Snowflake

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Riemerse dall’acqua e prese un grosso boccone d’aria, riempiendosi il petto di ossigeno artificiale e riaprendo gli occhi nello stardestroyer. Il comlink poggiato su uno dei mobili neri farfugliava il suo nome con irritante insistenza e per questo in pochi attimi si accartocciò con uno stridio metallico fino a zittirsi.
Di solito accadeva questo a chi lo annoiava e lo infastidiva: veniva distrutto.
Alzò le braccia per guardarsi gli abiti completamente fradici che gocciolavano acqua sul pavimento; si era già creata una pozza sotto di lui che si espandeva fin sotto al letto e procedeva lungo la sala. Sbuffò e lasciò cadere le mani prima di passarsele tra i capelli per strizzarli e toglierseli dalla faccia. I suoi pensieri saettarono presto al vivo ricordo dell’insenatura rocciosa sotto la cascata e chi vi aveva lasciato; fece scoccare la lingua sul palato per liberarsi del suo sapore ancora così presente e andò a cambiarsi.
Al commando del suo Destroyer, l’ammiraglio lo stava attendendo e lo salutò con riverenza e un certo giustificato timore.
“Lord Vader. L’Imperatore desidera la vostra presenza.”  Il Sith sollevò un sopracciglio, ma annuì.
“E sia. Prepari il salto nell’iperspazio, ammiraglio. Ma prima ho bisogno che facciate una ricerca per me.”

La Morte Nera sembrava una mezza luna dai bordi frastagliati; i lavori erano andati avanti dalla sua ultima visita. Nell’hangar per l’atterraggio di alte cariche imperiali non si respirava altro che tensione e paura, sorte per via del suo arrivo. Un piccolo plotone lo accolse sull’attenti e l’ammiraglio di stanza lo stava attendendo sulla piattaforma.
“Conosco da solo la via, ammiraglio.” Lo congedò superficialmente con quelle parole, proseguendo verso uno dei ponti che conducevano al commando della stazione dove invece incontrò un ingegnere spaziale.
“Oh L-Lord Vader, mi lasci dire che grande onore è avervi a bordo. Se vorrete, più tardi sarei ben lieto di farvi osservare come proseguono i lavori.”
“Tutto ciò che ho visto dall’esterno mi è stato sufficiente per capire che non avete ancora completato alcunché di rilevante. Se vorrete la mia attenzione, vi consiglio di sbrigarvi e sperare che l’imperatore non mi dia l’incarico di velocizzare la vostra manodopera. Perché credetemi, troverei un modo per incentivarvi a fare l'impossibile.”
“M-Ma signore, noi scegliamo solo gli operai più validi e un buon lavoro richiede tempo per..”
“Non ho chiesto la sua opinione, ingegnere.” I passi pesanti degli stivali annunciavano da loro il suo arrivo e il suo tono duro servì per liberarsi di quell’esuberante capo reparto.
I quartieri dell’Imperatore si trovavano nella zona più protetta e blindata, godeva di una vetrata sullo spazio nero, puntellato di stelle luminose.
All’ingresso del suo apprendista si voltò col suo trono e Vader si inginocchiò dinnanzi a lui, facendo scontrare un ginocchio contro il pavimento lucido.
“Mio signore.” Il capo sarebbe rimasto chinato fino ad un cenno del signore dei Sith, solitamente dalle buone maniere quando si rispettavano le sue regole. In quegli anni gli aveva insegnato le leggi del Codice Sith e le vie del Lato Oscuro, ma qualcosa di simile era rimasto in quell’istruzione con quella falsa e menzognera dei Jedi: gli veniva chiesto di essere paziente. E in quello non era stato molto veloce a migliorare.
“Amico mio..” Gracchiò Palpatine, aprendo un braccio per invitarlo ad alzarsi.
“Mi chiedo perché io debba sempre convocarti per avere del tempo con te. Non hai più piacere di essere in mia presenza? Di imparare da chi è più saggio e forte di te?”
Vader tirò un sospiro che gli fece sollevare le spalle sotto il pesante mantello scuro e seguì il perimetro della lastra di onice per avvicinarsi ai gradini che lo avrebbero condotto al seggio imperiale.
“Cerco di adempiere alla mia missione ed obbedirvi, maestro. L’Orlo Esterno continua a pullulare di ribelli e fuggitivi. Io devo portare pace nella Galassia, è questo che..”
“Tu non devi fare altro se non seguire quanto ti ho detto. Ricorda, ragazzo mio: solo unendo le nostre forze potremo raggiungere ciò a cui ambisci. E tu hai ancora molto da imparare.”
“Ma quanto ancora dovrò imparare?” Il giovane Sith si fermò con una gamba sul primo gradino e mosse il braccio per indicare la vetrata e l’universo là fuori.
“Sono ogni giorno più potente. Più forte nel lato Oscuro. Non c’è nemico che io non possa affrontare e distruggere.”
“Mmh.. Hai l’impertinenza dei Jedi.”
Vader rimase zitto per qualche attimo: aveva detto le medesime parole a Khala soltanto qualche giorno prima. Ma per lui recavano un’offesa ben più grande.
“Non sono più.. un Jedi.” Specificò a bassa voce, caricando di disprezzo quell’ultima parola, continuando a salire gli scalini.
“Lo spero, ragazzo mio. Non riuscirai mai ad eccellere nel lato Oscuro se ti lasci condizionare dai ricordi. La tua scelta deve essere netta.”
“Lo è.” Ringhiò in risposta il ragazzo, sorpassandolo per guardare là fuori.
“Oooh, percepisco la tua rabbia, Lord Vader. Rabbia anche contro il tuo vecchio amico.” L’Imperatore si sciolse in una risata goduta e stridula.
“Su, forza.” Lo canzonò, quasi.
“Colpiscimi. Prendi il posto che ti spetta come signore dei Sith. Hai detto che non c’è nemico che tu non possa affrontare, ebbene dimostralo al tuo maestro. Dimostra che sei pronto.”
Vader si girò con lieve flessione del collo e guardò con espressione corrucciata l’Imperatore. Aveva contemplato già svariate volte di toglierlo di mezzo e in quel momento ne aveva certamente voglia.
“La tua esitazione dimostra che sei un debole.” Sghignazzò Palpatine, muovendo di scatto le braccia per alzarsi in piedi e raggiungerlo alla vetrata con passo paziente.
“Ma possiamo eliminare questa debolezza..” E ora come con apprensione posò la mano sulla spalla del ragazzo, confondendolo con quella premura.
“Devi riconfermarti nel Lato Oscuro. Ho percepito il tuo fallimento nel cercare di portare a noi la giovane Jedi di cui mi parlasti.”
Vader scrutò le lontane stelle, chiedendosi se su una di quelle vi fosse colei che stava cercando. Abbassò il capo prima di rispondere.
“È così. Non ci sono riuscito.”
“Mmh.. Sciocca padawan. E tu, sciocco apprendista. Hai lasciato che ella ti condizionasse. Non hai agito con lucidità.” L’Imperatore rimase immobile quando il suo irruento allievo si voltò per rispondere troppo in fretta.
“Niente di quella Jedi mi ha impedito di operare per la salvaguardia dell’Impero. I miei uomini continuano a cercarla. Appena scoprirò dove si trova, io..”
“Tu..? Non riusciresti a toccarla. Percepisco l’esitazione in te da quando mi hai chiamato per parlarmi di lei. La tua posizione è dubbia e instabile, Darth Vader.” Ora l’Imperatore era severo, si girò in un turbine di vesti nere e tornò a sedersi.
“È per questo che ti ho convocato, per essere certo che la tua lealtà sia ancora intatta.”
“Non servo altro padrone che voi, Maestro.” Vader si sentì ferito per quella mancanza di fede in lui, ma rimase statuario al proprio posto, rispondendo con contegno e raziocinio.
“Se così è, va’ e finisci quanto hai iniziato. Portami la traditrice, penserò io a lei. Ti sarà più facile di quanto credi trovarla.”
Vader fece un inchino in sua direzione e si voltò per andarsene.
“E ricorda.. Se ella passerà al Lato Oscuro si salverà, altrimenti sarai stato tu a consegnarla nelle braccia della morte.” L’Imperatore si rilassò sul trono.
“Proprio com’è capitato alla povera Padmé.”
Una freccia trapassò Vader in pieno petto, facendolo fermare quasi al termine del salone. Non sentiva quel nome da anni, tanto che certe notti gli era sembrato solo un’allucinazione, un ricordo senza volto ed identità. La sua mano volò alla spada, non aveva idea di cosa volesse farci, ma non ebbe il tempo di scoprirlo.
I fulmini lo colpirono uno dopo l’altro, attraversavano la sala in uno sfolgorio elettrico e si piantavano sul corpo del giovane Sith, i cui nervi impazzirono in balia di quella tortura. Come fili spezzati e luminosi lo avvolgevano e sceglievano più punti per infilarsi e bruciare.
“Come immaginavo.” La voce rauca di Palpatine si spezzò presto in un’altra risata mentre le sue mani rachitiche si protendevano in avanti per creare quei fulmini di Forza allo scopo di dare una lezione al suo apprendista.
“Le tue emozioni ti tradiscono.” Il signore dei Sith discese lentamente dal suo trono.
“Ti proclami potente, ma guarda come vieni sconfitto. Non sei che un servo. Uno schiavo prima dei Jedi e ora dei Sith.”
L’Imperatore si fermò e il ragazzo ebbe il suo momento di tregua in cui barcollò fino a cadere sulle ginocchia, ancora in preda agli spasmi.
“E sempre lo sarai. Resterai per sempre il giovane, debole, Skywalker!”
Il salone tornò ad illuminarsi di bianco, azzurro e viola, i colori iridescenti che i fulmini irradiavano nell’ombra. L’Imperatore non smise più per un attimo, lo torturò senza tregua, doveva spezzarlo e far sì che l’odio tornasse ad avvolgerlo, come il rimorso e la rabbia, solo così lo avrebbe tenuto incatenato al Lato Oscuro. E fu esattamente ciò che ottenne: la rabbia. L’astio di quell’anima che aveva corrotto a cedere al male e che non avrebbe lasciato riemergere.
Vader resistette quanto più poté, ma infine anche lui cadde sul pavimento con un tonfo sordo, gli occhi sbarrati sugli alti soffitti e nessuna forza di emettere un suono.
L’impotenza era per lui insopportabile quanto il dolore o anche peggio. E in quel momento si sentiva così, impotente; nessun muscolo gli rispondeva, non gli obbediva.
È lì che iniziò a sentirle quelle voci. Erano tante, diverse, parlavano una dopo l’altra mentre i rispettivi volti gli passavano davanti inafferrabili e offuscati.

Way of the JediWhere stories live. Discover now