IL CIGNO BIANCO

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"E la luna bussò, alle porte del buio, «fammi entrare!», lui rispose di no."
-Loredana Bertè.

«Come spiegheresti il buio a qualcuno che non ha mai avuto la possibilità di vederlo?» Mi chiesero. Chiaramente ognuno di noi risponderebbe che si tratta di un ambiente privo di luce. Ebbene, io risposi «Una ferita.»
Il buio non è l'assenza di luce, è l'assenza di sentimento.
"La perdita di una persona cara? Buio. Un litigio importante? Buio.
Il sentirei completamente soli? Buio.
Un buio diverso da quello della notte, senza il frinire dei grilli e senza stelle in cielo. Senza aerei che illuminano il cielo con delle piccole lucine rosse, e che ci sembrano così vicini.
Il vero buio, la vera oscurità, non ci da modo di andare verso la luce… sta a noi dare la possibilità alla luce di venirci incontro.
Ma cosa potrebbe succedere se due anime buie iniziassero a camminare sulla stessa strada, insieme, verso la stessa meta?
Due cuori puri, feriti, ma diversi. Due cuori come quelli di Selene e Matias, raccontati e descritti come in una storia divina e perfetta.
Lei seduta su un grande masso di fronte ad un lago che sembrava di diamanti, con una bellezza naturale e dei lunghi ricci castani che le cadevano delicati sulla schiena. Indossava un lungo vestito bianco, con i piedi scalzi e immersi nell'acqua limpida, mentre passava il tempo ad osservare i cigni; dei cigni un po' troppo grandi per essere reali, forse li stava solo immaginando con l'aiuto della sua infinita fantasia da bambina spensierata, una cosa che nonostante gli anni non era mai cambiata.
Uno dei cigni le s'avvicinò, era il più grande che si poteva trovare in quelle acque ed il suo manto era di un bianco che quasi accecava. Portava alcuni riflessi che sembravano argentati sulle ali ancora chiuse. Quando le sfiorò delicatamente il braccio col suo becco, lei alzò il volto che teneva fisso a terra: il suo viso era completamente ricoperto di graffi, di cicatrici, di ustioni e crepe, come fosse una bambola di porcellana caduta a terra. Nonostante tutto, sotto quei segni, il suo viso era quello di una fata. Gli occhi grandi e marroni, un piccolo naso così delicato che sembrava dipinto e le labbra rosacee.
Il cigno, incuriosito dalla ragazza, alzó il collo più in alto che potesse, e riuscì a sfiorargli delicatamente la guancia pallida.
Lei gli sorrise dolcemente, ma non aprì bocca. Il cigno piegò la testa, come fosse confuso, poi cercò di alzare delicatamente il vestito che lei indossava. «Non stupirti amico mio, sono piena e non solo in volto.» Parlò per la prima volta. Poi continuò. «Ti starai chiedendo che strana figura mitologica io sia, immagino. Bè, la verità è che non ne sono a conoscenza neanch'io. So soltanto che ogni volta che provo del dolore, questo poco dopo mi rimane inciso sulla pelle.»
Il cigno parve più confuso di prima e guardò la ragazza chiedendole quasi il permesso per toccarla di nuovo.
«Stai tranquillo, oramai non mi provocano più alcun tipo di dolore… Soltanto che non posso fare a meno di pensare a tutto il male che ho subito, ogni volta che la mia immagine viene riflessa sulle acque di questo lago… Però ho capito, amico mio, il modo migliore per non avere altre cicatrici sul mio corpo, è quello di tenere lontana qualsiasi persona, così non subirò più dolore.»
L'animaletto scosse la testa, come volesse rimproverarla. «Non so se sia giusto o no, ma sta funzionando!» Continuò lei.
Il cigno si diresse fuori dall'acqua, dove si trovava una grande distesa di fuori bianchi; ne strappò uno e lo diede a lei.
Quest'ultima sorrise quasi malinconica ma lusingata dal gesto, e afferrò il regalo dell'animale, avvertendo poco dopo un dolore lancinante alla mano. «Cavolo! Questo fiore ha le spine!» Gridò.
Il cigno annuì.
«Mi prendi in giro?» Chiese lei, osservandosi l'indice sulla quale si era punta.
L'animale si diresse questa volta dall'altra sponda del piccolo lago e strappò un altro fiore; fece attenzione a non bagnarlo per tutto il tragitto e le porse anche quest'ultimo.
«No, non lo prenderò questa volta.»
Il cigno insistette.
«Ho detto no!» Gridò lei.
L'animale posò il fiore accanto a lei e si allontanò.
La bellissima ragazza, delusa dal gesto del cigno, guardò quel rosaceo fiorellino e notò un particolare, questo, al contrario del precedente, non aveva le spine.
«Oh no... aveva delle buone intenzioni e l'ho cacciato via.» Si rattristì lei.
Il cigno tornò poco dopo e rimase fisso a guardarla.
«È questo quello che volevi dirmi, vero? Che nonostante le tante spine che ho ricevuto non posso continuare a rifiutare anche i fiori innocui.» Il cigno aprì le maestose ali alzando il muso verso l'alto. Era un chiaro si.
Il rumore di foglie calpestate però, attirò la loro attenzione, facendoli voltare.
Poco lontano da loro c'era un ragazzo, alto e bello, anche lui vestito di bianco.
«Lui è uno di quelli! È uno di quelli che mi ha provocato dolore. Non mi avvicinerò a lui.»
L'animale la guardò per qualche secondo, poi scosse la testa.
«Sono sicura che anche lui mi ferirà, come gli altri.»
Scosse di nuovo la testa e si avvicinò, avvicinando alla ragazza anche il fiore senza spine.
«Davvero? Secondo te sul mio corpo non comparirà nuovamente una crepa?»
Scosse nuovamente la testa come fosse un gesto meccanico, ed entrambi tornarono a guardare il ragazzo, che si accorse della loro presenza e ne rimase incantato. La ragazza sembrò tremare quando notò che, anche lui, portava tante piccole cicatrici, molte più numerose di quelle di lei.
«Guarda il suo volto... Non avevo mai visto così tante crepe su un solo corpo.»
Il cigno annuì e guardo le spalle di lei, poi subito immerse il collo in acqua e corse via, vedendo il ragazzo avvicinarsi.
La bella si alzò e lo guardò, mentre lui camminava piano nella sua direzione.
«Salve.» La saluta il giovane con voce amorevole.
«Salve..» Ricambia lei, quasi impaurita, maledicendo il cigno per averla lasciata da sola.
«Non l'ho mai vista prima d'ora. Vive da queste parti?»
«No, ho solo fatto una lunga passeggiata... vivo dall'altra parte del lago»
A lui sembravano non importare le parole della donzella, era semplicemente ammaliato nel guardarla.
«Lei è davvero stupenda.» Commentò, e lei arrossì.
«Grazie...» Rispose timidamente.
«Posso chiederle il suo nome?» Continuò il ragazzo.
Lei ci pensò qualche secondo e proprio quando pensò di rifiutare, si ricordò del fiore. Quel fiore senza spine che esteticamente era come tutti gli altri.
«Selene.» Rispose infine, trovando il coraggio di rischiare di nuovo.
«Che bel nome, è delicato proprio come lei! Il mio nome è Matias, molto lieto.»
Cadde un silenzio improvviso, lasciando spazio al rilassante rumore delle onde del lago, contornate dal cinguettio degli uccelli e dal rumore delle cicale sugli alberi.
«Deve tornare a casa? Posso scortarla sul mio cavallo se vuole. È proprio laggiù!»
«La ringrazio davvero, ma credo di potercela fare da sola.»
Il cigno, nascosto tra le piante, si precipitò verso di lei e la spinse leggermente verso il ragazzo, facendoli avvicinare più di quanto entrambi desiderassero.
«Oh, mi dispiace tanto! È stata colpa del cigno.» Si scusò la ragazza.
«Non si preoccupi, non c'è problema. È stato un vero piacere conoscerla ma credo che io non sia molto di suo gradimento. Le auguro una buona giornata e se mai dovesse capitare in città può chiedere di me, mi farebbe piacere rivederla. Arrivederci, Selene.» Le afferrò la mano, baciandogliela delicatamente, provocando alla ragazza una strana sensazione nello stomaco.
Lei si voltò verso l'amico cigno, che la guardò incredulo.
«Non guardarmi così! Apprezzo il gesto, ma non mi fido!»
L'animale entrò rapido in acqua e si immerse.
«Ehi! Non andartene!» Lo pregò lei.
Esso riemerse, sputando dal becco un forte getto d'acqua che la bagnò completamente.
«Cavolo! Sei davvero un disastro! Ora mi prenderà una polmonite!»
Il cigno la guardò soddisfatto.
«No, non chiederò a lui di accompagnarmi alla mia casa!»
L'animale si immerse di nuovo.
«Ok ok, basta. Ho capito!» Gridò lei.
Selene si voltò, mentre il ragazzo stava voltare l'angolo.
«Signor Matias!» Gridò. Lui si voltò in sella al suo cavallo dello stesso colore dei vestiti di entrambi, e rimase a guardarla per qualche istante, prima di avvicinarsi nuovamente al lago.
«È ancora valida la proposta di scortarmi a casa?» Arrossì, e lui sorrise.
«Assolutamente! Salga su, la aiuto.» Continuò, porgendole la mano.
Lei gliel'afferrò e montò impacciatamente in sella al cavallo, sistemandosi il vestito di lato. Mentre il cavallo si allontanò, il cigno rimase a guardare la scena di quei due ragazzi di una bellezza fuori dal normale, che non sapevano ancora che sarebbero diventati l'uno indispensabile per l'altra, finalmente senza più spine sui fiori.
«Allora Eros! Ti decidi a tornare su?»
Una voce dal cielo richiamò l'attenzione del cigno.
«Eccomi Zeus!»
Il grande cigno scomparve, quasi dissolvendosi, facendo comparire un ragazzo; non troppo alto, molto magro, con qualche riccio dorato qua a là ed una corta gonna di foglie verdi.
«Hai lanciato un'altra freccia?» Chiese la voce dal cielo.
«Si, capo Zeus. È stato divertente! Quei ragazzi non si lasceranno più! Avete visto le loro cicatrici? Sembaravano completarsi come un dipinto!»
«Ottimo Cupido, adesso torna su, sto perdendo la pazienza!»
«Arrivo padre!»
Comparvero delle maestose ali angeliche sulla sua schiena, che lo aiutano a risalire proprio lì, nell'Olimpo, dove già da tempo stava osservando i due ragazzi con il solo intento di scoccare quella freccia.
Scomparve e nessuno lo vide più, ma Selene non si dimenticò di lui, e continuò ogni giorno a sedersi su quel masso e a specchiarsi sulle acque limpide, raccogliendo fiori senza spine e vedendo pian piano il suo corpo rimarginare ogni cicatrice.
Il buio era in lei, ma il cigno riuscì a fare avvicinare la luce del ragazzo che nonostante le cicatrici era rimasta accesa, così da farla splendere come essa meritava, migliore dei modi."
E fu così che raccontai il buio.

IL CIGNO BIANCODove le storie prendono vita. Scoprilo ora