18. ti voglio bene. tanto, tanto, tanto. troppo.

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A quelle parole Jisung scoppiò a ridere, ma si mise comunque a correre per tutto il giardino quando vide Minho camminargli incontro. Si inseguirono per un minuto buono, fino a che Minho non riuscì ad afferrargli un polso e a tirarlo verso di sé. Jisung alzò il capo, arrossendo quando si ritrovò il volto di Minho a pochi centimetri dal suo, le sue mani stretti sui suoi fianchi. Il maggiore ghignò. «Spero tu soffra il solletico» mormorò.

Jisung cominciò a ridere a squarciagola e a dimenarsi mentre Minho continuava a fargli il solletico nei fianchi, ignorando totalmente le sue lamentele. «Ma quanti muscoli hai?» gridò il minore, dato che non riusciva a liberarsi dalla sua presa.

«Tesoro, ero un ballerino fino a un mese fa» borbottò Minho e, improvvisamente, il suo sguardo si fece più serio. Allontanò le mani dai fianchi di Jisung, mentre malediceva se stesso per aver tirato fuori l'argomento. Non era ancora pronto a parlare della danza come una bella esperienza, finita quando era il momento. Una parte di lui, ancora non riusciva a credere che fosse tutto concluso, che non avrebbe mai più rimesso piede dentro la sala da ballo. Aveva troppi conti in sospeso con quel posto, troppe insicurezze che non riusciva a risolvere da solo.

Lanciò un'occhiata a Jisung, che lo guardava in silenzio, come se capisse ciò che provava. «Scusami» mormorò. «Ti ho dato fastidio con il solletico?»

Jisung sorrise e appoggiò una mano sul suo braccio. «Tranquillo. Piuttosto, stai bene?» gli chiese, con una voce così dolce che riuscì a scaldare il gelo nel petto di Minho.

Quest'ultimo scrollò le spalle e distolse lo sguardo dai suoi occhi. «Niente di cui tu debba preoccuparti.»

«Non rimangiarti la parola, Minho! Hai detto che siamo amici, no?» lo riprese Jisung, per poi prenderlo per mano e trascinarlo verso le altalene. «Ma non ti obbligherò a parlarmene, hm?»

Minho lo guardò in silenzio e sorrise quando Jisung gli passò la bottiglia di birra vuota che avevano lasciato in giardino. «Siamo amici, sì» confermò, poi lo seguì all'interno della villa, dove i ragazzi avevano messo la musica.

A parte Changbin, accomodato sul divano, gli altri stavano ballando in modo buffo e disordinato; a loro si unì anche Jisung. Minho, invece, si sedette accanto a Changbin, osservando i suoi amici con un sorriso. La musica era allegra e Minho, per un solo istante, sentì le gambe fremere. Quella melodia, e poi quella successiva, lo stavano chiamando. La sua anima lo pregava di alzarsi e muoversi per sentirsi viva. Ma Minho non ci riusciva. Era immobile, lo sguardo perso nei ricordi.

La situazione stava iniziando a farsi scomoda. Sentiva il fiato spezzarsi all'interno del suo petto e strinse le mani a pugno per resistere alle emozioni negative che lo stavano travolgendo. Aveva bisogno di sfogarsi, di lasciare da parte il mondo, ma non aveva alcun modo per farlo.

Le cose degenerarono quando Felix ebbe la fantastica idea di mettere un lento. Si avvicinò al computer e cercò la sua canzone preferita. Minho la riconobbe subito: Body di Jordan Suaste. Pensò che no, doveva essere uno scherzo del destino. Possibile che, fra tutte le canzoni che esistevano, avesse dovuto mettere proprio quella? Peccato che no, non era uno scherzo. Quella era la realtà; una realtà dolorosa che lo faceva sentire patetico.

Minho si alzò e, cercando di mantenere un tono di voce fermo, avvertì i suoi amici che doveva andare in bagno. Salì velocemente le scale che portavano al piano di sopra, poi si rifugiò all'interno della prima stanza che gli si parò davanti, la camera di Hyunjin. Si sedette per terra, accucciato in un angolo, e si nascose il viso fra le mani. Calde lacrime gli accarezzarono gli zigomi con una dolcezza crudele; gli straziavano l'anima, gli toglievano il respiro, sempre più veloce e insostenibile. Sarebbe scoppiato da un momento all'altro e avrebbe vomitato lì, sul pavimento, tutto il dolore che gli contorceva le membra.

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