Capitolo 5

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Erano circa le 9:00 quando fui svegliata dall'odore di caffè proveniente dalla cucina. Sollevai la serranda della finestra, rimanendo quasi accecata dalla forte luce di quella mattina; era una splendida giornata di sole.

Entrai sbadigliando in sala da pranzo, mentre i miei genitori erano a tavola che facevano colazione. Notai che c'era una terza tazzina vuota nel posto di fronte a quello di mia madre.
"Ma buongiorno." disse qualcuno. Mi voltai di scatto: Ettore era seduto sul nostro divano, aveva le gambe incrociate e teneva un giornale che doveva avergli dato mio padre. Sembrava che si sentisse completamente a proprio agio, come se fosse a casa sua. "Hai visto chi è venuto a trovarci?" esclamò entusiasta mia madre.

"Che ci fai qui a quest'ora?" chiesi. "Vestiti. Beatrice ha organizzato una passeggiata vicino a dove abita. Ci saranno anche Marco e Selene.". Lo guardai sorpresa. "Mi ha minacciato di rubarmi le altre sigarette nel caso non ti avessi avvisata." aggiunse poi. "Assurdo," pensai, "sta facendo tutto questo per delle sigarette.".
"E dove sta questa Beatrice?" domandò mio padre. "Tra Piazza Europa e San Giovanni Li Cuti." rispose Ettore.
"Ma che fortunata, ho sempre voluto vivere a due passi dal mare!" commentò mia madre.
"D'accordo." dissi. Volevo approfittarne per poter vedere più da vicino quel dolce sfondo blu che prima ero solita ammirare soltanto da lontano.

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"Manca ancora molto?" chiesi. Stavamo camminando già da un po'. "Sì se continuerai a trascinare i piedi in quel modo." rispose l'idiota. Lo odiavo, come sempre.
In realtà, non era solo la stanchezza che mi faceva rallentare il passo: avevo mille domande in testa che volevo porgli, ma non sapevo da dove iniziare.
"Ehi, senti, hai per caso un secondo nome? Non so, tipo... Alessandro?". "Nono," pensai, "non posso chiederglielo così. Sembrerei quasi una stalker.". "Ah, a proposito del tuo alter ego... Come sta?", "Hai uno pseudonimo?", "Come chiameresti tuo figlio?": queste sono solo alcune delle orribili idee che si ripetevano nella mia mente.

Sbattei la testa contro un basso ramo di albero. "Ahia!" urlai. Stavolta mister prepotenza si voltò, "È incredibile." disse ridendo, mentre si avvicinava. "Neanche se ci provassi di proposito riuscirei a sbattere proprio lì.". "Tranquillo Aless... Cioè, Ettore.". "Come mi hai chiamato?" chiese subito, sorpreso. "Ettore... Non è questo il tuo nome?" risposi con finta indifferenza, mentre facevo cadere delle foglie che erano rimaste impigliate tra i miei capelli.
"Stavi dicendo "Alessandro"?". Il mio vicino mi scrutava negli occhi, come se la questione gli interessasse particolarmente. Inutile dirvi che vidi sfocato per qualche istante.
"No." mentì, "Non conosco nessun Alessandro, tu invece?" chiesi, approfittando della situazione. "Ne conoscevo uno, in effetti." rispose. Io avevo finito di sistemarmi. "Sbrigati adesso, non arriveremo mai così." riprese, cambiando improvvisamente discorso.

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"Eccovi!" esclamò Beatrice, correndo verso di noi. Mi abbracciò.
"Oggi fa proprio caldo, non trovate?" osservò Marco, mentre teneva per mano la sua timida fidanzata.
"Chi ha invitato Noah?" chiese scortesemente il mio vicino.
"Noah." rispose la mia amica, facendo sentire suo fratello ulteriormente a disagio.
"Oggi c'era troppo caldo dentro casa... E poi ho già finito tutti i compiti per questa settimana e per quella seguente." spiegò il mio rappresentante di classe; rimasi particolarmente sorpresa da quello che diceva, dato che io, invece, ero a stento riuscita a ripetere tutte le pagine assegnate per il giorno dopo.

Iniziammo a passeggiare tutti insieme. Oltre la ringhiera sul bordo del marciapiede, si estendeva il mare. Il rumore delle basse onde che si infrangevano sugli scogli era irregolare, ma estremamente rilassante. Si respirava aria pulita, mentre l'odore dell'acqua salata si poteva percepire da qualsiasi distanza.

Ebbi un'altra delle mie strane sensazioni, sicuramente legata ai soliti déjà vu di quel particolare periodo della mia vita.
Respirare il profumo del mare mi faceva sentire come se avessi ricominciato improvvisamente a vivere, dopo molti anni di silenzio. Se ci fosse stato Platone con me, probabilmente avrebbe pensato che la mia anima si fosse appena risvegliata da un lungo sonno.

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Eravamo seduti sopra degli scogli, chiamati "li cuti" (termine derivante dal dialetto locale), come mi spiegò Noah. Quest'ultimo era accanto a me che scriveva qualcosa sul suo quadernetto. "Ma non aveva detto di aver già completato tutti i compiti?" mi chiesi.

"Allora Adele, pensi di esserci al compleanno di Selene? Sarà a dicembre." domandò Marco, entusiasta, mentre abbracciava la sua ragazza.
"Mi... Mi farebbe tanto piacere." aggiunse lei. La sua voce era dolcissima.
"Credo proprio di sì!" risposi a entrambi.
"Non vedo l'ora di vedere il vestito che hai scelto, Selene. Scommetto che sarai stupenda!" commentò Beatrice.
Ettore non ci ascoltava, osservava il mare.
Marco si alzò per andare a sciacquarsi le mani e bagnarsi un po' la testa.
"Che scrivi tu?", la mia compagna rubò a Noah il suo quaderno.
"Ridammelo!". I due iniziarono a rincorrersi, cercando di mantenere l'equilibrio sugli scogli; Beatrice era piuttosto agile, mentre suo fratello era palesemente in difficoltà.
"Oh no, hanno ricominciato!" urlò Marco, ridendo, mentre li guardava da lontano. Ettore sorrise.

Il mio rappresentante era rassegnato, dato che non riusciva proprio a raggiungere sua sorella. Quest'ultima si divertiva a saltellare avanti e indietro su quelle particolari pietre laviche.
"Sapete perché questa spiaggia è forse la più amata della città?" iniziò a leggere; Noah era in estremo imbarazzo.
"Perché fu proprio l'Etna a realizzarla. Incredibile, non trovate? Un vulcano che si preoccupa di offrire dei doni al mare, in modo del tutto naturale e spontaneo. Ammirevole l'umiltà della lava, che dalla più alta cima d'Europa decide di raffreddarsi, pur di poter essere accolta dai fondali marini.
È la forza di attrazione tra gli opposti. È la grandezza della natura, che non sarà mai in grado di smettere di sorprenderci. È un sentimento infinito, come l'orizzonte di fronte a noi. È amore...". La ragazza si interruppe un istante, per sospirare; sembrava segnatamente commossa.
Amore tra Lava e Oceano." terminó.
Erano rimasti tutti sorpresi. Io iniziai ad applaudire, senza neanche accorgemene. Gli altri mi seguirono, persino Ettore e Beatrice, che generalmente erano soliti prendere in giro il povero Noah.
"È il mio fratellino!" esclamò fiera la mia compagna.

Quel giorno fu probabilmente uno dei migliori della mia vita, semplicemente perché non mi era mai capitato, prima di allora, di sentirmi davvero a mio agio all'interno di un gruppo di amici. Per la prima volta, era come se facessi parte di qualcosa. Adesso c'erano tante persone interessanti intorno a me.

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Erano circa le 20:30 quando iniziai a sistemarmi per la notte. Quella sera ero particolarmente di buon umore. Pensai che l'aria di mare dovesse proprio avere un ottimo effetto su di me.

La mia allegria fu tuttavia interrotta dall'ennesimo improvviso rumore di flash che penetrò della finestra, la cui luce illuminò nuovamente la stanza per pochi secondi. Avevo talmente tanta paura che stavolta non ebbi nemmeno il coraggio di affacciarmi a cercare il colpevole.
Chi si stava nascondendo lì fuori?

Amore tra Lava e Oceano Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora