12.i think this is the end

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Light Yagami. Diciassette anni. Fissava il suo trentanove di scarpe avvicinarsi e allontanarsi dal suolo meccanicamente, come se stessero seguendo il ritmo di una canzone. Finchè quelle eleganti scarpe non raggiunsero delle mattonelle familiari ai suoi occhi e capì di essere, finalmente, giunto a casa. Depose le calzature all'ingresso e attraversò il corridoio mormorando:"sono a casa" ma non vi fu risposta.
Per un momento elencò nella sua mente i possibili posti dove potessero trovarsi sua madre e sua sorella, ma altri pensieri gli balenarono in testa. Era ancora in fase di realizzazione e come un flash back cominciava a confondere le emozioni provate l'anno precedente con quelle che avevano iniziato a riempirlo qualche sera prima. Emise un lungo sospiro e puntò lo sguardo sui suoi anti-depressivi. Quanto tempo era che non li toccava? Settimane, mesi. Ma era sempre più convinto che se la sua psicologa giapponese l'avesse rivisitato in quell'istante gli avrebbe dato qualcosa di addirittura più forte di quelle pastiglie biancastre.
Scattò verso la credenza dove sua madre riponeva gli alcolici per le occasioni speciali. Ne estrasse una bottiglia di vodka e la fissò, la fissò intensamente, per un'istante pensò a quanto stesse sbagliando. Ryuzaki non avrebbe mai voluto che si riducesse in quel modo per lui, ma tutto ciò durò un millesimo di secondo, perchè Light credeva; Light sapeva che con quella bottiglia di liquido trasparente, e l'aiuto di piccole medicine, tutti i suoi problemi e dispiaceri sarebbero annegati in quell'infernale mix, facendogli provare, anche se per poco, un piacere immenso di cui il castano aveva assolutamente bisogno in quel momento.
E quindi prese la scatoletta di pasticche, prelevandone un paio dal contenitore d'alluminio. Se le fece scivolare in gola con il dolce ausilio dell'alcolico sentendo un grande bruciore, però senza sentire nulla, come se quel folle gesto fosse stato completamente vano. E ne prese altre due, poi altre tre e altre due ancora. E la testa non se la sentiva più, la percepiva leggera come un palloncino in procinto di volare. I mobili si deformavano, come quando da piccolo andava nella casa degli specchi e la sua immagine diventava contorta e buffa. Vedeva la sua mano come se fossero tre e i colori accesi come gli evidenziatori con cui sottolineava le parole dei libri di scuola. Non pensava più a suo padre, a Ryuzaki e a tutto il dolore provato. Non gli importava più, non ora che era steso sul pavimento a ridere per le strane forme che assumeva il lampadario della cucina. Il sangue scorreva più veloce e aveva le farfalle nello stomaco, come quando incrociò il viso di Ryuzaki per la prima volta. Ryuzaki.
Il suo crollo iniziò lì.
Scattò in piedi e si diresse in bagno con una mano alla bocca. Arrivato lì vomitò anche l'anima che gli giaceva in corpo. E acqua salata ricominciò a scendere dai dotti lacrimali.
"Perdonami" singhiozzò "Perdonami Ryuzaki" parlava a vanvera, chiedendo perdono a qualcuno che non l'avrebbe mai udito, che non sarebbe mai tornato da lui. Mai. E lui avrebbe dovuto farsene una ragione, ma non poteva, non avrebbe mai potuto.
Riempì l'acqua della vasca e ci si mise dentro, senza spogliarsi. La vergogna di essere ritrovato nudo neanche da morto l'avrebbe potuta sopportare.
Incise un taglio impreciso sui entrambi i polsi lungo e profondo il giusto per non essere riportato in vita. La sola paura era che qualcuno della sua famiglia potesse entrare in quell'istante e quindi, con le sue poche forze e il sangue che colava dalle braccia, si alzò e chiuse la porta a chiave, così nessuno avrebbe provato il dolore di vederlo morto. O almeno era quello di cui voleva convincersi. La vista iniziò a farsi offuscata e le uniche parole che riecheggiavano nella sua testa erano "sto arrivando Ryuzaki".
Esatto. La vita gli stava scivolando dai polsi attraverso quel liquido scarlatto e lui pensava all'amore della sua vita e che a breve l'avrebbe rivisto. Ed eccolo finalmente. Egli ad occhi chiusi si accasciò vicino a Light avvolgendo teneramente le sue braccia intorno al suo capo.
Light non sentiva il suo solito calore, il suo solito odore, ma averlo vicino gli bastava.
Quel giorno uno shinigami scrisse il suo nome sul proprio quaderno della morte.
Light Yagami. Diciassette anni. Suicidio.

~END

Sick Bells ~ lawlightWhere stories live. Discover now