21. forse nemmeno ti importa

Start from the beginning
                                    

per favore, va bene anche un
visualizzato, ma fammi accertare che
sei vivo. non chiedo molto. ti prego...

in realtà, lo so che sei vivo, ed è così
difficile fare finta di nulla quando mi
sorridi e mi parli. ho paura di averti
già annoiato. a quel punto, che senso
avrebbe diventare amici anche nella
vita reale? perché se un giorno tu
dovessi scoprire quali sono i demoni
che ho dentro e te ne andassi anche
nella vita reale, non riuscirei a
sopportarlo.
messaggio non inviato

– 16:24 –

lino, mi sto preoccupando, davvero
tanto. non credevo fosse possibile
essere così tanto preoccupati per
qualcuno, soprattutto se è un
qualcuno che non hai nemmeno mai
visto, abbracciato...

ho paura che ti sia davvero successo
qualcosa. oppure mi stai solo ignorando
perché ti sei annoiato di me? non mi
stupirei, ma almeno abbi la decenza di
dirmelo.

non riesco a immaginare una vita senza
un tuo messaggio e odio questa cosa,
soprattutto perché tutta la gioia che
mi hai regalato in un mese sembra
essere stata un'illusione adesso e non
voglio che sia stato solo una finzione.
per me sei così tanto... nemmeno te
lo immagini e forse nemmeno ti
importa.
messaggio eliminato

però a me importa, capisci? vorrei
chiederti cosa c'è che non va, li vedo
i tuoi occhi spenti, nonostante tu
continui a sorridermi. ma nella
vita reale non sono il tuo
ragazzo-scoiattolo. solo jisung,
per ora.
messaggio eliminato

provo a dormire, perché se continuo
a stare su questa chat mi arrabbierò
e preoccuperò ancora di più.

[...]

venerdì 6 novembre

– 5:59 –

non vqdo a scuola ogfi, penso tu
possa immaginarw il perché.
messaggio eliminato

sono stato male.
messaggio eliminato

oggi non ho lezione, quindi passerò
la giornata a cercare modi per
ucciderti.

non penso sia realistico dirti questo
alle sei, ma credici per favore.
messaggio non inviato

[...]

Minho uscì dal bagno e si sciacquò le mani sotto il getto del rubinetto. Aveva provato a sfuggire al proprio riflesso per quattro giorni, ma quando alzò il capo i suoi occhi si posarono sull'immagine che gli stava regalando lo specchio e provò pena. Si passò una mano fra i capelli spettinati, che aveva lavato quella mattina senza asciugarli perché aveva bisogno di farsi scivolare i pensieri addosso – non aveva funzionato, dato che il ragazzo-scoiattolo era sempre lì, nella sua testa e nel suo cuore. Le occhiaie di Minho erano talmente pronunciate che non si sarebbe stupito se qualcuno l'avesse scambiato per uno zombie. Per non parlare poi dell'ennesima felpa larga che indossava, forse per nascondere tutte le fragilità che si celavano dietro la consapevolezza di essersi preso una cotta per uno sconosciuto. Perché Quokka rimaneva uno sconosciuto. Chi poteva assicurargli che colui di cui si era innamorato fosse davvero lui, oppure una maschera?

Si asciugò le mani con dei pezzi di carta, poi se le passò sul viso. Aveva visto ogni singolo suo messaggio a parte i pochi che aveva eliminato, e più volte aveva provato il desiderio di entrare nella chat e rispondergli, confessargli che aveva paura di ciò che gli faceva provare, ma era stato fermo. Non ne aveva avuto il coraggio e si chiese per quanto ancora le cose sarebbero andate avanti in quel modo. Quokka sembrava non stancarsi di mandargli messaggi, di cercarlo, e Minho avrebbe voluto urlargli di smetterla, perché non sopportava più i battiti veloci del suo cuore ogni volta che leggeva nello schermo il suo nickname.

E ora stava male. Non riusciva ad accettare i sentimenti che provava e per di più aveva un disperato bisogno di sfogarsi, di lasciar uscire tutto ciò che aveva dentro, ma non ne aveva il modo. Infilò la mano dentro la felpa e prese fra le dita il ciondolo. Un modo c'era, era lì. Osservò a lungo la farfalla azzurra che risplendeva di luce propria nel palmo della sua mano, mentre tentava inutilmente di placare i battiti rumorosi che gli riempivano le orecchie. Poi prese una decisione, perché lo doveva a se stesso e anche a Quokka, il quale, lo sapeva, nonostante fosse arrabbiato, credeva in lui.

Spalancò le porte del bagno e corse verso la bacheca appesa nel corridoio, leggendo i quadranti che riportavano le ore di lezione dei docenti. Quando trovò il nome di colui che cercava, si diresse verso le scale e le salì due per volta. Raggiunse il terzo piano e diede un'occhiata all'orologio: a breve sarebbero finite le lezioni, quindi gli bastava aspettare qualche minuto di fronte all'aula di lingua giapponese.

Si appoggiò perciò contro il muro con le braccia conserte, lo stomaco in subbuglio a causa dell'ansia e il cuore che palpitava nel petto per la paura di fare un passo più lungo della gamba e fallire. Per un momento pensò di scappare, di tornare in classe, perché non sarebbe servito a niente. Poi però ripensò al ragazzo-scoiattolo e, se da una parte si sentì strano a causa dei sentimenti che provava verso di lui, dall'altra capì che non poteva scappare. Se lui non era il primo ad agire, le cose non sarebbero cambiate mai.

La campanella suonò e le porte delle aule si spalancarono. Gli studenti si diressero verso le lezioni successive nemmeno accorgendosi della sua presenza, chiacchierando, ridendo e lamentandosi.

Minho, quando vide che la classe di giapponese si era svuotata, prese un profondo respiro ed entrò. Taehyung era seduto di fronte alla cattedra e scriveva qualcosa al computer. Era così concentrato che non si accorse della presenza di qualcun altro all'interno dell'aula. Minho si schiarì la voce. «Professor Kim?»

Taehyung alzò lo sguardo e rimase sorpreso nel vederlo. Sorrise e gli fece cenno di avvicinarsi. «Minho. Cosa ti porta qui?» gli chiese.

Minho rimase in piedi di fronte a lui, sentendo la pressione del momento sulla propria schiena. Non poteva più scappare. Non voleva farlo. «Ehm... Volevo il suo aiuto per una cosa» rispose timidamente abbassando lo sguardo.

Taehyung chiuse il computer e si sistemò sulla sedia. Tutta la sua attenzione era rivolta al ragazzo che aveva davanti. Sorrise. «Dimmi pure. Mi reputo un buon ascoltatore e spero di poterti aiutare».

Minho ricambiò il sorriso con un po' d'incertezza. «Può dire a Jimin di venire, questo pomeriggio verso le 7, al bar Magic Shop?»

Taehyung sembrò sinceramente sorpreso a scattò in piedi. Appoggiò le mani sulle spalle di Minho, il quale si irrigidì, e lo guardò dritto negli occhi. «Vuoi riprendere a ballare?» gli chiese, serio.

Minho deglutì. «Vorrei riprovare...»

Taehyung lo abbracciò con una risata. «Jimin sarà felicissimo!» esclamò e diede a Minho un bacio sulla testa. «Grazie».

«Per cosa?»

«Per rendere te stesso felice. E anche lui».

ikigai - minsungWhere stories live. Discover now