Parte 3 - accettazione

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Aveva un fratello gemello. Dopo aver parlato con lui la cosa era diventata innegabile persino per Atsumu. Gli era stato raccontato di sua madre e allo stesso modo lui aveva raccontato del padre ad Osamu che – si accorse solo in quel momento il biondo – aveva per tutti quei giorni dato per scontato non essere imparentato biologicamente a loro. Se lui aveva negato l'evidenza per quanto riguardava suo fratello, il castano aveva fatto lo stesso con Chojiro, ma anche lui dovette ricredersi una volta viste le foto mostratogli da Atsumu. Non sembrava essere stato facile per lui appurare di essere cresciuto tra inganni e bugie, ma non aveva più importanza; non l'aveva per nessuno dei due.

Se Osamu non aveva voluto neanche pensare all'eventualità che loro padre fosse ancora vivo per non perdere fiducia nella donna che lo aveva cresciuto, Atsumu aveva rifiutato l'evidenza pensando solo di voler preservare l'immagine che si era costruito di sua madre nella sua fantasia, ma a un tratto quelle cose erano passate in secondo piano. Addirittura, forse, erano state del tutto dimenticate.

Avevano entrambi un fratello; un fratello gemello. Si erano conosciuti e poi dimenticati. Tsumu e Samu. Ecco chi erano; chi avrebbero dovuto essere.

Parlarono e parlarono ancora. Parlarono di tutto e parlarono di niente.

Se era questo che voleva dire avere un fratello, Atsumu era felice che la sua vita fosse stata del tutto scombussolata; era felice che l'immagine idilliaca di sua madre si fosse di netto trasformata.

Quando rientrarono in palestra, l'uno di fianco all'altro e con due sorrisi identici sulle labbra, tutti gli occhi corsero su di loro, ma per una volta al biondo non interessava.

Si chinò d'istinto quando Osamu sollevò una mano per arruffargli i capelli.

"Ti stanno bene." disse contento commentando per la prima volta quel nuovo colore. Atsumu lo spintonò con la spalla.

"Il coach ha minacciato di chiamare mio padre non appena mi ha visto!" l'uomo era stato più che comprensivo quei giorni, ed ancora lo fu quando Atsumu gli chiese ancora qualche giorno senza che lui sapesse nulla.

Si separarono per qualche secondo. Entrambi raggiunsero le proprie squadre ed annunciarono che avrebbero giocato contro quella del fratello. Dopo tanto tempo, finalmente, l'alzatore sentì di potersi godere appieno quel ritiro estivo che tanto aveva aspettato. Giocò a pallavolo e si divertì come sempre avrebbe dovuto essere. Persero e vinsero alcuni set, poi Osamu sollevò la rete e vi passò sotto obbligando alla panchina una delle loro ali laterali.

"Bella battuta, Samu!!" esclamò entusiasta il biondo ad un ennesimo punto. Sorrise al settimo cielo consapevole che mai, come allora, aveva amato tanto quello sport che già di suo venerava alla follia.

Quella sera, in stanza, raccontò a Suna di suo fratello. Il castano lo ascoltava rapito e – incredibilmente – del tutto dimentico del suo cellulare che trillava notifiche lì a fianco. Iniziò ad avvicinarsi sempre di più ai ragazzi dell'Inarizaki. La scuola, dopotutto, era iniziata ormai da più di tre mesi, e se prima Atsumu era convinto di non essere capace di farsi degli amici, adesso grazie a Osamu sapeva non essere così.

Si presentarono a vicenda i compagni, entusiasti di ascoltare storie sul gemello e ancor più di prenderlo scherzosamente in giro per le cose più insignificanti.

Fu a quel punto che per la prima volta Atsumu si interessò di Kiyoomi. I Miya erano seduti al tavolo insieme all'Itachiyama, ma guardandosi intorno il biondo notò mancare il loro asso.

"Sakusa non mangia con voi?" un paio di ragazzi sbuffarono una risata.

"Non mangia con nessuno!" esclamò uno di loro, poi Osamu spiegò meglio:

Haikyuu || Un volto familiareWhere stories live. Discover now