannove quando riuscì a varcare la porta dell'abitazione.

«Papà» urlò, sbattendo la porta. «Accidenti, papà, dove sei?»

Si tolse a fatica gli stretti stivali di gomma, saltellava con un piede e poi con l'altro per sfilarseli e, una volta fatto, li tirò sotto la panca adiacente alla parete che delimitava il corridoio d'entrata. Tolse giaccone, cappuccio e sciarpa appendendoli in modo confusionario sull'appendiabiti. Velocizzando il passo arrivò nella prima stanza che la casa presentava: un open space che comprendeva cucina e salotto, seppur in stile rustico. Sebastian e Rose stavano accanto al camino in mattoni rossi e parlavano a bassa voce. Melissa comprese che stavano discutendo su qualcosa di veramente importante.

«Risolveremo tutto, Rose, farò in modo che torni in prigione.» affermò l'uomo mentre spingeva la moglie a sedersi sul grande divano in pelle color mogano. Sebastian le passò una tazza di tè, mentre posizionava i biscotti al burro sul piccolo e basso tavolino di legno scuro.

Oscuri segretiWhere stories live. Discover now