oceano, branchie e aria

11 2 0
                                    

Michael è un ragazzo che è entrato nel mondo degli uomini troppo presto. Troppo troppo presto. L'ho conosciuto tra una pillola e l'altra, in un oceano feroce e selvaggio. Ed in mezzo a quell'acqua possente, lui era lì, che nuotava tra un detrito a cui aggrapparsi e l'altro. Faceva fatica, si vedeva. Era stanco, si vedeva. Eppure dava l'impressione di una persona che quell'oceano lo conosceva, bene direi. Un nuotatore diventato tale non per volontà, ma perché necessario per sopravvivere. A volte si lasciava andare, a volte per disperazione, altre per sfinimento, oppure perché di continuare a nuotare proprio non se ne parlava. Spariva in quel turbine di acqua, per secondi, minuti, giorni o settimane. Doveva aver sviluppato una sorta di branchie, che gli permettessero di respirare sott'acqua. E a volte queste branchie erano di troppo. "Sono stufo di respirare, quando smetterò di respirare aria? Quando se ne andranno queste branchie? Che appaiono magicamente nei momenti in cui non vorrei, e scompaiono nei momenti in cui ne ho bisogno?". E allora dopo un periodo a me infinito, eccolo che risale in superficie. Spesso tornava frustrato, perché anche questa volta le branchie sembravano non sparire mai. Ma ho sempre ringraziato Dio, perché vederlo rispuntare, frustrato, stanco o felice che sia, era per me un sollievo enorme. Sembrava che l'aria che lui respirava grazie alle branchie quando spariva nell'abisso dell'oceano fosse proprio quella che io dalla zattera su cui stavo, alternando momenti di nuoto, stavo trattenendo.


Cercasi Michael Where stories live. Discover now