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Manuel non è mai stato tipo da appuntamenti romantici. La sua bizzarra e futuristica idea di romanticismo è quella di presentarsi sotto casa, sbattere le palpebre, dire due o tre moine e boom, la ragazza in questione inizia a ridere, con quella risatina che sembra tanto un , e il gioco è fatto.

Con Chicca è stato diverso, le voleva bene, ma in un modo un po' immaturo, come si vuole bene ad una cara amica. Non c'erano fiamme, solo ruscelli tranquilli. Era pace, senza esserlo del tutto.

Alice, invece, lo attraeva come lo attraggono i pericoli, con lei si sentiva come se stesse andando in moto a trecento all'ora senza freni. Senza la paura di schiantarsi, però, perché era proprio la paura che stava cercando: un modo per sentirsi vivo, per sentire il sangue scorrere nelle arterie, per sentire di valere qualcosa. E' stato fuoco, con lei, è stato come bruciarsi, ma è stato anche paradossalmente troppo poco doloroso, perché una parte di lui – piccola, quasi inesistente – lo sapeva che sarebbe finita così ed era pronta. E forse, forse cercava proprio quello: la certezza di non valere niente. Voleva la dimostrazione che fosse così, voleva essere certo di essere un pezzo insignificante di un grande puzzle, un pezzo che non vale niente, che può fare errori e commettere reati e mandare tutto a puttane. Voleva essere qualcuno per cui nessuno avrebbe pianto, se fosse finito in galera.

Poi è arrivato Simone. Anzi, Simone c'era già, fin da prima, solo che Manuel non l'aveva mai davvero sentito. Mai così tanto. Ma questa è un'altra storia.

Il punto di tutto è che Manuel odia gli appuntamenti romantici, motivo per cui non ha idea di come sia finito di venerdì sera, con due gradi e mezzo, seduto ad un tavolino a bere vino bianco con Grace.

Grace è la nuova ragazza della quinta C, è inglese e si è trasferita da poco a Roma. E' senza dubbio bella, capelli lunghi e chiari, occhi scuri, guance lievemente rosate. Parla italiano meglio di come lo parla lui e gli muore dietro dal quindici di settembre. Manuel è bravo ad accorgersi degli sguardi delle ragazze su di sé e ha sempre sentito i suoi occhi addosso quando camminava per i corridoi, quindi sa di esserle sempre piaciuto. Le ha chiesto di uscire, però, solo due giorni fa: le è andato addosso apposta in corridoio, di fronte alla macchinetta, poi le ha sorriso con quella faccia da schiaffi che si ritrova e lei gli si è sciolta davanti.

"Potresti veni' a bere 'na cosa, un giorno di questi" le ha detto, facendole l'occhiolino.

Ed è quello che stanno facendo ora: stanno bevendo, seduti su questi sgabelli scomodi, e Manuel vorrebbe essere ovunque tranne che qui perché Grace è bellissima, interessante, seducente, ma la sua testa è altrove.

Solo che ormai è incastrato qui, quindi si sforza di fare conversazione.

"Che ne pensi di Roma, allora?" le domanda, alzando gli occhi dal tavolino e puntandoli nei suoi.

"Caotica, ma ci ero già stata. Mia mamma è nata a Latina, quindi da piccola ogni tanto venivamo qui per le vacanze" gli racconta lei, sorridendogli leggera. "Anche se la città più bella d'Italia è Firenze, ma forse non dovrei dirlo ad un romano come te."

Manuel strabuzza gli occhi, esagerando apposta la reazione.

"M'hai ucciso, Grace. Me sento il core spezzato a metà." E per rimarcare il concetto si porta una mano al petto.

Grace ridacchia, in modo buffo. E' una bella risata, realizza Manuel, ma non è la risata a cui sta pensando da ore.

Se fosse onesto con se stesso – e non lo è – ammetterebbe di avere un problema: è seduto di fronte ad una ragazza fighissima, eppure non riesce a pensare ad altro che non sia quel coglione di Simone. Quel coglione del suo migliore amico che non gli risponde al cellulare da tre ore e mezza. Quello stupido idiota che è uscito con uno sconosciuto di tinder e che lo sta ignorando. Oppure che è finito in un fosso, che si è schiantato da qualche parte, che è stato rapito. Manuel è preoccupato, ha lo stomaco chiuso, gli prudono le mani ed è distratto.

Che cosa ci siamo fattiWhere stories live. Discover now