Notre Dame de Las Vegas

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Nonostante tutta la sua fiducia, mi accorsi durante quel medesimo servizio che Sahan era preoccupato. Chef Durand aveva convocato tutta la sua brigata nell'ufficio per dargli la grande notizia, ma tutti loro erano usciti con dei fogli spillati in mano e approfittai della distrazione di Baader che pesava gli ingredienti per i soufflé per sfilare il plico dal suo angolino e portarlo alla plonge dove gli diedi un'occhiata: era il menu di Durand, e il fatto che fosse già compilato con le ricette complete poco dopo averci prospettato la serata mi convinse che i sospetti di Sahan fossero ben più che mera paranoia. Ci aveva preso di mira, avrebbe cercato di metterci in ridicolo ed era evidente dall'incredibile complessità dei piatti. La sola portata di carne, il petto d'anatra confit, aveva una ricetta in sedici fasi riccamente descritte.

«Ma fa sul serio?» commentai tra me e me mentre sfogliavo le pagine.

«Che stai leggendo, Raim?»

Sussultai al suono della voce di qualcuno alle mie spalle, ma poi riconobbi Sahan e sospirai.

«Ah, sei tu...»

«A chi l'hai rubato quello?»

Gettai un'occhiata a Baader, preso dalle sue preparazioni.

«È di Baader» sussurrai mostrandogli il plico. «È il menu di Durand con le sue ricette...»

Sahan mi prese i fogli dalle mani bruscamente e si mise a leggerli con una velocità impressionante, e man mano che sfogliava era sempre più accigliato. La sua tensione rese nervoso anche me.

«Sahan...?»

«Capisco.»

«Sahan, che cosa...?»

«Rimettilo dove l'hai preso, Raim... non abbiamo fatto niente di male, ma preferisco che Durand pensi che non ci siamo preoccupati affatto della sua proposta.»

«Sì, ma...»

Non mi ascoltò; dopo avermi restituito i fogli tornò alla sua postazione e in tono allegro chiese conferma delle istruzioni a Baader. Approfittai del momento per rimettere il ricettario là dove l'avevo preso e Leclaire mi chiese di portare fuori la pattumiera del pesce, così ne approfittai per prendere aria per un attimo e riflettere.

Gettai la busta e misi il solito coperchio perché non facesse cattivo odore nel cortiletto, dopodiché mi stiracchiai e sospirai profondamente. Iniziavo a elaborare, anche se vagamente, che cosa stava succedendo: Durand aveva lanciato una sfida diretta al figlio di un compagno che aveva già buttato a terra una volta per arrampicarglisi sopra verso la vetta. Aveva intenzione di punire il suo talentuoso figlio perché aveva osato seminare confusione durante il servizio, perché aveva usato quel suo tiro mancino di gioventù per farsi assumere o perché si era permesso di scaricare su di lui e sulla sua mancanza di controllo la responsabilità della salsa andata a male? In realtà non sapevo se la risposta fosse una di queste o tutte queste insieme.

Mentre rientravo pensavo solo che dovevo dare il mio supporto a Sahan e che il suo talento avrebbe fatto il resto, ma quando a fine servizio lo vidi attardarsi a ripulire la cella frigorifera sfuggendo persino a me mi preoccupai, e parecchio. Anche se aveva ripetuto a tutti, me compreso, di non aspettarlo e che avrebbe finito lui le pulizie, non pensai neanche di andarmene: attesi che chef Kleiner se ne andasse e che Durand si chiudesse di sopra con le sue carte - fatture, scontrini della sala e copie delle comande – e mi affacciai sulla cella trovandolo inginocchiato a pulire lo scaffale più basso.

«Si può sapere che hai in mente, Sahan?»

«Niente» replicò lui atono. «Sto pulendo.»

«Questo lo vedo, ma mi domando perché» risposi a tono io. «Non ti starai rassegnando a una vita da sguattero, spero.»

LavandeWhere stories live. Discover now