Presenza

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1965, Giappone. Prefettura di Yamanashi

L'albero su cui Jisung era appolaiato era un jinko, alto abbastanza da nasconderlo alla vista di chi passava al di sotto di esso. Le foglie dorate che lo avvolgevano gli concedevano una perfetta mimitizazione, mischiandosi ai suoi capelli che brillavano di un simil colore.
Questa cosa però gli era concessa solo d'autunno, quando tutto il bosco che circondava la casa, indossava abiti dalle calde sfumature sull'arancio, prima dell'inverno.
Da quando era diventato un vampiro erano passati cinque anni, e da allora la sua routine giornaliera consisteva in un addestramento continuo supervisionato dagli altri componenti della casa; quel momento, dalle nove alle dieci, era ciò che poteva ritagliarsi per sé stesso, prima che Changbim lo chiamasse.
Changbin lo istruiva sulla sua forza, insegnandogli a bilanciarla; Jisung si era trovato subito bene a trattare con il suo carattere eccentrico, forse perché in quel senso erano abbastanza simili, con Felix invece, aveva trovato il suo benessere attraverso la dolcezza che quell'individuo emetteva, con lui era stato facile andare d'accordo. Felix aveva il compito di spiegargli come funzionavano i suoi nuovi istinti: dall'olfatto, all'udito fino al gusto; solitamente si alternava con Bang Chan, ma quest'ultimo era più impegnato a monitorare le missioni che a starlo a seguire, anche se Jisung preferiva il temperamento schietto di Bang Chan, che la vivacità solare di Felix; il primo era decisamente un perfetto insegnante, ed esercitava la sua conoscenza con decisione e pacatezza, riconoscendogli i meriti, e rimproverandolo per gli errori.
Bene o male aveva fatto la conoscenza di tutte le personalità che entravano ed uscivano dalla villa, solo Hyunjin non sembrava dello stesso avviso.
Il Principe doveva insegnargli le tecniche di combattimento, e Jisung lo aveva ammirato la prima volta che l'aveva osservato scontrarsi contro Changbin. Era di una bellezza disarmante: alto, snello, con capelli lisci e neri come l'ebano, ma erano le sue capacità ad averlo colpito maggiormente. Hyunjin era un lupo: agile, veloce, e scaltro, pronto a balzare al collo dell'avversario alla prima occasione.
;Changbin non aveva avuto possibilità di vittoria.
In primis si sentiva onorato a dover imparare da qualcuno come lui, ma non era stato necessario far passare troppo tempo perché si rendesse conto che i pugni che gli assestava, ed i commenti acidi con cui lo istruiva, evidenziassero solo il disprezzo che provava nei suoi confronti. Jisung ci mise poco a ricambiare il sentimento, del tutto incomprensibile da parte sua, ma estremamente fastidioso, in quanto era lui che ne risentiva di più tra i due; per fortuna a supervisionare tutto c'era Minho, che non lo perdeva di vista, impendendo probabilmente a Hyunjin di aggredirlo come in realtà avrebbe voluto.
Se ne stava solitamente in silenzio, ad osservarlo con un espressione sfacciata in volto, sorridendogli quando lo notava con la coda dell'occhio.
Per tutto il tempo che aveva passato in suo compagnia, Jisung doveva ammettere, che non riusciva a capirlo. Minho sapeva essere estremamente schietto e sarcastico, risultando al contempo, serio ed autorevole, anche mentre esprimeva un estrema noncuranza per ciò che lo circondava.

-Non è certo la persona più facile da prendere-

Gli aveva detto Bang Chan quando aveva provato a chiedere. Ma quell'informazione aveva solo sottolineato l'ovvio.
Nonostante questo però, Minho era obbligato a stargli appresso, dato che era diventata una sua responsabilità, nell'esatto momnto in cui l'aveva scovato nel bosco.
Hyunjin glielo aveva riferito con un tono graffiante, a cui Jisung aveva risposto storgendo il naso.
Avrebbe avuto vent'anni per sempre, ma sperava che la supervisione da parte di altri finisse presto.
Non che si lamentasse troppo della presenza di Minho.
In tutto questo il più grande gli teneva compagnia, anche troppo spesso, trattandolo come un suo pari, e non come un bambino da accudire, per quello ci stava Seungmin; ed era grato quando Minho lo infastidiva perche non riusciva a fare una cosa, o gli faceva vedere i luoghi da visitare in zona, spiegandogli i limiti da non superare; sempre con la sua solita pacatezza ovvio, contornata da una certa distanza, che di certo non sfuggiva allo sguardo attento di Jisung.
Dentro di lui non sopportava l'idea di essere un peso per Minho; le parole di Hyunjin erano di sicuro affilate, ma non riusciva a negarne l'evidenza.
Per quanto ci provasse, non aveva ancora trovato il coraggio di chiedere al diretto interessato che ne pensasse a riguardo. Gli avrebbe riso in faccia probabilmente, ed avrebbe evitato la risposta, però Jisung era interessato ad essa, ed anche se non gli sarebbe piaciuta, udirla avrebbe messo fine alle sue paranoie.

Ambrosia | minsung |Where stories live. Discover now