<<Disgustoso. Dopo tutto quello che ho fatto per lui...>> continuava a blaterare, infuriata.

<<Devo andare, mamma>> tagliai corto, consultando l'ora.

<<Dove?>>

<<Parto per Trento, faccio un giretto in centro e la sera ho un'altra presentazione.>>

<<Non mi hai neanche detto com'è andata la prima. Quel messaggio era totalmente inadeguato.>>

<<Ti racconterò tutto, mamma, promesso. Stammi bene.>>

Finii la colazione e presi un'aspirina per il mal di testa che mi stava già aggredendo. Parlare coi miei era sempre sfiancante, ma la mamma sembrava addirittura peggiorata in quei tre giorni.

Non era stata favorevole alla mia idea, ma non l'aveva neanche apertamente osteggiata. Quando le avevo detto che dovevo ritrovare la serenità dopo quello che era successo con Nicola, non aveva più opposto resistenza. Mi aveva fatto mille raccomandazioni e soprattutto mi aveva strappato la promessa che le avrei telefonato ogni giorno per raccontarle cosa stavo combinando. Devo ammettere che avevo scordato la promessa e ogni volta che ricevevo una sua chiamata ero nel bel mezzo di qualcosa di importante - come la cena con Roberto, o un bagno di fango al centro benessere - e poi mi scordavo sempre di richiamarla.

Non era facile vivere da sola con la mamma, e uno dei miei progetti per quando sarei tornata era cercarmi un'altra casa. Sarebbe stata dura andare avanti da sola ma sempre meglio che sorbire le sue quotidiane lamentele e le sue pungenti frecciatine contro papà. Iniziavano sempre con un "tuo padre" pieno di accusa, come se me lo fossi scelto io nel negozio dei genitori e non lei nella fabbrica dei mariti.

Forse adesso che era tornata in ospedale avrebbe finalmente pensato ad altro e si sarebbe lasciata quella storia alle spalle. Sembrava determinata a trovare la felicità, come papà l'aveva trovata con quella misteriosa donna che non mi aveva ancora fatto conoscere ma che era costantemente nei suoi discorsi. "Margherita ha letto i tuoi romanzi, le sono piaciuti moltissimo. Margherita fa una carbonara coi fiocchi, una sera di queste te la farò provare. Margherita ha adottato un altro randagio, era pelle e ossa, l'ha trovato nei campi dietro casa sua."

Mi ero ormai fatta un'immagine mentale di quella donna ma non vedevo l'ora di incontrarla per sapere se andava davvero bene per papà. L'avrei giudicata spietatamente, avrei emanato il mio verdetto e lui avrebbe dovuto accettarlo.

Il cellulare vibrò, facendomi tornare alla realtà, e lessi il messaggio di Cinzia.

"Come procede?"

Aggrottai la fronte, e risposi rapida: "Stavo per chiederti la stessa cosa. Novità sul film?"

La risposta si fece attendere, e arrivò come una doccia gelida.

"Siamo ancora in trattativa. Tu concentrati sul nuovo romanzo. Ne stai scrivendo uno, vero? È a questo che serve il ritiro spirituale che stai pubblicizzando sui social. Non è solo una vacanza. Vero?"

Avrebbe potuto scrivere quell'ultimo "vero" a caratteri cubitali, e l'effetto sarebbe stato il medesimo. Me la vedevo, la mia cara editrice, un metro e cinquanta con i tacchi, le gambe rivestite da calze di nylon sollevate sulla scrivania in vetro e acciaio del suo ufficio all'ultimo piano di un palazzone chic, la permanente che le gonfiava la testa come una criniera e il rossetto acceso che le segnava i denti ingialliti dalla nicotina, mentre ticchettava le dita smaltate sul portatile in precario equilibro sulle cosce. Me la vedevo, mentre spiava i miei social, le labbra corrugate in quella smorfia a culo di gallina che avevo imparato a detestare... e a temere al tempo stesso. Me la vedevo, mentre si dibatteva tra il desiderio di farmi tornare in riga con una violenta bacchettata sulle mani come una scolara dei bei tempi andati e la paura di perdere un'autrice che l'aveva arricchita e portata in testa alla concorrenza.

Nonostante fosse uno squalo senz'anima dedita solo al dio Denaro, non riuscivo a tenerle testa. E non ci riuscii neanche quel giorno.

"In effetti ho qualcosa tra le mani. Un'idea che vorrei sviluppare." Poi ci ripensai, cancellai l'ultima frase e scrissi: "che sto sviluppando."

La risposta arrivò subito, lapidaria. "Racconta."

Io osservai il soffitto, inspirando forte dalle narici. Poi sganciai la bomba: "Una coppia di innamorati fa una gita in pedalò al lago e scompare nel nulla. Nessuno denuncia la loro scomparsa e per due mesi le acque restano tranquille, ma poi arriva qualcuno a investigare sulla faccenda e scopre l'orribile verità."

"E qual è?"

"Dovrai leggere il romanzo per scoprirlo."

La risposta non si fece attendere e potei quasi vedere i suoi occhi brillare rapaci. "Così mi piaci! Mandami i primi capitoli il prima possibile. Sto fiutando un altro best-seller!"

Promisi di inviarle qualcosa entro pochi giorni, e subito mi sentii addosso una pressione indesiderata. Speravo solo che Valentina avesse qualcosa di succoso da raccontarmi. Ormai ero entrata in quelle acque turbolente e c'era un solo modo per uscirne: scavare fino in fondo e raccogliere abbastanza informazioni per partorire qualcosa di significativo per me, il mio pubblico e la mia tremenda editrice.

Anche se questo mi avrebbe portata a pestare un po' di piedi. 

Mistero in riva al lagoWhere stories live. Discover now